L’ostinazione del Governo Letta e del Ministro Cancellieri a portare avanti, senza modifiche e correttivi, la revisione selvaggia della geografia giudiziaria porterà a conseguenze molto negative per il funzionamento della giustizia.
Nella maggior parte degli uffici giudiziari i tribunali accorpanti non saranno in grado di accogliere i processi che stanno subendo lo spostamento dalla sede periferica a quella centrale.
I costi di tale arbitrario smistamento dei processi sono enormi e in molti casi occorre spendere cifre anche rilevanti per lavori di ampliamento e anche per la locazione di sedi più capienti.
Intanto, i processi sono sostanzialmente bloccati anche in quegli uffici da sopprimere presso i quali lo smaltimento del carico giudiziario era normale, fluido e sollecito.
La reazione di sindaci, istituzioni, cittadini ed avvocati è diffusa su tutto il territorio. Basti leggere le ultime rassegne stampa che parlano di dissenso un pò generalizzato su tutto il territorio (a Napoli, Ischia, Pozzuoli, Adria, Chioggia, Ostia, Ginosa, Sulmona, Bassano del Grappa, Todi, Castiglione, Sala Consilina, Ariano Irpino, Lucera, Rossano, Cinquefrondi, Domodossola, Avezzano, Vigevano, Nicosia, ed ad altre centinaia di città e sedi giudiziarie).
Con la proroga di un anno (attualmente all’esame del Senato) il Parlamento potrebbe consentire un attento e più puntuale riesame del disegno demolitorio che porta alla soppressione di 30 Tribunali cd. minori e 220 sezioni distaccate delle quali almeno la metà devono rimanere in piedi: come per altro ammesso nella stessa relazione ministeriale e in tutti i lavori delle Commissioni Giustizia della Camera e del Senato.
Il problema dell’efficienza della giustizia non si risolve con l’eliminazione della giustizia di prossimità.
L’Associazione Nazionale Avvocati Italiani, ha più volte indicato i mezzi e gli strumenti efficaci per l’ammodernamento delle strutture giudiziarie: l’estensione a tutto campo del processo telematico, senza zone d’ombra e senza rallentamenti; l’impiego senza sprechi (v. i braccialetti elettronici) delle risorse disponibili per la giustizia che superano i 7 miliardi di euro all’anno.
In relazione, poi, ai giudici che sono pochi e male utilizzati, non si può pensare ad un carico giudiziario complessivo di quasi 8 milioni di processi con 8-9 mila giudici togati: alcuni spremuti più del necessario ed altri in letargo per lo spavento susseguente all’enorme lavoro loro assegnato.
È giusto premiare con incentivi i giudici che lavorano più del dovuto, (“dovuto” che identifichiamo in 300 processi all’anno definiti con sentenza e accordo tra le parti). Ma per fare ciò occorre dotare gli uffici di strumenti telematici ed innovativi, prefigurando adeguatamente l’ufficio del processo ed i collaboratori dei giudici.
In quasi tutti i Paesi l’impiego di giudici laici (non togati) aiuta lo smaltimento dei processi e il migliore espletamento del lavoro.
L’avvocatura sta cominciando a digerire la presenza di colleghi avvocati tra i giudici dei processi, ma ha posto alcune condizioni che non si sono, purtroppo, verificate:
a) la selezione nell’accesso con verifica delle capacità e professionalità;
b) l’indipendenza dei giudici assicurata con la adeguata retribuzione e copertura previdenziale ed assistenziale;
c) la incompatibilità (che è legata all’adeguata retribuzione) con l’esercizio dell’attività professionale.

Basterebbe attuare compiutamente le richieste dell’Avvocatura per avere una giustizia più veloce.
Ma a tanto non si provvede. Ci si limita ad intervenire con novelle processuali illegittime che servono solo a violare il diritto dei cittadini all’accesso alla giustizia.
Tutte le più recenti norme processuali sulle impugnazioni hanno avuto il solo fine di “castrare” il diritto all’impugnativa per la riforma o l’annullamento di una sentenza sbagliata (vedi il filtro in Cassazione).
Con il risultato che anche la Corte dei diritti dell’Uomo è stata investita del problema.
Sono stati presentati numerosi ricorsi alla Corte dei diritti dell’uomo per violazione dell’articolo 6 paragrafo 1 e dell’articolo 13 della Convenzione Europea in conseguenza del denegato accesso alla Corte di Cassazione.
L’Associazione nazionale avvocati italiani ha ribadito che il diritto di adire la Corte di Cassazione è, nell’ordinamento italiano, un diritto costituzionalmente garantito dall’articolo 111 comma 7 della Costituzione.
I giudici di legittimità hanno dato una interpretazione eccessivamente formalistica della legalità ordinaria, impedendo l’esame della fondatezza o meno dei ricorsi ed introducendo criteri di ammissibilità estranei alla legge, ma anche di impossibile soddisfazione.
Le sentenze della Corte Suprema, in più occasioni, hanno surrettiziamente ampliato l’ambito di inammissibilità introducendo criteri imprevedibili, artificiosi ed inutili rispetto al fine della tutela prevista dalla legge, quali sono il criterio di “autosufficienza” e l’abrogato quesito di diritto.
Il rigetto dei ricorsi è stato spesso motivato con affermazioni irragionevoli e contraddittorie. Nei ricorsi presentati innanzi alla Corte dei diritti dell’uomo si è denunciato che le decisioni in merito della Corte Suprema si sono poste fuori dalle esigenze di chiarezza e di coerenza delle regole: le condizioni di ammissibilità e le formalità procedurali in sede di impugnazione sono compatibili con l’articolo 6 della Convenzione Europea solo se volte a realizzare una buona amministrazione della giustizia (e non a stroncare i processi), soprattutto sotto il profilo della certezza del diritto.
Le limitazioni devono essere congrue e proporzionali rispetto allo scopo perseguito (vedi decisioni Faltejsek c. Rep. Ceca, 15 agosto 2008; Asikis e altri c. Grecia, 22 giugno 2000)”.
Con il filtro in Cassazione vengono lesi i diritti dei cittadini con violazione dell’articolo 111 comma 7 della Costituzione e, per quanto dedotto innanzi alla Corte dei diritti dell’uomo, dell’articolo 6 della Convenzione Europea, recepita nel Trattato di Lisbona.

Tutte criticità che l’Avvocatura ha sempre sottolineato ma che purtroppo sono sempre state inascoltate. Per questi motivi le riforme che sono entrate e che entreranno a regime a settembre, saranno un problema per il sistema giustizia. Noi lo abbiamo sempre ripetuto, per fare le riforme occorre la collaborazione di tutti e questo Paese ha bisogno di riforme davvero epocali.

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