Nell’antica Grecia i delinquenti e gli schiavi fuggitivi venivano marchiati a fuoco sulla fronte, anche nell’antica Roma gli schiavi venivano marchiati, così come nel medioevo si marchiavano i ladri e le adultere (tra cui le suore che non avevano rispettato i voti di castità); una volta marchiate, queste persone diventavano per gli altri, e quindi per loro stesse, ciò che il marchio indicava e questo stigma diventava il loro ruolo, a vita. “Stigma”, in greco antico, vuol dire appunto segno, marchio. Il plurale è “stigmata”, da cui deriva il nostro “stimmate”.

Al giorno d’oggi questa pratica è stata abolita quasi dappertutto, rimanendo in uso solo in alcune regioni mediorientali, mentre l’occidente considerandola una pratica barbara ha esteso la sua illegalità anche al bestiame.
Seppur vi è stata l’abolizione dell’atto doloroso e lancinante, non si è persa l’abitudine di marchiare le persone con stigma di varia natura, facendo sì che le persone siano descritte dal loro stigma e che lo stigma stesso sia una buona descrizione delle persone.

Come nasce uno stigma
Prima di vedere a cosa possono portare gli stigma facciamo alcune distinzioni.
Uno stigma si può avere:
– per nascita, o comunque dalla prima infanzia;
– per incidente, ovvero arriva ad un certo punto della vita;
– per diffamazione, ovvero viene sparsa una voce che può essere vera o meno;
– per azione, ovvero la persona ha fatto qualcosa che l’ha portata ad essere marchiata (come si faceva a fuoco con il ladri del medioevo);
– per scelta, ovvero ci si è voluto appositamente appioppare uno stigma.

Inoltre uno stigma può essere più o meno evidente o di contro più o meno nascosto; può essere conosciuto dalla persona che lo porta o non essere del tutto compreso; infine uno stesso stigma può avere valori negativi per alcuni gruppi o sottogruppi di persone, positivi per altri e sconosciuti per altri ancora. Ad esempio in alcuni carceri americani i secondini costringono alcuni detenuti più propensi all’evasione a portare delle spalline di riconoscimento: malvisti dai secondini, i detenuti in tal modo marchiati sono invece guardati con rispetto dai compagni di galera. Ovviamente agli occhi di un estraneo queste spalline distintive non hanno alcun significato.
Vediamo quindi alcuni esempi tipici di stigmatizzazione e quali conseguenze possono portare.

Stigma per nascita
In quali modi si può ricevere uno stigma dalla nascita? E cosa accade in questi casi?
Prima di tutto distinguiamo tra stigma dovuto ad un’anomalia evidente e stigma creato da un’anomalia poco evidente, queste ultime in particolare sono spesso create dalla società in cui ci si trova.
Caso in cui lo stigma è evidente: La persona nasce con una anomalia evidente come la sindrome di down, viene automaticamente stigmatizzata come down e riconosciuta soprattutto per questo, tutte le sue altre caratteristiche (positive o negative) quali ad esempio potrebbero essere la vivacità, la cordialità, la curiosità, ecc. rimangono quasi completamente occultate dallo stigma.
Caso in cui lo stigma è poco evidente: La persona nasce con una anomalia poco evidente come la discalculia (ovvero difficoltà nel fare i calcoli a mente), ma subisce una stigmatizzazione da parte degli esperti, in questo caso si verificano due comportamenti tipici:
– I genitori non lo dicono al bambino, ma lo cominciano a guardare come un diverso, e il bambino, che lo percepisce, si comporterà in quanto tale;
– I genitori cercano di spiegarlo al bambino, il quale comincerà a guardarsi come un diverso, da un lato sentirà il peso dello stigma, dall’altro verrà alleggerito dalle sue responsabilità.
Oppure, la persona nasce con una anomalia poco evidente come la dislessia (leggere mescolando l’ordine delle lettere), ma subisce una stigmatizzazione dal gruppo dei pari (come possono essere i compagni di scuola), la persona temerà questa stigmatizzazione e farà di tutto per evitare le situazioni in cui rischia di trovarcisi a confronto, in questo caso però non avendo ricevuto la conferma dello stigma da un esperto, la persona non dovrà portarsi lo stigma con sè in ogni momento della sua giornata, ma lo sentirà pressante solo nelle situazioni critiche.

