Abbiamo chiesto all’ingegnere Gianni Malagoli un primo intervento che ha l’obiettivo di avviare un dibattito sul nucleare. In quest’ottica troverete nell’articolo più domande che risposte.


Lo scopo è stimolare la curiosità, in un certo senso indirizzandola nella giusta direzione (per evitare di lasciarsi trasportare da emozioni e suggestioni che invece, spesso, condizionano qualsiasi discorso sul nucleare) per invitare i lettori a porre i loro quesiti e i tecnici a proporci i propri interventi. Golem girerà le domande all’ingegnere Malagoli e pubblicherà gli interventi di chi volesse inviarli.

Trovo molto interessante tentare di avviare un dibattito sul nucleare. Mi piacerebbe però un confronto di idee e non di preconcetti.
Credo sia opportuno cominciare da una premessa: che significa “progresso”?

Progresso
Una delle prime cose che insegnavano all’università era: “come si misura il livello di progresso o civiltà o …..” di un paese?
Immancabilmente la risposta è una sola: la quantità di energia pro capite consumata in quel paese. Qui si vede che in testa alla classifica ci sono gli Stati Uniti d’America ed in coda i paesi africani. I primi hanno consumi così alti sia per i grossi consumi industriali, sia per i grossi consumi casalinghi per alimentare i condizionatori (la più importante voce di consumo energetico, difatti i black out causati dall’eccessivo consumo di energia elettrica avvengono d’estate a causa dei condizionatori e non d’inverno) e tutti gli altri elettrodomestici. In proposito si potrebbe parlare di progresso sostenibile e cioè cercare di consumare energia solo per le cose importanti, ma qui casca l’asino, perché tutte le signore superecologiste, quando rivolgi loro la domanda se sono disposte a ridurre in prima persona i consumi, stirando col ferro a carbone della nonna, o lavando a mano i panni con la tavoletta di legno sempre della nonna, immancabilmente ti mandano a pascolare dicendo: “ma che discorsi sono questi”? In effetti, questi discorsi potrebbero sembrare antifemministi. Allora dico: ma anche il più verde degli scrittori sarebbe disposto oggi a tornare a scrivere con la macchina da scrivere, la famosa lettera 22 di Montanelliana memoria (ho in mente una sua fotografia, mentre scrive con la macchina sulle ginocchia), ed abbandonare il PC? La risposta è ovvia: “NO! Ma che vuoi tornare all’età della pietra?”. È ovvio che non voglio tornare all’età della pietra, ma allora siamo onesti ed affrontiamo il problema senza pregiudizi.
La risposta definitiva è ovvia: il progresso comporta necessità di energia. Ed allora affrontiamo una serie di argomenti e confronti in proposito.

centrale-nucleare_01Un primo confronto riguarda l’etica del “PERICOLO”
Sicuramente bisogna eliminare tutte le fonti di pericolo a qualsiasi livello, a cominciare dai rischi che comportano i giocattoli dei bambini per finire con i consistenti rischi dell’energia. Vogliamo fare un elenco aperto e non esaustivo di questi rischi?:
– rischi di folgorazione nelle nostre case per la tensione troppo alta, ma nessuno oggi si sente di affrontare un discorso di riduzione della tensione per gli eccessivi costi che ciò comporterebbe. Eppure credo che l’energia elettrica nelle case abbia fatto più morti del nucleare.
– rischi di inquinamento elettromagnetico e di folgorazione per le reti di distribuzione ad altissima tensione. Anche qui vale il discorso degli eccessivi costi necessari per abbattere questi rischi.
– rischi connessi con l’estrazione dei combustibili necessari per la produzione di energia.
Quanti minatori perdono la vita nelle miniere per estrarre il carbone necessario per produrre energia e quanti vengono irrimediabilmente colpiti dalla silicosi, mentre noi, che godiamo dei frutti di quest’energia, stiamo comodamente seduti in poltrona?
In proposito ricordo due cose: 1) il carbone è necessario ed insostituibile per alimentare gli altoforni per la produzione del ferro; 2) per qualche decennio i “benpensanti” hanno ritenuto che il carbone potesse rappresentare una valida forma di energia, tranne poi ravvedersi avendo visto i danni che produce la combustione del carbone. In materia ritengo che sia farisaico stare seduti in poltrona mentre altri muoiono per procurarci l’energia. Che diciamo?
– rischi connessi col buco dell’ozono nell’atmosfera dovuto alla produzione di CO2 . In proposito mi piacerebbe tanto sapere dai sindaci alla moda se un autobus a metano produce meno CO2 di uno a gasolio.
– rischi sbandierati per la gassificazione del metano dai cosiddetti sindaci alla moda, che il gassificatore lo vogliono, ma non nel proprio comune.
Lascio aperto questo argomento a qualsiasi contributo logico.
Vorrei qui raccontare un fatterello.
Mi sono recato spesso per lavoro a Massa Martana e quando imboccavo la E45, da Terni e verso Perugia, all’uscita della seconda galleria, mi ritrovavo spesso immerso nella nebbia. Parlando con alcuni amici locali, mi è stato raccontato che tale fenomeno è cominciato ad accadere con maggiore frequenza dopo la costruzione di una vicina diga sul Tevere. Nessuno di noi si azzarderebbe mai di dire che la diga è antiecologica. È uno dei prezzi che dobbiamo pagare al progresso.

