L’Italia intera si è espressa al peggio sul corpo morto di Erik Priebke, boia delle Fosse Ardeatine, deceduto  all’età di 100 anni, senza essersi mai pentito un solo momento. L’ex comandante  delle  SS ha anche  lasciato un  video testamento in cui  dà  la colpa ai partigiani e ai comunisti.

Ma a questa tiritera revisionista eravamo già abituati dal ventennio Berlusconi e dai suoi orridi ministri.

Fuggito in Argentina per merito di preti altoatesini, Priebke  si è servito della rete di contatti gestita dal sacerdote croato Krunoslav Draganovic. Il prelato era uno dei  principali organizzatori delle “ratline” (le vie dei ratti), cioè vie di fuga utilizzate da criminali di guerra per sfuggire alla giustizia con l’obiettivo di preservare in vita dei sicuri avversari della minaccia comunista.

Priebke ha poi subìto in Italia un regolare processo. Questo perché la guerra era  finita da un bel po’  e soprattutto perché viviamo in paese più o meno democratico. Pertanto l’iter doveva continuare a essere lo stesso: ricevere regolare sepoltura come si addice a un paese civile, semmai risimbolizzando e riappropriandosi  del significato di quella morte.

Poi se avessimo avuto un Prefetto responsabile  si sarebbe  provveduto nella massima segretezza  delle tumulazione in modo da non far diventare la tomba un simbolo per invasati. Invece abbiamo avuto la massima pubblicità dell’evento, per tante ragioni,  ma anche perché l’ex comandante delle SS ha avuto il cattivo gusto di morire proprio attorno al 16 ottobre  data della commemorazione del rastrellamento del Ghetto avvenuta nel 1943.

E  siccome i funerali hanno a che fare con l’Aldilà si entra nel terreno della Chiesa. Che ha detto “no” alle esequie, esattamente come “no” è stato per Welby cioè per  colui che – secondo la Chiesa – aveva osato disporre della propria vita, suicidandosi. Priebke che ha disposto della vita di più di 300 persone meritava lo stesso trattamento.

Ammesso che ci siano tracce di  una qualche giustizia divina in entrambi i rifiuti, questa ambiguità genera un terreno scivolosissimo, equiparando un suicida a un criminale di quella portata. Non è un gran  messaggio su  cosa siano  la libertà e la responsabilità per i cattolici.

E’ vero che il codice di diritto canonico stabilisce il divieto ai funerali cristiani per coloro che non si sono pentiti prima della morte e che con i loro peccati manifesti potrebbero dare «pubblico scandalo ai fedeli»,  ma è curioso questo atteggiamento dei prelati che hanno prima fatto fuggire il criminale in Argentina, e poi gli hanno negato le esequie. E se i criminali non devono godere mai  del congedo e della pietà della Chiesa prima di mostrarsi a quella del Creatore, per esempio,  nella Basilica di Sant’Apollinare  a Roma insieme ai santi e ai giusti ha avuto la sua tomba il De Pedis della banda della Magliana.  Ma a parte la lista di delinquenti che verrebbe in mente e che hanno invece  ricevuto  regolari esequie, la grande  domanda sul Padre Eterno riceve  una risposta in questo atteggiamento: è  Misericordioso, ma quando come e in che misura,  si decide qui in terra. Soprattutto si decide a Roma. Si negozia un po’ insomma. Dipende.

Ecco allora che si offrono i Lefebvriani,  prima scomunicati poi riammessi da Ratzinger, e poi di nuovo in trambusto dopo che uno di loro aveva argomentato l’impossibilità dell’esistenza di tutti quei morti nei campi di concentramento. E non tardano a esprimersi ancora :  “meglio le esequie a Priebke  che la comunione a Vladimir Luxuria come ha fatto Bagnasco”. E quindi ecco  una trans e un suicida sono sullo stesso piano di un criminale.
Il che quadra anche con molti atteggiamenti della politica rispetto a una serie di temi. 

