Un aereo vola di notte sopra il paese. Si tratta di un piccolo aereo con poche persone sopra: un paio di preti, un politico e la sua segretaria, una giornalista di mezza età, un arbitro di calcio poco più giovane, il pilota brizzolato, il suo timido assistente e una giovane hostess.
L’aereo non può atterrare. Non si capisce bene il motivo ma deve volare ancora.
Nella notte.

I due preti siedono vicini e restano in silenzio immersi nel loro vestito scuro. Sembrano due corvi perplessi. La giornalista li guarda intensamente. L’arbitro invece guarda giù dal finestrino.

– “Domani si deciderà?” Sussurra la segretaria con intimità al suo capo.
– “Si deciderà?!… Se decidessimo si sarebbe voltato pagina”… risponde lui pensieroso e insieme presente.

– “Volete un caffè?” La hostess sorride con degli occhi luminosi e scuri che sembrano due noccioline sotto le luminarie di una festa paesana. Il suo sorriso commuove e ghiaccia insieme e l’arbitro la guarda imbarazzato come se non avesse mai visto una giovane ragazza, non avesse mai visto la purezza che serve il caffè, come se non fosse mai stato su di un aereo di notte.
Poi mentre lei serve per primi i due preti, ritorna a guardare giù dove tutto è fermo. Dove il vuoto, o la fine del vuoto, striscia come un serpente che si è divorato il buio e tutte le cose.

Attaccato all’aereo, legato ad una corda, c’è un topo. Un topo che deve essere rimasto impigliato, per caso. I topi, si sa, si adattano e dunque resiste a quell’altezza, dondolando nel vuoto poco sotto al motore.

Forse è un sogno. Forse domani quando riaprirò gli occhi, tutto sarà diverso. Non ci saranno più governi da sfidare, non ci sarà più il sorriso di lei, non ci sarà più l’aereo che può cadere. Non ci saranno più i corvi.
Ma ora sto volando e devo ricordare tutto quello che succede. Fermarlo nella testa.
Per esempio questa segretaria: perché ha l’aria di sapere chissà quali segreti? Sembra che l’idea della morte non la sfiori neanche lontanamente. Sembra che perfino stia godendo di questa situazione assurda. Noi siamo in bilico nella notte, potremmo non tornare più, restare qui per sempre e lei pensa a tutt’altro. O non pensa a niente. Con quel suo completino scuro e con quelle scarpe che guardo dall’inizio del viaggio.
Mi verrebbe voglia di levargliele quelle scarpe e vedere cosa nasconde tra i piedi. Magari ha visto il suo capo fare qualcosa e ora non si meraviglia più di niente.
I politici sono disarmati, generalmente, quando vanno agli incontri. E’ dopo che radunano tutte le armi. Lei gliele porta fedele. E gliele dà con mano sicura, mentre gli sta vicino e non ride. Non piange. Non sospira mai.

Se i preti stanno in silenzio deve esserci una ragione suprema. Penso che non hanno niente da dire. Poi ci ripenso e penso che si vergognano di avere paura. Uno di loro mi guarda per un attimo ed è come se mi avesse chiesto di non aggiungere altro, di evitare. Di dimenticare.

Chi è quel topo là sotto? Un bambino, il futuro o la speranza che tutto possa ritornare normale? Uscire dalla trappola.
Immagino il topo che sposa i preti, mordendogli le mani a mo di sacramento. Mi sembra che il mondo del futuro verrà presto. Dove il matrimonio sarà un mistero, sarà una cerimonia segreta.
L’invito ad un matrimonio varrà come un punto sulla patente interstellare. Se sarai il testimone, potrai inoltre mettere 10 punti sulla tua scheda personale e conquistare posizioni per la selezione a cui tutti aspirano: quella che fa andare sul pianeta lontano.

Ma ora sono qua. E guardo giù dal finestrino.
Che cos’è la fiducia? Perché la desideriamo? O la aspettiamo come agnellini smarriti? Perché non facciamo come i lupi che girano intorno al bosco, finché si restringe davanti a loro e allora mordono con le fauci spalancate?
Perché siamo ancora ingenui e aspettiamo che il comandante si svegli?
Abbiamo tutti sonno in questo paese ma non andiamo mai a letto. I giovani per disperazione, i mezza età per rabbia, i vecchi per vedere la televisione che si commuove e li avvinghia tutte le notti fino al mattino.

Ed ora anche il grande seduttore non dorme da molte notti. Guarda il soffitto e pensa a quelle nottate sulla nave quando si suonava in mezzo al mare. La nave è allegra e lui conquisterà tutto molto presto.
Che la nave proceda spensierata in mezzo al Mediterraneo è un dettaglio, in fondo: ciò che conta è il suo sorriso. La sua voglia di farlo.
Poi un giorno quella nave sbatterà sugli scogli emersi all’improvviso per vedere lui, per scorgere il suo passaggio. E si piegherà per un inchino solenne.
Non importa che il nuovo secolo sia venuto già. Che tutti i pesci si siano impigliati nella rete.
Ciò che conta è il suo passaggio. Il fatto di vederlo cantare triste sotto le stelle e non dormire più, conta, per gli scogli, più di qualsiasi altra cosa.

Così ora siamo qua. Sotto, il mare, potrebbe non esserci più. Potrebbe anche essere diventato tutto mare e la nave essere ormai su, essersi rialzata dall’inchino, grata agli scogli e a lui di essersi sgranchita le gambe. E l’aereo non può atterrare e io sono l’arbitro.
Domani dovrò osservare le cose dal mio punto di vista. Dovrò trovare una posizione comoda ed essere un punto in movimento. Che il mondo sappia di sé non importa. C’è sempre il sorriso di lei e il suo caffè così perfetto. La giornalista se ne accorgerà presto…

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