Sta per chiudersi l’anno dei 70esimi anniversari degli obbrobri del 1943; si apre l’anno dei 70esimi anniversari degli obbrobri successivi. Col 1945, fine della guerra, cessa la stagione degli obbrobri (pur non mancando di contenerne, a sua volta, altri) ed inizia un’altra stagione. Ci sono anche qui, in tutto il Mondo, fosche tinte, insieme ad altre più liete; forse per l’Italia più fosche, tuttavia varie, e cangianti, ma questo è un altro discorso.

70 anni: un numero tondo; acquista pertanto, secondo consolidati usi e costumi, un valore emblematico in sé.
Con il 2015, quindi, ha termine questa che potremmo definire una trilogia dei 70esimi anniversari degli obbrobri. Con la “serie”, infatti (chiamiamola così) “IN GIRO per L’ITALIA”, io intendo parlare del “Male della Vita” perché lo si abbia sempre presente e si faccia tutto il possibile (ed anche di più) perché non si ripeta, mettendo in luce un suo particolare aspetto, con cui, spesso, si manifesta, di crimine contro l’Umanità o crimine di guerra, eccesso, odio, disprezzo verso le popolazioni civili e tutto quanto intorno a questi concetti, ruota. Mi riferisco, come collocazione spaziale, prevalentemente all’Italia, in quanto è la mia Nazione, e quindi da me più conosciuta.
Avrei parlato volentieri in un’unica soluzione dei 3 orribili anni, dal 1943 al 1945 ma, andando in giro per l’Italia ho scoperto che alle cose terribili e vergognose che già conoscevo, se ne sono aggiunte innumerevoli altre [e parlo solo di eventi con i quali mi è capitato di entrare in contatto. Penso che se, ipoteticamente, dovessimo ricordarli tutti, ma proprio tutti, non basterebbe una raccolta di volumi da enciclopedia, dovendone collocare diversi al giorno, per tutti i giorni, in un arco di tempo convenzionale – poi dirò perché “convenzionale” – di un anno e ½ (dalla metà, più o meno, del 1943 alla metà del 1945) e non servirebbe neanche un gran che, con tutta probabilità; anzi finirebbe col risultare insopportabilmente pesante e fine a se stesso, e non già indirizzato nel senso churchilliano di guardare al passato per costruire un futuro migliore. Varie persone ricorderanno varie cose, mi auguro, e nell’insieme sarà tutto ciò che costituisce il bagaglio della memoria con cui affrontiamo il futuro].
Devo quindi affidarmi e fare appello alla benevolenza del Direttore di questo settimanale, perché mi dia il suo sostegno per parlare in questo excursus di fine anno 2013, di quanto accaduto, con le caratteristiche sopra descritte, nel 1943; l’anno prossimo dei 70esimi anniversari del ’44. Me lo segnerò “per non dimenticare”; così come mi segnerò “IN GIRO per L’ITALIA III ed ultima parte” da scrivere nel 2015, se Dio o il Destino vorranno, sperando di aver fatto una buona cosa.
Ma “perché iniziare dal 1943?” mi si potrebbe chiedere “Cos’è… prima non c’erano obbrobri?”
Certamente sì. – rispondo io – Basterebbe pensare alle inaudite violenze, stupri, saccheggi che hanno caratterizzato l’annessione del Regno di Napoli all’Italia Unita, ai grotteschi giri di valzer della prima Guerra Mondiale, alle vergognose guerre coloniali per raggiungere ad ogni costo e contro ogni effettiva evidenza le Grandi Potenze Europee che avevano già intrapreso altri itinerari, altri percorsi di modernità e di civiltà, alle schifose leggi razziali del ‘38/’39, e così via. Ma non possiamo qui correre l’inaccettabile rischio di trovarci, non più in una sola enciclopedia, ma addirittura in una raccolta di enciclopedie, con gli effetti indesiderati già sopra descritti, e anzi, potenziati.
Ancora una volta tutto appartiene al ricordo di tutti, senza che occorra una riassunzione omnicomprensiva in un’unica raccolta dei ricordi.
Ecco allora l’approccio “convenzionale” di cui si diceva, con cui viene raggiunto, almeno negli auspici di chi scrive, il buon risultato, sopra delineato, senza orpelli, devianze, lungaggini, strumentalismi, uscite demagogiche ecc.