Stigma per incidente
Anche in questo caso bisogna dividere tra lo stigma creato da un’anomalia evidente, da quello creatosi da un’anomalia non evidente, in questo, come in quello dell’anomalia poco evidente presente dalla nascita, si può intravedere il peso della cultura nella stigmatizzazione.
Caso in cui lo stigma è improvviso ma evidente: La persona ad un certo punto della sua vita subisce una anomalia evidente come la cecità, viene quindi improvvisamente stigmatizzata per questa sua nuova realtà e riconosciuta da quel momento in poi soprattutto per questo nuovo stigma, e solo se gode di un passato particolarmente importante o se capace di farsi riconoscere anche per altri meriti, il suo stigma potrà passare in secondo piano o comunque essere accompagnato dalle altre notevoli caratteristiche dell’individuo “anormalizzato”; altrimenti il suo passato per gli altri verrà spostato ad un piano meno importante rispetto all’attuale stigma, e c’è il rischio che anche il suo futuro passi ad un piano inferiore rispetto al suo stigma, non solo per gli altri ma anche per se stesso.
Caso in cui lo stigma è improvviso ma poco evidente: La persona ad un certo punto della sua vita subisce una anomalia poco evidente come una debolezza psichica, potrà egli stessa decidere se darle o meno il peso di uno stigma, nell’esempio, se trasformare la debolezza in malattia. Dopo che avrà fatto la sua scelta, potrà decidere quanto far sì che lo stigma risulti anche all’esterno.

Altri tipi di stigma
Per pettegolezzo:
La persona in realtà non ha nessuna anomalia, ma per un motivo o per un altro gliene viene appioppata qualcuna, come l’irresponsabilità. Questa persona rischia di creare una profezia che si auto-avvera dando essa stessa credito alle voci stigmatizzanti, arrivando così a comportarsi come un’irresponsabile.
Per azione: La persona viene stigmatizzata per quello che ha fatto o si supponga abbia fatto, come un omicidio. Lo stigma per azione può essere creato anche da un pettegolezzo, ovvero si vocifera che la persona abbia commesso qualcosa di disdicevole, come ad esempio bere sempre a dismisura, anche in questo caso la persona può arrivare a commettere l’atto che gli si è precedentemente appioppato.
Per scelta: La persona viene stigmatizzata o si stigmatizza volontariamente da segni di riconoscimento validi per determinate sottoculture, per esempio un certo tipo di tatuaggi.

Pericolosità dello stigma
Abbiamo quindi visto i diversi modi in cui al giorno d’oggi si marchia con il fuoco, e abbiamo capito come ognuno di questi provochi conseguenze.
Ma perché questo accade? E cosa fare per cercare di abbandonare questa pratica diffusa?
Le persone sono tra di loro in continua interazione, durante l’interazione l’individuo riflette gli atteggiamenti degli altri nei suoi confronti, questo fa sì che gli individui siano in una continua influenza reciproca.
Ad esempio sapere che una persona è epilettica può farci comportare in modo compassionevole nei suoi confronti, questo farà sì che anche senza motivo la persona si veda in un modo miserevole, arrivando quasi a farsi pena da sola in quanto guardata come tale, trasmettendo quindi alla persona a lei di fronte l’esattezza di quella compassione provata.
D’altro canto può verificarsi la situazione inversa sempre dovuta ad una interazione viziata dallo stigma: una persona priva dell’uso delle gambe, sentendo la sensazione di compassione nei suoi confronti, decide di reagire esageratamente per far vedere che questa compassione è ingiustificata. Sembra un modo di reagire ottimale, e per quanto sia migliore del precedente, in realtà resta comunque viziato dallo stigma, in quanto la persona rischia di non fare realmente quello che vuole, e di agire esclusivamente in funzione dell’abbattimento dello stereotipo creato dal suo stigma.

