Nato il 18 luglio 1552 da Massimiliano II d’Asburgo e da Maria, figlia di Carlo V, tutta la  vita di Rodolfo II appare segnata dall’alchimia, dall’astrologia, dalla magia, dalla fisica e dalle scienze. Aveva in giardino un leone africano la cui morte, secondo un oracolo,sarebbe stata presagio della sua. E temeva gesuiti e confraternite poiché un’altra previsione gli aveva vaticinato la morte da parte di un monaco.

Fu collezionista di oggetti pseudomagici: le stanze del suo castello rigurgitavano di  radici di mandragora, calici ricavati da un corno di rinoceronte, macchine musicali che suonavano da sole… Quando Rodolfo trasferì da Vienna a Praga la sede imperiale, nel 1583, la città divenne teatro di arte ermetica: Il sovrano, sperando di rinsanguare con l’oro alchemico le finanze e di ottenere un elisir che gli allungasse la vita, fece della sua corte il ricettacolo d’avventurieri di ogni sorta. Nell’agosto 1584 due inglesi provenienti dalla Polonia giunsero al Castello di Praga: John Dee ed Eduard Kelley. Dee era un astrologo nato a Londra nel 1527, caro alla regina Elisabetta I. Parlava in  trance con gli spiriti per mezzo di uno specchio magico, un globo di quarzo affumicato che gli aveva donato (raccontava) l’angelo Uriel. Ma siccome non ricordava nulla delle visioni avute, dovette cercare qualcuno che ne prendesse nota. E incappò in Kelley, losco figuro dal naso a becco, dagli occhi acuti da topo e dai lunghi capelli che coprivano le orecchie mozze; gliele avava tagliate il boia di Lancaster poiché era stato condannato per falsificazione di documenti notarili. Vagando per l’Inghilterra, Kelley venne in possesso di un arcano manoscritto, appartenuto ad un monaco stregone, insieme a due ampolle d’avorio, contenenti una polvere rossa e una polvere bianca. Non comprendendo il manoscritto, Kelley andò a Mortlake, dal dottor Dee, per ottenerne l’aiuto. Divenutone il confidente, descriveva a a Dee le visioni avute e i colloqui con gli spiriti. Questi insegnavano come ottenere l’elisir di lunga vita e come trovare la pietra filosofale. Il nobile polacco Olbracht Laski, cui Dee, attraverso i suoi spiriti, aveva promesso il trono di Polonia, ospitò i due compari presso di sé. Ed essi, che non riuscirono a compiere una trasmutazione dal ferro in oro, passarono alla svelta a Praga, da Rodolfo, accolti con tutti gli onori.

Kelley fornì all’imperatore un rimedio contro l’ipocondria; e in sua presenza, con una goccia della polvere rossa, mutò il mercurio in oro. Onori, guadagni, titoli piombarono sull’avventuriero. Ma nell’aprile del 1591 uccise un cortigiano in duello e l’imperatore, stanco di attendere la pietra filosofale, mai pronta, lo fece arrestare. Kelley tentò lo sciopero della fame, ma Rodolfo lo fece nutrire a forza e poi torturare perché rivelasse il segreto della pietra. Ma non si può dire quel che non si conosce e in un tentativo di fuga dalla finestra del carcere, il prigioniero si ruppe una gamba che gli fu sostituita con un arto di legno. Liberato, fu poi di nuovo imprigionato per debiti. Acora tentò la fuga e si ruppe l’altra gamba. Rinchiuso in prigione, si tolse la vita col veleno.

Nel 1590, poi, troviamo a Praga un altro alchimista, il polacco Michael Sendivogius, che aveva liberato l’adepto Alexander Seton, detto il Cosmopolita (imprigionato da Cristiano II, elettore di Sassonia) e ne aveva ricevuto la rossa polvere per le trasmutazioni. Con essa Sendivogius fece operarr una trasmutazione allo stesso Rodolfo, che lo colmò di onori. Nel palazzo di Praga transitò anche l’orafo strasburghese Gustenhover, invitato da Rodolfo II che lo sapeva possessore della purpurea  tintura trasmutativa. Ma l’orafo, che l’aveva ricevuta da Seton, non ne possedeva il segreto. La polvere finì e Gustehover terminò i suoi giorni nella Torre Bianca. Avventuriero in Praga anche “un certo italiano…” che “abbindolando e incantando la gente, co stregonesca arte diabolica eseguiva le sue gherminelle: Scota lo chiamavano” E’ Gerolamo Scotta o Scotti, giunto nella città il 14 agosto 1590 con tre carrozze tirate da quaranta cavalli e innumerevoli servitori. Astrologo e alchimista, si ritrovò, peraltro, in breve tempo, a vendere unguenti sulla pubblica piazza. 

Nel 1588, due anni prima di finire sul rogo, visita Praga Giordano Bruno. E nella praghese Villa Betramka, ospite della cantante Josephina Duskova, una notte di ottobre del 1787, Wolfgang Amadeus Mozart avrebbe composto, a poche ore dallo spettacolo, l’ouverture del Don Giovanni, mentre i copisti attendevano con ansia. Tocca Praga anche il satanico Paganini: giunge in una nera carrozza sbilenca, cupo, nerovestito. Indissolubilmente legato a Praga, pur se nato a Vienna  nel 1868, è poi Gustav Meyrink, ex banchiere, canottiere, cabalista, buddista, forse suicida, le cui opere sono quasi tutte intrise della demonìa praghese: Il Golem, L’angelo della finestra d’occidente, La notte di Valpurga…. Meyrink, nella cui casa si accatastava un gran numero di singolari oggetti (disegni medianici, scarabei, specchi magici), aveva tra le sue amicizie un collezionista di mosche morte e un rigattiere che rivendeva volumi rari solo con l’approvazione di un corvo dalle ali tarpate…

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