Ma perché proprio il 1943 allora?
Il 1943 ha la peculiare caratteristica di contenere dentro di sé, quello che potrebbe definirsi l’obbrobrio degli obbrobri, e quindi merita a buon diritto la collocazione di punto di partenza del “Male della Vita” (nel senso sopra precisato), e cioè l’inqualificabile armistizio di Cassibile stipulato tra il Governo Italiano e gli Alleati il 3 settembre, e annunciato, con comunicazione registrata, l’8 settembre.
La resa agli Anglo-americani era probabilmente inevitabile, ma le modalità con cui fu definita, possiamo ben inquadrarle come un miscuglio sconcertante di furbizia, incapacità, opportunismo, ingenuità, mancanza di amor proprio, senso dello Stato, rispetto e affezione per le popolazioni civili, che si può spiegare in una classe dirigente, solo se poniamo attenzione al fatto che essa proveniva dai principi, dall’addestramento e dai valori di quel VENTENNIO che, passo dopo passo (o meglio, caduta dopo caduta) fino a quel punto disastroso e vergognoso, aveva portato il Paese (ai tempi, enfaticamente si diceva l’amata Patria, a chiacchiere, pur amandola, in concreto, quanto un collettore fognario, come si vedeva dai fatti).
Partendo da qui si va “IN GIRO per L’ITALIA”, dunque. Perché?
Beh… qui occorre fare una premessa:
Il 1943 oltre ad avere le orrende caratteristiche generali sopra ricordate, ha un atroce significato che mi riguarda personalmente: l’11 settembre (3 giorni dopo la divulgazione a sorpresa dell’armistizio, da parte dei vincitori, mentre il Re e l’intero Governo Badoglio fuggivano ancora in preda a stupore per la “mancata osservanza dei patti”) furono fucilati a Nola, Provincia di Napoli, dai Tedeschi, ormai nemici (che il bizantinismo italiano continuava a definire “non più alleati”), 10 ufficiali italiani per ritorsione, a seguito dell’uccisione in un combattimento tra opposte fazioni, di un tenente tedesco.
Fu questo il primo episodio di rappresaglia, seguito poi da innumerevoli altri, molti dei quali anche più feroci e senza un immediato motivo scatenante, dei Tedeschi contro gli Italiani, non distinguendo i militari dai civili, compresi vecchi, donne, bambini, sacerdoti e disabili, che essi, a questo punto, consideravano traditori (o fingevano di considerare tali, per cercare di trovare inutilmente, all’ultimo momento, un capro espiatorio per le sorti della guerra, che sapevano, irrimediabilmente persa). Tra i 10 martiri dell’11 settembre a Nola, era mio padre, il tenente Alberto Pesce.
Non posso qui raccontare, in due parole, i complicati intrecci attraverso i quali si giunse a quel tragico evento.
Parlo di questo in un libro che, dopo varie vicende, non sto qui a raccontare quanto sofferte ed elaborate (ve ne è traccia nel libro), sono riuscito a scrivere su quei drammatici fatti, inseriti nel contesto di altri drammatici fatti che hanno funestato il Mondo, ed in modo particolare l’Italia, in quella che deve essere stata un’ondata di devastante follia che, 70 anni fa, come un’onda anomala investì l’Umanità.
Il libro si intitola “Nola, cronaca dall’eccidio” Ed. Infinito – Modena. In esso rivivono oggi quei “70 anni fa”.
Una volta pubblicato il libro, è stato da me presentato, con l’aiuto dell’editore, di amici, parenti, studiosi, autorità in vari contesti (circoli culturali, associazioni partigiane, biblioteche, spazi pubblici ecc.) e in varie città: Nola, San Marco dei Cavoti (mio paese natale), Torino (città di origine della mia famiglia), Maddaloni (città dove ho vissuto per tutta la mia infanzia, adolescenza e gioventù), Napoli (la città delle famose 4 giornate che i napoletani impiegarono per mettere in fuga i tedeschi, prima dell’arrivo, e di quelle che sarebbero state inevitabili distruzioni, degli americani), e così via; e ancora la storia continua.