Dopo di che Berlino, alla quale è stato chiesto di riprendersi il cadavere del nazista ha  risposto “sbrigatevela voi”. Non si sa come altro possiamo farci disprezzare dalla Germania.  Come dimenticare che la Strage di Sant’Anna di Stazzema  non ha avuto giustizia, perché  il 22 maggio scorso la procura di Stoccarda ha respinto la richiesta a procedere presentata dall’associazione dei martiri della strage?

Quando uscì la notizia però  non le venne accordato manco un editoriale.  E certo, si sono tutti ben guardati di protestare contro Berlino.
 
Perciò le reazioni isteriche sui social network  contro Priebke, come anche  quelle della comunità di Albano che ha respinto il feretro a calci e pugni sono solo servite a contrapporre le tifoserie  e a fomentare i (tanti)  neonazisti che non vedono l’ora di riscrivere assieme ai vari Gasparri, Santanché  La Russa e Mussolini le pagine della storia,  servendosi inoltre del palcoscenico degli stadi.

Poi, sull’onda emozionale della guerriglia tra neonazisti e abitanti di Albano si è evocata  la legge contro il negazionismo  rilanciata in  iter rapido dal Presidente Napolitano.  E  siccome – molto giustamente – i deputati di M5S hanno posto un freno: “va discusso il testo in parlamento”, sono stati coperti anche loro di  tutte le accuse  che si possono fare in questi casi. La prima  (e unica) è ovviamente quella di essere antisemiti. Il  presidente  della comunità ebraica  romana,  Riccardo Pacifici,  aveva  già rilasciato a marzo un’intervista al quotidiano israeliano Haaretz,  a proposito di Grillo, di questo tenore pacato:  “Questo è il momento in cui gli ebrei italiani dovrebbero iniziare a prepararsi per trasferirsi in Israele”.

Ma si può fare peggio di così? Resta un  mistero il perché Pacifici non abbia detto nulla su Sant’Anna di Stazzema (come se non fossero nazifascisti pure gli autori della strage), perché non  abbia mai detto le stesse cose del sindaco di Roma Gianni Alemanno accolto da saluti romani al momento delle sue elezioni. Si è trovato invece  in grande armonia con  lui, uno che aveva Mario Vattani, stonato cantante fascista con cinghie  e inni a Salò, come consigliere diplomatico e che ha infilato  ex picchiatori come Andrini senza né arte né parte a fare l’amministratore  delegato dell’Ama. Né si è mai curato della Lega e delle sue idiozie, né delle apologie continue al fascismo, dirette e indirette che  sono state fatte in questi anni. Come se la deportazione del Ghetto fosse un pezzo di storia a sé.

Così  ancora una volta i grillini ai quali non si vorrebbe dare mai ragione hanno avuto ragione.

La legge contro il negazionismo era stata già  proposta da Mastella  nel 2007, e per fortuna intelligentissimi intellettuali, molti dei quali ebrei, avevano espresso e articolato pareri contrari perché  ciò non accadesse. In sintesi, il discorso era che la storia non può essere normata da leggi. E più che le leggi si deve mantenere  la cultura affinché certe cose non accadano più. Solo che mentre si  insegue la paranoia  di controllo  (molto totalitaria) sulle espressioni scritte e pensate sugli ebrei,  basta ascoltare due minuti di Radio Padania per capire quanta prossimità c’è da anni  con certi principi che hanno animato il nazismo.  E quale  cultura si stia  affermando. La prova sono le percentuali da brivido dell’  estrema destra  in Europa.  Senza che nessuno stigmatizzi o intervenga né razionalmente né istericamente.

Il reato sembra allora  quello culturale di  “affermazionismo”  e di indifferenza alle cause che hanno portato anche  alla tragedia della Shoah. Del resto, non si capirebbe perché migliaia di ascoltatori di Radio Padania, che ritengono un bambino migrante un clandestino criminale per non dire cosa farebbero a questo o quel rom o nero, non potrebbero domani prendersela con un ebreo. Nessuno si cura mai delle  peggiori espressioni fasciste che innervano la nostra cultura, ma  tutti  si sono accaniti su un corpo morto di un criminale  che in vita passeggiava indisturbato,  in modo da creare  tutte le basi per  scontri  da stadio, dove l’unica fatta a pezzi sarà  proprio la  Memoria.

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