Trasparenza sì, ma non troppa. Gli eletti al Parlamento, nei consigli regionali e negli enti locali non saranno tenuti a dichiarare i valori relativi a depositi e conti correnti. Fuori anche tutti i titoli diversi dalle azioni e quote societarie. Una esclusione poco comprensibile, sia perché tali valori possono rappresentare una parte significativa della ricchezza di una persona, sia perché in questo modo restano fuori dalla dichiarazione anche gli eventuali patrimoni scudati. La nuova normativa varata dal governo Monti appare scarsamente efficace e sembra perseguire finalità essenzialmente mediatiche.

Sarebbe stato molto più semplice, per esempio, adottare per la dichiarazione patrimoniale il modello Isee che i cittadini utilizzano per accedere alle prestazioni sociali, che correttamente tiene conto anche delle eventuali disponibilità finanziarie. Manca infine ogni forma di deterrenza per eventuali dichiarazioni infedeli. Non è prevista, infatti, alcuna forma di controllo.Il 20 aprile entra in vigore il decreto legislativo di attuazione della legge anticorruzione[1], che all’art. 14 fa obbligo di pubblicare curriculum, compensi e spese, eventuali altri incarichi, situazione patrimoniale e dichiarazione dei redditi dei titolari di incarichi politici elettivi e non, di livello statale, regionale e locale, nonché del coniuge e dei parenti entro il 2° grado, se questi ultimi lo consentono[2]. Sono coinvolti non meno di 157.000 politici tra parlamentari, nazionali ed europei, e membri del governo (1.032), parlamentari e assessori regionali (1.356), presidenti, consiglieri e assessori provinciali (4.258), sindaci, consiglieri e assessori comunali (138.619), presidenti e consiglieri circoscrizionali (12.000)[3][4]. In caso di omessa o incompleta comunicazione della situazione patrimoniale viene prevista una sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 10.000 euro e il relativo provvedimento verrà pubblicato sul sito internet dell’organismo a cui l’inadempiente appartiene.
In concreto non solo i parlamentari, come era già previsto, ma anche tutti gli altri politici saranno tenuti a depositare presso l’Organo di appartenenza copia dell’ultima dichiarazione dei redditi e una autodichiarazione sulla propria situazione patrimoniale[5] (e di quella della moglie e dei figli conviventi, se essi lo consentono), che saranno rese pubbliche. La dichiarazione patrimoniale verrà compilata su un modello prestampato, con l’apposizione della formula “sul mio onore affermo che la dichiarazione, concernente i diritti reali su beni immobili e su beni mobili iscritti in pubblici registri; le azioni di società; le quote di partecipazione a società; l’esercizio di funzioni di amministratore o di sindaco di società, corrisponde al vero”.
Se la politica deve essere una casa di vetro nella quale il cittadino ha il diritto–dovere di guardare per assicurarsi della trasparenza dei suoi rappresentanti, è evidente che il decreto legislativo anticorruzione appare scarsamente efficace e sembra perseguire finalità essenzialmente mediatiche. Due sono le criticità più gravi, tali da minarne alla base la sua funzione: l’assenza dei valori relativi a conti correnti e depositi e la mancanza di controlli dedicati.

Assenza dei conti e di altre disponibilità finanziarie.
Nella dichiarazione patrimoniale non sono considerati i valori patrimoniali relativi ai depositi, ai conti correnti e ai titoli diversi dalle azioni e dalle quote di partecipazione a società. Ciò vuol dire che una parte rilevante della ricchezza, quella volatile e più facilmente trasferibile, quale denaro contante, depositi e conti bancari, cassette di sicurezza, fondi di investimenti, polizze assicurative, investimenti finanziari in genere (derivati, swap, ecc.), non sarà conoscibile. Naturalmente in questo modo resteranno occulti anche gli eventuali patrimoni scudati.
Non si tratta di dare la caccia alle streghe, né di prevedere dichiarazioni lunari, ma di affermare che in un Paese normale e democratico il cittadino elettore per poter esprimere con coscienza e responsabilità il proprio voto dovrebbe essere in grado di conoscere l’effettiva condizione economica e patrimoniale di coloro che sono chiamati a svolgere funzioni pubbliche. In concreto, per dare sostanza alla dichiarazione patrimoniale, basterebbe semplicemente prevedere l’obbligo per il politico di presentare, al momento dell’assunzione della carica (e negli anni successivi), lo stesso modello Dsu, che ai fini Isee sono tenuti a presentare i cittadini meno abbienti per usufruire di prestazioni sociali agevolate[6]. Difatti, nella determinazione dell’Isee si tiene conto di tutti i valori reddituali e patrimoniali del sottoscrittore e del suo nucleo familiare.

