Che cos’è una canzone?
O meglio cosa può fare una canzone con noi?

Da poco tornato da una presentazione di un libro sul calcio, Zeman e Platone, tenuta in uno dei tanti palazzi marchesali del nostro paese che ci illudono di avere ancora una storia da difendere, accendo il televisore e ascolto Gino Paoli cantare vedrai di Tenco.
Così, mentre da poco abbiamo un nuovo governo, da poco la Juve “padrona” ha vinto ancora, da poco Platone e il severo boemo non si sono incontrati sulla strada della dialettica o della verità, per quella strana illusione che continua ad ingannare perfino gli esperti facendogli credere che etica ed estetica siano cose diverse, qualcuno canta intensamente, di fronte a milioni di persone accasciate sui divani, … che un giorno cambierà.

Il canto è un misto tra una preghiera, un’invocazione, una richiesta, un racconto, ma è soprattutto una resa alla musica. Chi canta, anche sotto la doccia, o in certi pomeriggi difficili, lo sa.
Eppure, abbiamo bisogno ancora di una canzone così forte?

Immaginiamo che domani il Vesuvio erutti, ma invece di sputare fuori le viscere della terra, cominci a risucchiare tutti gli italiani. Non solo i napoletani che hanno avuto la follia e la magia di credergli e di aspettarlo con una saggezza primitiva e oscena, ma tutti gli italiani che abitano questa penisola a forma di stivale baldanzoso.
Così, in poco tempo, come se dalla grande bocca fosse partito un sospiro immenso, un risucchio spaventoso (mio nonno, napoletano, avrebbe usato l’aggettivo mondiale) ecco che 60 milioni di persone si ritrovano ai pendii del monte col buco.
E lui se ne sta immobile, in attesa, osservando l’insolito spettacolo di tante persone tutte in fila, in mezzo alla campagna.

Immaginiamo che solo un leggero venticello muova le cose e i suoni e che per il resto tutto taccia.
Immaginiamo dunque questo silenzio.

Il silenzio è forse l’unica cosa che può sconfiggere l’immaginazione. Il silenzio se lo ascoltiamo, sa portarci qui dove ogni cosa sempre sta… nella sua infinita possibilità.

Durante la presentazione del libro stasera un vecchio signore, dopo un lungo silenzio, ha deciso di parlare. E ha ammesso che il calcio è come la vita, ha bisogno di coraggio e di ascolto, di pensiero e di azione, di allenatori e di spettatori veri.
Non è stato ciò che ha detto ma il suo tono, la sua ritrosia… che mi ha commosso. Altre volte ho sentito questo disarmante cuore, spesso nascosto nel corpo di anziani italiani, e ho percepito la loro stanchezza e speranza, la loro solitudine e desiderio. Il loro orgoglio nel vedere un giovane parlare bene l’italiano o il dialetto.
Ma la ripetizione, per quanto rara sia, non riesce ad attenuarmi l’intensità di questi momenti.
Così, immagino che ora sia lui a prendere per primo la parola e a rivolgersi al Vesuvio.

Ho letto distrattamente che Iosseliani, un regista che amo molto, ha chiesto ad una platea di italiani quanti avessero visto Miracolo a Milano. E che le mani che si sono alzate sono state meno di una decina. Da ora, allora, chiamerò il Vesuvio, il sign. Vesuvio Iosseliani.

Sign Vesuvio Iosselliani vorrei provare a dire qualcosa. SILENZIO

L’altra notte mi sono svegliato e non so perché, non l’ho mai fatto, ho preso una penna e ho scritto una frase. Mi sembrava che qualcuno stesse aspettando una risposta. SILENZIO

Mia moglie dormiva e sono tornato in camera da letto a guardarla. Sembrava stare da un’altra parte. Allora ho guardato fuori dalla finestra per vedere se tutto era lì. SILENZIO

Io non ricordo… cosa ho scritto. E purtroppo ora non posso leggerglielo perché la carta se l’è rubata il cane dal comodino dove l’avevo poggiata. Credo se la sia mangiata. Gli sono sempre piaciute le caramelle e ha pensato che era una carta da leccare. SILENZIO

Però, non so perché, penso che lei sappia cosa ho scritto.
E allora, le chiedo, può dirmelo per favore…?

Il vento sa quando è il momento di toccare le foglie. Ma 60 milioni di persone tutte attaccate come una muraglia non sono un ostacolo semplice da attraversare neanche per un maestrale di febbraio.
Così, quel piccolo albero sperduto e ironico, rimasto dentro al cerchio, accerchiato dalla bocca lassù e dalla muraglia più giù, non si muove di un millimetro e il silenzio non può che ingigantire il silenzio.

Forse ha bisogno che venga lassù? Vuole che venga più vicino?
SILENZIO

Non metterei una mano sul fuoco per questo governo… nessuno, del resto, può dire cosa accadrà nel futuro. Con queste parole il Presidente si è congedato inabissandosi nelle sue stanze.

Eppure il fuoco non è ancora uscito dal sign. Vesuvio Iosseliani.

Forse, questo sospiro non è neanche un avvertimento, una prova.
Forse… la convocazione è stata un incidente, un equivoco.
Il messaggio non c’è. E non c’è la morte. Di nessuno.

Certo, quello che il cane si è mangiato, però, non lo sapremo mai.
Perché le caramelle sono… mondiali.  E il mondo canta quando meno te lo aspetti.

Non so dire come e quando ma vedrai che cambierà
si, certo, anche il vento, un giorno,  cambierà.

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