Mentre all’interno della categoria si è aperto il dibattito, tra chi chiede di riprendere subito la discussione parlamentare della riforma dell’ordinamento forense e chi vorrebbe le dimissioni del presidente del Cnf, uno studio Ires-Cgil conferma che i professionisti in genere fanno fatica ad arrivare a fine mese e non si sentono rappresentati dai loro vertici istituzionali.

È arrivata la decisione dei giudici amministrativi che hanno infranto i sogni di quanti pensavano che il prossimo 30 giugno sarebbe entrato in vigore il regolamento sulle specializzazioni forensi approvato dal Consiglio nazionale forense il 24 settembre 2010.
La prima sezione del Tar del Lazio, presieduta da Giorgio Giovannini, ha accolto i tre ricorsi proposti da 70 avvocati che sostenevano l’illegittimità del “Regolamento per il riconoscimento del titolo di avvocato specialista” in quanto il Cnf, senza alcuna base normativa, avrebbe realizzato una vera e propria riforma dell’ordinamento professionale. Secondo la sentenza (leggibile tra i documenti correlati) «la materia è riservata al legislatore statale» e questo non ha riformato direttamente l’ordinamento della professione forense prevedendo l’istituto delle specializzazioni «né ha attribuito al Cnf la competenza ad adottare in via regolamentare la disciplina delle specializzazioni della professione legale».

Le reazioni
Huston abbiamo un problema. Immediata la replica di Cnf che, prendendo atto della decisione ha sottolineato «la necessità di un regolamento sulle specializzazioni per qualificare la formazione professionale degli avvocati e per rispondere anche all’esigenza di natura deontologica di assicurare la massima tutela degli interessi degli assistiti». Il Consiglio ha poi invitato «Il Parlamento e il Governo a dare nuovo impulso alla riforma forense, che ormai langue da troppi mesi in commissione Giustizia alla Camera».
Sulla stessa lunghezza anche le Camere penali che hanno ribadito «l’esigenza per i cittadini di disporre di un avvocato forte e autorevole come solo un serio percorso di specializzazione può assicurare».
Dura invece la reazione dei sindacati di categoria. L’Associazione nazionale forense, ad esempio, ha chiesto al presidente del Cnf un atto di responsabilità presentando le sue dimissioni, dal momento che la sentenza del Tar è la conferma di quanto da sempre ripetuto non solo da Anf, ma anche dalla base dell’avvocatura che sull’argomento si era pronunciata chiaramente durante il Congresso di Genova.

La storia
In principio era la riforma forense. La categoria aspetta da oltre 70 anni la sua riforma e le specializzazioni sono un capitolo di questa. Le proposte di legge “viaggiano” in Parlamento da almeno dieci anni e vista la lentezza di Camera e Senato, il Consiglio nazionale forense lavora ad un proprio testo sulle specializzazioni, approvandolo il 24 settembre 2010. Un regolamento che però raccoglie numerose critiche, soprattutto da parte della base, come dimostra la mozione approvata al XXX Congresso nazionale di Genova a novembre del 2010 che chiede al Cnf il ritiro del documento. A favore del testo si dichiarano invece le associazioni specialistiche come l’Unione delle Camere penali, le Camere civili, i tributaristi che, a detta dei maligni, gestirebbero però il business dei corsi. Maligni che si scagliano contro una società creata proprio dalle associazioni specialistiche dal nome Gnosis Srl. Nata per gestire semplicemente la formazione secondo i diretti interessati, a scopo di lucro invece sempre secondo i maligni (sull’argomento vedi articolo di Golem del 19 marzo 2011).
Vero è che adesso la base chiede alle proprie rappresentanze di fare chiarezza. Di discutere di specializzazioni, perchè sembra universalmente riconosciuto che queste siano importanti per il futuro della professione, ma senza “ombre” che potrebbero continuare a far parlare chi ha l’animo più cattivo, con più chiarezza e trasparenza su società, bilanci e rapporti tra Consigli di amministrazione e formatori.

Chi ascolta la base?
«Professò, permettetemi un pensiero poetico», come Luigino in “Così parlò Bellavista” lasciamo un pensiero poetico anche noi: «occorre ascoltare la voce della base, perchè non sempre è inopportuna».
Ultimamente si parla molto delle difficoltà che la professione sta incontrando. I giovani che si avvicinano al mondo forense vengono definiti i nuovi poveri: sottopagati e sotto utilizzati, per mantenersi fanno fatica ad affrancarsi dalle famiglie d’origine.
Un recente studio della Ires-Cgil, conferma su amplia scala quello che Golem ha iniziato ad esaminare con l’articolo sui nuovi poveri del 26 maggio 2011.
Il rapporto, Professionisti: a quali condizioni? leggibile tra gli allegati, dice molte cose, tra le quali che tra i professionisti autonomi ha un giudizio negativo nei confronti del sistema ordinistico l’81% riguardo la mediazione con le istituzioni, l’86% riguardo l’accesso dei giovani alla professione, il 79% riguardo la regolazione della concorrenza, il 74% riguardo la certificazione delle competenze e l’80% sulla definizione degli standard retributivi.
Va comunque sottolineato che nel calderone ci sono tutti, avvocati, commercialisti, architetti, notai, ingegneri e via dicendo.
Infine, ancora una volta vogliamo sottolineare la nota dolente delle difficoltà economiche: un professionista su tre arriva a fine mese con molte difficoltà, mentre solo un professionista su quattro si dichiara tranquillo.
A queste difficoltà dovrebbe pensare chi riveste ruoli di rappresentanza prima di introdurre meccanismi di specializzazione che prevedono la frequenza di corsi economicamente impegnativi. Altrimenti avremo sempre avvocati figli di avvocati ricchi, dicendo definitivamente addio a quell’ascensore sociale che una società civile e democratica dovrebbe avere.

tar Lazio sentenza 5151/2011
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