Nessun controllo.
Non viene prevista alcuna forma di controllo sulla veridicità della dichiarazione patrimoniale presentata dal politico. È evidente che per rendere credibile il sistema occorrerebbe una forma di controllo che, senza ledere l’indipendenza dei parlamentari e degli altri politici, possa costituire anche una remora efficace al compimento di attività o operazioni economiche disinvolte e poco attente all’interesse della collettività e ad eventuali corruzioni o altre forme di malversazione politica. Un sistema che realmente abbia un funzione dissuasiva e che consenta di delineare meglio i contorni della cattiva politica e, al contrario, possa salvaguardare la dignità e la credibilità dei politici onesti. Diversamente l’autodichiarazione della situazione patrimoniale del politico resterà un’ipocrita foglia di fico.
Per i parlamentari il sistema di verifica della situazione patrimoniale potrebbe essere disciplinato su base regolamentare dalla stessa Camera cui appartiene l’onorevole, per gli altri politici si potrebbe istituire un’apposita Autority indipendente. La dichiarazione patrimoniale infedele del politico sarebbe sanzionata, sul piano politico, essenzialmente con la censura pubblica, mediante la pubblicazione del provvedimento di rettifica. Ogni onorevole, sindaco, assessore o consigliere dovrebbe essere ben lieto di rendere pubblica la propria situazione economica, prima, durante e dopo il suo mandato, per testimoniare la trasparenza della sua azione e la credibilità della classe politica.

Note:
[1] Decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33
[2] In verità il regime precedentemente in vigore, non era molto diverso da quello ora previsto dalle norme anticorruzione. Difatti, attualmente i deputati e i senatori, i membri del Governo, gli eurodeputati, i consiglieri regionali e provinciali, nonché i consiglieri dei comuni capoluogo di provincia ovvero con popolazione superiore a 50.000 abitanti, sono tenuti a depositare, in genere presso la Presidenza dell’organo di appartenenza, la propria situazione patrimoniale e reddituale. e quelle del coniuge non separato e dei figli conviventi, se gli stessi vi consentono, che poi viene resa pubblica.
[3] Dati campagna Uil: meno costi della politica = meno tasse sintesi dell’analisi e dei numeri, marzo 2011
[4] L’art. 15 dello stesso decreto disciplina gli obblighi di pubblicazione riguardanti i dirigenti e i consulenti delle pubbliche amministrazioni
[5] Ogni anno, poi, provvederanno a depositare copia della nuova dichiarazione dei redditi e a comunicare le variazioni patrimoniali intervenute. Entro tre mesi successivi alla cessazione dall’incarico saranno tenuti a depositare una dichiarazione riguardante le variazioni patrimoniali intervenute alla chiusura del mandato e entro un mese dalla relativa scadenza la dichiarazione dei redditi. Nel caso di inadempienza il Presidente della Camera alla quale l’Onorevole appartiene lo diffida ad adempiere entro il termine di quindici giorni. Senza pregiudizio di sanzioni disciplinari eventualmente previste nell’ambito della potestà regolamentare, nel caso di
inosservanza della diffida il Presidente della Camera di appartenenza ne da notizia  all’Assemblea.
[6] L’indicatore della situazione economica equivalente (Isee) costituisce lo strumento mediante il quale viene misurata la ricchezza o, forse è meglio dire, la povertà delle famiglie italiane e consente a chi è al di sotto di una certa soglia di reddito di chiedere prestazioni e servizi sociali o assistenziali agevolati non destinati alla generalità dei cittadini. Nella determinazione dell’Isee si tiene conto dei valori reddituali e di quelli patrimoniali.

(www.fiscoequo.it)

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