Il caso Fukushima
Qui il confronto andrebbe fatto con esperti veri e non con interlocutori che abbiano solo preconcetti.
A me sembra che il reattore, a fronte di un evento di dimensioni assolutamente non prevedibili, abbia funzionato piuttosto bene, perché:
a. la struttura ha retto bene alla sollecitazione dovuta prima alla scossa tellurica e poi allo Tsunami.
b. il reattore si è spento correttamente, senza provocare reazioni tipo Cernobyl.
Tuttavia mi sono messo le mani nei capelli quando ho visto dalla TV che i cosiddetti tecnici hanno cominciato a gettare acqua di mare a perdere sul reattore. L’acqua di mare si sarebbe inevitabilmente contaminata con la radioattività ed ovviamente sarebbe andata ad inquinare il mare.
Il problema sembra che sia stato causato dalla mancanza di energia elettrica che ha impedito alle pompe di continuare a funzionare correttamente e conseguentemente eliminare la quantità di calore residua del reattore, quantità modica rispetto all’enorme quantità di calore che bisogna asportare quando il reattore è in funzione.

detail-fukushima_esplosione_centrale_nucleareIn qualsiasi ospedale o struttura importante (maincomputer, radar ecc.) esistono i cosiddetti sistemi alternativi. Ossia quando manca l’energia elettrica si accende automaticamente un generatore elettrico alimentato da un motore diesel e nel tempo necessario all’avviamento di questo generatore (pochi secondi), la continuità dell’alimentazione elettrica viene garantita dai gruppi di continuità, alimentati a batterie, che intervengono a sostituire l’energia elettrica in frazioni minime di secondo, in modo che gli utilizzatori non si accorgono nemmeno della mancanza di energia elettrica.
DOMANDA: perché nella centrale non esistevano i sistemi di continuità per le pompe, mentre esistono per il sistema centrale di controllo?
Qui si dovrebbe aprire un’analisi molto ampia e serena:
è corretto affidare questo tipo di problemi al privato che ha l’obiettivo di fare utili ed invece non gestire questi problemi con autorità pubbliche, quelle serie (non quelle dei raccomandati o peggio degli interessati), che abbiano come obiettivo ASSOLUTO quello di tutelare l’interesse della gente (salute, inquinamento, economia ecc.).
Comunque la centrale in questione è di tipo superato.

Considerazioni economiche
Su questo tema parlano tutti citando dati perlomeno non coerenti.
Ricordo una trasmissione sulla RAI, dopo il disastro di Cernobyl, condotta da Alberto La Volpe in maniera poco equilibrata. Erano passate le due del mattino e finalmente il conduttore dette la parola ad alcuni mostri sacri: il professor Amaldi, uno dei padri della fisica moderna italiana, il professor Colombo, allora responsabile dei servizi di sicurezza nucleare, e l’ing. Corbellini, allora presidente dell’ENEL. Quest’ultimo riportò un dato, mai contestato. Il kWh elettrico in Francia costava:
– 5£/kWh il nucleare;
– 25 £/kWh il termico (gas, carbone ecc.).
Vorrei tanto parlare, ma in maniera seria dei costi ad oggi.

Progresso 2: la ricerca
Su quest’argomento siamo abituati ormai a sentire tutti gli spropositi possibili riguardanti:
– le cellule staminali: affrontiamo l’argomento con considerazioni di tutti i tipi;
– la ricerca: siamo ultimi, tra i paesi avanzati, per investimenti in materia, ma ci sono parecchi ciarlatani che esaltano lo stato delle ricerche nel proprio orticello. La ricerca è una cosa seria e va affrontata in maniera integrata, a partire dalla scuola elementare, che, grazie alla riforme di tutti i ministri che si sono succeduti a partire dal 1968, non riesce più ad insegnare, come si diceva ai miei tempi, a “leggere, scrivere e far di conto” ed a finire ad un sano rapporto tra università ed industria. Ma qui si potrebbero scrivere enciclopedie.
Che c’entra questo argomento col nucleare? Subito spiegato. Quanti anni sono che si parla dell’energia di fusione (il nucleare pulito, quello della reazione che avviene nel Sole), che dovrebbe andare a sostituire l’energia di fissione (il nucleare sporco, che produce le scorie)? Perché non viene dato ampio spazio, e finanziamenti adeguati a questa ricerca, che risolverebbe tutti i nostri problemi energetici? Forse perché toglieremmo quattrini ai petrolieri? E questi poverini come farebbero a trovare i soldi per il “circenses” moderno, ossia il gioco del calcio? E dietro a questi, quanti altri trafficanti soffrirebbero perché privati di quello schifo che è il traffico del petrolio? Ma come siamo cattivi! Per fortuna che ci sono i nostri governanti che aiutano questa povera gente e che nei provvedimenti per il risparmio energetico hanno trovato spazio per finanziare quelle alte fiamme che si vedono nelle raffinerie. Cosa poi c’entrano queste fiamme col risparmio energetico qualcuno ce lo dovrebbe spiegare.

Tecniche di progettazione low power
Negli Usa, quando si progetta un’apparecchiatura, di qualsiasi tipo, ci si preoccupa prima di tutto di minimizzare i consumi energetici, cosa che, nella mia lunga esperienza professionale, non ho mai visto realizzata. Fanno eccezione un po’ di elettrodomestici moderni. Anche qui, se istituissimo qualche corso universitario, non sarebbe male.

Volutamente ho lasciato fuori, da questo primo intervento, due aspetti che certamente potranno essere affrontati adeguatamente grazie agli interventi e alle domande che seguiranno: il problema della scorie e le fonti alternative di energia.

* Ingegnere nucleare, ex dirigente Finmeccanica

 

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