Dall’antica Mesopotamia al villaggio globale. Dalle tavolette della biblioteca di Assurbanipal ai nostri quotidiani e rotocalchi, alla televisione, a internet. Una pioggia di oroscopi, di previsioni astrologiche (o presunte tali) a tutte le ore. Non c’è periodo storico, in effetti, in cui l’interpretazione del “celeste alfabeto” non faccia timidamente capolino o non si mostri in maniera sfacciata. Ed è anche vero che, pur nei periodi di fulgore, non mancano le voci contrarie e, per converso, durante la decadenza non c’è mai una scomparsa totale. Insomma, nel suo oscillare tra la posizione di massimo fulgore e quella di massima decadenza, il pendolo astrologico tocca infinite posizioni intermedie.

Così non possiamo non notare come il “sentire astrologico” che permeava intensamente la civiltà mesopotamica, nell’antica Roma viene avvertito come qualcosa di “greco”, di “orientale” e – dunque – di “corrosivo” che inquinava i sani costumi dei padri. Non che mathematici o caldei (così venivano detti gli astrologi) non esercitassero la loro arte in Roma, non che la loro disciplina non facesse sentire il suo peso anche sul potere costituito. Non manca, Giulio Cesare, di porre quale insegna delle sue legioni il Segno del Toro, dominato da Venere, genitrice della gens Iulia, alla quale apparteneva. Ed Augusto, nato sotto la Bilancia, si sceglie come segno “ufficiale” quello del Capricorno, significatore di stabilità, fermezza, successo, ma anche – come segno del solstizio d’inverno – considerato la “porta degli déi” (il processo di divinizzazione degli imperatori è cominciato). Vero è che più volte gli astrologi (e i maghi) vengono espulsi dall’Urbe e interdetti dal formulare pronostici riguardo “principi e potenti”; i quali ultimi, peraltro, non di rado erano anch’essi veri e propri praticanti dell’astrologia (vedi Tiberio). Con l’espandersi dell’impero e il cresciuto influsso delle province orientali (Grecia, Egitto), l’arte di Urania – è ovvio – si afferma notevolmente.

E tuttavia, la marcia in direzione opposta già era iniziata con l’avvento del cristianesimo. Ambiguità dei primi Padri della Chiesa: se prevalgono, in linea di principio, l’avversione e la condanna (per via dei richiami pagani della scienza celeste, intesa spesso quale invenzione del demonio), come dimenticare la cometa annunciatrice della Natività? E lo stesso Agostino, scettico come non mai nei confronti degli oroscopi, e timoroso di tutto quanto potesse colpire il libero arbitrio, concede tuttavia all’azione delle stelle il mutamento delle stagioni, l’origine delle maree e il comportamento di alcuni animali marini, come i ricci e le conchiglie. Il problema del libero arbitrio preoccupa anche San Tommaso d’Aquino (e siamo ormai al Medio Evo) che, peraltro, lo risolve elegantemente: gli astri esercitano una influenza sul mondo sublunare (il nostro) ma “toccano” solo il complesso psicofisico dell’uomo, non la sua volontà; egli pertanto, può correggere le inclinazioni celesti. Del resto, durante i c.d. secoli bui, l’astrologia tende a “cristianizzarsi” e chi non si mostrava “in linea” poteva finir male, sul rogo, come Cecco d’Ascoli, che si era permesso di tracciare l’oroscopo di Cristo. Vero è che all’Università di Bologna non mancava, dal 1125 una cattedra di astrologia e, tra gli studiosi, correva questo detto: “una laurea senza astrologia è come un occhio che non può vedere”. E Dante? Numerosi i riferimenti astrologici nella Commedia, ma maghi, indovini e astrologhi vengono messi all’Inferno. Insomma, anche se “puzzava di zolfo” e veniva vista con sospetto, l’astrologia non viene del tutto abbandonata.

Ma ecco un nuovo passo verso l’evidenza, anche questa volta con l’appoggio del potere. Con l’Umanesimo e il Rinascimento, l’astrologo è sì dottore di arti e scienze, ma anche cortigiano, consigliere del principe. Non pochi i cenacoli astrologici alle corti di Francia, Inghilterra, Boemia Austria, a Firenze, Milano, Ferrara…
Luca Gaurico (1476-1558), prima di diventare consigliere di Caterina de’ Medici, opera sotto i Papi Giulio II, Leone X, Clemente VII e Paolo III (Alessandro Farnese, cui aveva predetto l’elezione a Pontefice). Avversario dell’astrologia è Pico della Mirandola, mentre ne è un cultore il fisico, medico, matematico, filosofo Girolamo Cardano (1501-1576). Tra la fine del ‘400 e i primi del ‘500 opera l’astronomo polacco Nicolò Copernico (da lui il sistema copernicano – eliocentrico – peraltro già proposto da Aristarco di Samo nel III sec. a.C); da notare: lo scienziato redigeva oroscopi su commissione.