Stigma primario e stigma secondario
Edwin M. Lemert, eminente sociologo, distinse tra devianza primaria e devianza secondaria, ovvero tra la devianza non resa nota al pubblico e la devianza uscita allo scoperto, la quale diventa fonte di stigma e mortificazione (anche i devianti si mortificano!) portando dunque ad una stabilizzazione della stessa: ciò che è stato palesato al pubblico è di difficile retrocessione, può solo andare avanti.
Ed esattamente come si può dividere tra devianza primaria e secondaria, voglio proporvi la distinzione tra stigma primario e stigma secondario.
Lo stigma primario può essere visto come quello che si porta dentro di sé, che seppur brucia non ha il peso del fuoco altrui, può essere quindi abbandonato o superato più facilmente perché non alimentato dagli altri.
Mentre lo stigma secondario può essere visto come quello ufficializzato nel mondo, e in quanto tale diviene potenzialmente indivisibile dalla persona. Questo vuol dire che una persona dichiarata in modo ufficiale in un certo modo si sentirà in dovere di comportarsi coerentemente con l’identità ormai attribuitale.

Una vita senza stigma:
Da quanto detto si può incominciare ad intuire quali comportamenti si potrebbero avere (o non avere) per evitare le stigmatizzazioni, ma se su alcuni tipi di stigma sembrano più ovvi, su altri potrebbe essere meglio rifletterci maggiormente.
Una regola generale potrebbe essere non dare un nome agli stigma.
Purtroppo abbiamo la tendenza a dare nomi ad ogni cosa, spesso nomi che sembrano voler creare inquietudine, questo accade fin troppo spesso soprattutto in materie quali la medicina o la psicologia. Così una persona che vive le emozioni in modo colorato, viene bollata come ansiosa, causando un naturale incremento di questo suo modo di essere. La maggior parte delle volte l’effetto che ottiene è solo quello di aumentare i sintomi, in quanto la persona stessa, o il suo entourage, si comporterà in funzione di quanto appena scoperto e sarà vigile nello scorgere in ogni cosa il suo stigma.
E’ vero che vi sono determinate anomalie che difficilmente si possono ignorare e che spesso sono croniche quali cecità, paralisi o menomazioni, in questo l’importante è non vedere la persona distorta, ovvero piccola in confronto alla sua anomalia; è giusto che si veda e che sia vista in modo equilibrato per ogni porzione di sè che la compone.

L’homunculus dello stigma
Non si vuole suggerire di nascondere i propri stigma, sia perché questo non sempre è possibile, sia perché si potrebbe rischiare di convincersi di avere una parte negativa di sé da dover nascondere.
La cosa giusta da fare è quella di normalizzare le cose e dare ad esse la giusta misura. Ad anomalie di poco impatto dovrebbe venire naturale dare una minima importanza a volta equivalente a zero se confrontate con il resto della persona; e per quanto si possa dare un’importanza più alta alle anomalie più palesi, questa importanza non dovrebbe mai essere maggiore a nessuna delle altre caratteristiche importanti, valori, ma anche difetti. Del resto è possibile trasformare i difetti in punti di forza e pregi, così come è possibile legare ad ogni difetto un suo pregio e questo ovviamente è valido anche per gli stigma.

Una ricerca fatta sulle persone che hanno l’epilessia ha scoperto che sono dotate di grande ingegno e creatività: questo può essere un esempio in cui uno stigma culturalmente negativo potrebbe essere visto per alcuni versi come positivo.

Non facciamo uno stigma dello stigma
Infine, sarebbe sbagliato anche stigmatizzare gli stigma: ognuno è libero di essere quel che vuole, e se questo è vero nell’abbattimento dei propri stigma, è vero anche nel desiderio di evidenziarli.
C’è chi ama rendersi diverso dagli altri e per questo si crea stigma o ne sfrutta di esistenti giocandoci sopra, ad esempio un ragazzo dislalico (cioè che parla confondendo talvolta le sillabe) potrebbe riuscire a creare un personaggio divertente attraverso la sua anomalia, magari per non doverla più temere.
Ognuno può stigmatizzare se stesso se è la cosa che desidera, a volte può essere divertente, altre volte vantaggioso; basta essere coscienti dei pericoli che possono incombere e stare attenti cercando di non perdere troppo di vista il concetto di equilibrio del quale si è parlato; ciò che però dovrebbe essere importante è che se può essere lecito stigmatizzare se stessi, diventa ingiusto, se non richiesto apertamente dall’altra persona, stigmatizzare gli altri.

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