Ebbene, ogni volta, e dico OGNI VOLTA, grazie ad interventi, approfondimenti, precisazioni storiche, elaborazioni culturali ecc. ho avuto modo di scoprire cose nuove; tant’è che ho già preannunziato alla Infinito Edizioni, l’aggiunta di un capitolo, in una nuova edizione, dopo l’epilogo del libro, da intitolarsi, appunto “IN GIRO per L’ITALIA”; per raccogliere tutto quello che ha formato oggetto di ulteriori esperienze, ulteriori ricordi e rivelazioni, proprio andando in giro per l’Italia.
Ora di questo parlo qui, nei termini ai quali ho sopra fatto cenno.
Dunque: “IN GIRO per L’ITALIA – 1943” Parte Prima – diciamo.
Devo subito dire che, andando in giro per l’Italia, l’inquietante curiosità che per prima balza all’evidenza è che, ancora oggi, a distanza di 72, 71, 70, 69 o 68 anni dai danni provocati dalla guerra, a seconda se ci riferiamo ai bombardamenti degli Alleati da “quando le cose sono cominciate ad andare male” (ma in realtà andavano male già da prima), o da “quando i Tedeschi si sono alleati con gli Americani”, come dice Alberto Sordi, nel film “Tutti a casa”, oppure da quando una nuova “ferocia figlia” prese il posto della buona maestra, la “ferocia madre”, ancora permangono in TUTTE le CITTA’ ITALIANE i segni, le rovine, a volte gli angosciosi vuoti o gli insensati pieni, i cumuli della guerra; la guerra persa, l’ultima, la più importante di tutti i tempi. Fiore all’occhiello dei nostri attuali simpatizzanti fascisti.
Perché questi spezzoni di rovine e di lutti sono ancora lì? Difficile dirlo. Per aiutarci a ricordare meglio non credo; bene non si sa. Motivi vari, sono portato a pensare, dove c’entra un po’ la situazione economica, il rinnovamento degli assetti urbanistici, l’attesa per mancanza di interesse a mettere mano ad operazioni probabilmente di nessuna convenienza commerciale, gli indici demografici da rispettare e così via. Quel che è certo, però, è che questi sono veri e propri monumenti alla bestialità della guerra.
Quando passi attraverso una guerra, non cesserai mai di leccarti le ferite, soprattutto se l’hai persa. Ma il vero obbrobrio, quello che supera ogni altro, e che, in fin dei conti, si è rivelato, a sua volta, una “scoperta”, è che di tutto questo, poco o nulla si trova nei libri scolastici. Poco o nulla gli studenti, tranne quelli più motivati e diligenti, sanno del periodo qui in trattazione; una cortina di ignoranza pianificata e voluta da chi, in tutti questi anni, ha avuto il potere politico di farlo, in nome di una presunta “tabula rasa” da cui ripartire (portatrice di frutti marci, come era preventivabile senza alcuna difficoltà, con un pizzico di onestà intellettuale e capacità di governo), che si è, inevitabilmente, riversata nella società civile e, a quanto risulta dai miei contatti, non ha risparmiato gli ambienti militari. Cortina che solo ora, a distanza di tre quarti di secolo dai fatti, grazie ai nuovi tempi e ad una maggiore presa di coscienza, comincia a diradarsi.
Ma ecco che mi sono mangiato tutto lo spazio.

Almeno gli obbrobri del ’43 vorrei proprio racchiuderli se non in un’unica puntata, entro l’anno in corso. Dilungarsi non aggiungerebbe una virgola a quello che si vuol dire e perché lo si vuol dire; resta confermato tutto quello che è sopra riportato.
Rinvio, allora, alla seconda e ultima parte su questo punto, venerdì prossimo, scusandomi dell’involontario effetto “suspense”, venutosi a creare, perché questa, poi, è tutta storia già scritta.
La storia che può, certo, determinare SUSPENSE, ma deve soprattutto, a mio avviso, creare SPERANZA è quella ancora da scrivere. (fine prima parte)

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