Come si vede, comincia ad affermarsi la scienza intesa in senso moderno, ma non per questo l’astrologia viene abbandonata. Astrologi erano anche l’astronomo danese Tycho Brahe (1546-1601) e il suo assistente Giovanni Keplero (1571-1630). Ben noto è l’oroscopo che quest’ultimo fece al duca di Wallenstein, prevedendone i successi militari e addirittura l’assassinio. E che dire di Galileo Galilei? Di lui ci sono rimasti molti documenti personali, compresi i conti delle spese e delle entrate, tra le quali se ne hanno alcune derivanti dalla stesura di oroscopi (Galilei prendeva 60 lire veneziane di allora e stese, tra gli altri, il tema di Ferdinando I, duca di Toscana). Anche Isaac Newton (1642-1727) conosceva e praticava l’astrologia e ad Edmund Halley (quello della cometa) che la denigrava, rispose: “Io l’ho studiata; voi no”.
Altra corsa, altro giro. L’allontanamento dell’astrologia dall’astronomia, che prima erano una cosa sola, avanza sempre più. Nel 1666 un editto del ministro francese Colbert istituisce l’Accademia delle Scienze ed esclude l’astrologia dagli insegnamenti ufficiali. E con l’Illuminismo del XVIII secolo essa viene decisamente inquadrata nella “storia della stupidità umana”. L’Enciclopedia di Diderot e D’Alembert pone l’astrologia giudiziaria, relativa alla previsione degli eventi, tra le superstizioni. E così l’arte astrologica sembra scomparire; ma non si spegne: si addormenta soltanto. E gli adepti, gli iniziati, i membri delle società segrete ne conservano e continuano la tradizione.

Il risveglio? Nel XIX secolo, quando – somma contraddizione – da un lato, sembra affermarsi una concezione razionalistica del mondo, mentre, dall’altro, urge l’esigenza dei Romantici – quanto mai sensibili alle corrispondenze tra micro e macro cosmo – di una piena libertà dagli schemi della ragione. Rilevante impulso agli studi astrologici si ha con la Fondazione della Società teosofica, nel 1875, da parte di Helena Petrovna Blavatsky. In Francia, Papus (Gerard d’Encausse, 1865-1910) fa convergere astrologia, teosofia, cabala, cartomanzia, ipnotismo e quant’altro in un unico “calderone” cui dà il nome di “occultismo”.

Per la prima parte del XX secolo si possono ricordare le figure di Elspeth Ebertin, astrologa di successo in Europa negli anni ’20-’30, nonché lo svizzero Ernst Krafft, l’”astrologo di Hitler”. E’ ancora nel 1930 che comincia, negli Stati Uniti, un programma radiofonico di astrologia affidato ad Evangelina Adams. Ed è partendo da qui che si è arrivati alle previsioni astrologiche sulle reti televisive pubbliche e private, come pure in internet. L’astrologia torna, si può dire, “alla grande”. Ma all’insegna della “quantità” (la quale, come ben sappiamo, non sempre si coniuga con la “qualità”).

Una spinta in qualche modo “colta” è poi offerta all’astrologia dal non sempre cristallino movimento New Age, che l’ha inserita in un quadro “olistico” insieme ad altre discipline volte all’ampliamento della coscienza. Vero è che, secondo una concezione tradizionale, l’astrologia è una branca della Scienza Sacra, un Sapere globale che spiega tutti i fenomeni dell’universo. E il sacro – si sa – non può esaurirsi e sempre, in un modo o nell’altro, si manifesta nel tempo e nella storia. Ecco perché l’astrologia non potrà mai morire. Tutt’al più può sonnecchiare, porsi in disparte e aspettare che torni il suo momento (le stelle – si sa – girano, come la Ruota della Fortuna). E d’altra parte, anche solo restando alla funzione meno “nobile” dell’astrologia, quella previsionale, potrà mai cessare il desiderio di conoscere il futuro?

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