“Blue Jasmine” (in sala dal 5 dicembre, distribuito da Warner) è il nuovo film di Woody Allen che ci fa ritrovare lo stile e l’intelligenza del regista americano dopo i due ultimi “Midnight in Paris” e “To Rome with love” ben al di sotto di ogni aspettativa.

Ispirato a una storia vera: “mia moglie mi aveva parlato di un’amica di un’ amica,  una donna ricchissima che a seguito della crisi ha  dovuto cambiare radicalmente vita”,  Woody ritorna in America, precisamente San Francisco (dove nel 1969 aveva girato “Prendi i soldi e scappa”),  con questa  tenera tragedia che andrebbe bene per qualsiasi parte del pianeta. Si affida a una figura femminile, fragile e “persa” secondo la definizione dello stesso regista, una moderna eroina tragica, perfetta per raccontare, da un punto di vista intimo e privato, gli effetti della crisi globale, il vuoto lo sbandamento, la perdita di rapporto con la realtà e l’impatto con questa. 

E’ Cate Blanchett che il regista considera “ una delle migliori al mondo”  a interpretare magnificamente il ruolo di Blue Jasmine nel solco dei grandi  caratteri nevrotici del cinema di Allen. Il vero nome del personaggio sarebbe Janette ma è proprio a partire dalla scelta del nome, fatta al momento del  matrimonio con  il ricchissimo Hal che traspare il “progetto” di vivere una vita costruita e progettata. Apprendiamo la  sua storia recente dalla stessa Blue Jasmine, dipendente da una varietà grottesca di farmaci che ingurgita per ogni mutamento emotivo le imponga la realtà e che prende anche per “non parlare da sola”. Allora  grazie a questa  patologia  nata dalla condizione di stress, Blue Jasmine parla da sola mentre è alle prese con la sua nuova realtà a  San Francisco. Ci racconta  così il suo recente passato  newyorkese che riviviamo assieme a lei. Ma qual è  la vera Jasmine? Quella che vediamo nel presente storico o nel passato presente?  O entrambe?

Apprendiamo che il marito (Alec Baldwin) spregiudicato finanziere è stato arrestato a causa delle molte truffe a danno di risparmiatori, e con i cui proventi faceva anche una gran quantità di beneficenza, cosa che inorgoglisce molto il figlio. E  poi la tradisce  con la segretaria, la migliore amica, l’avvocato di fiducia, e la personal trainer fino a un punto insopportabile e cruciale.  Blue Jasmine  che faceva una vita invidiabile con la New York che conta, e  aveva accolto cordialmente la sorellastra Ginger in casa sua, anche se infastidita dalla cafonaggine  e dall’estrazione  umile del marito.

Ma è esattamente in quell’incontro familiare (“ che sfigato il marito di mia sorella” dice Blue Jasmine della sorellastra Ginger)   che si consuma il racconto dell’attuale crisi: il piccolo e povero risparmiatore che si  affida al ricco finanziare. Il ricco finanziere però non metterà in salvo il suo denaro, ma se ne appropria. Ginger è l’altra faccia della crisi. La working class che non riesce a sollevarsi dalla situazione ma ce la fa ancora dignitosamente. E senza rubare.  Sono due sorellastre che si rispettano e si aiutano, separate da un abisso  formale e economico  che le inchioda alla classe sociale nella quale si trovano. In quale modo la brutalità dei tempi e della storia  le metta in relazione, è una  delle tante facce del film di Allen.

Quando Jasmine raggiunge la sorella Ginger (Sally Hawkins) a San Francisco, nella sua  casa  working class dove vive con i due figli, arriva con un completo Chanel,  valigie Vuitton,  borsa e foulard Hermes…ultime tracce di un’antica opulenza: ha dovuto  infatti vendere tutto, fino all’ultimo paio di scarpe, non ha più carta di credito, e lei che abitava sulla Fifth Avenue è  precipitata in un mondo lontano e distante  da lei: la sorellastra si è da poco  lasciata col marito, rozzo lavoratore tuttofare, per andarsi a infilare in un’altra storia  con il meccanico Chili, quasi  caricatura della working class ma che  la ama. 

A volte schematico e fin troppo semplice nel risolvere il dualismo delle sorellastre entrambe adottate dagli stessi genitori, a testimonianza che spesso si tratta di  un combinato disposto  di geni e di  ambiente in cui si evolve.

Di certo, sono i personaggi  calati nella storia, che determinano con il loro carattere, le loro tendenze, e  aspirazioni quello che gli orientali chiamano karma e che  noi occidentali chiamiamo destino. Con una dose aggiunta di cinismo: non c’è  dunque speranza, non si può fare niente per cambiarlo? E ciò che rende Blue Jasmine  un personaggio di portata tragica è che ha un  grande segreto,  suo unico momento di verità, che scopriamo verso la fine.

Anche questa volta come per  Sandra Bullock in“Gravity” nel film di Alfonsi Cuaròn in cui è  praticamente protagonista assoluta, ci si può davvero  rallegrare che  l’America  continui a  sfornare ruoli magnifici per attrici oltre i 40 anni.

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