In tempi di crisi, per racimolare qualche euro ci si adatta a fare tutto. Anche a rispondere su Internet a sondaggi di venti o trenta minuti, per una ricompensa di uno o due euro. Spesso, mentendo.
Toluna, Global Test Market, Alta Opinione, Foresta di Opinioni: sono solo alcuni dei panel che reclutano utenti del web proponendo loro sondaggi per conto di società di statistiche e aziende.

Toluna, per esempio, è un panel di ricerca che conta qualcosa come 4.8 milioni di iscritti in tutto il mondo, per un totale di quasi quaranta Paesi: uno dei più importanti fornitori di servizi di sondaggi e ricerche di mercato sul web, in costante crescita. Alta Opinione, invece, gestita da Research Now (società che si occupa di “registrazione online di gruppi di persone intenzionate a prendere parte a ricerche di mercato” e “vendita di servizi di ricerca”), convince i propri utenti dando loro “l’opportunità di influenzare lo sviluppo di nuovi prodotti e servizi”. Insomma, venendo pagati un euro per un sondaggio di venti minuti, si ha l’illusione di condizionare i programmi della grandi aziende mondiali. Come spiegano da Foresta d’Opinioni, far parte di questi panel “significa diventare membri di un ristretto gruppo di persone che rappresenta i consumatori di tutta la nazione. Come tali, il vostro parere è molto importante per le imprese, che contano su persone come voi, per poter pronosticare le idee vincenti per i prodotti del futuro”.

Ma cosa bisogna fare per guadagnare con i sondaggi on line? Semplicemente, iscriversi a uno di questi siti e fornire quante più informazioni personali possibili, così da poter ricevere sondaggi in linea con i profili ricercati. Già, perché – naturalmente – non tutti possono rispondere a ogni sondaggio: se Mtv vuole svolgere una ricerca tra i ragazzi tra i 18 e 25 anni, i trentenni saranno esclusi; se Ford intende comprendere i gusti di chi già possiede una Ford, escluderà tutti i possessori di una Fiat.
Una logica apparentemente semplice, che dà origine, tuttavia, ad alcune conseguenze discutibili.
La prima: un utente, se vuole partecipare, deve fornire dati relativi al proprio stato di salute (potrebbero essere utili, per esempio, per una ricerca sui prodotti usati dai diabetici), al proprio lavoro, all’utilizzo di prodotti tecnologici, automobili, videogames e cellulari, al possesso di conti in banca e assicurazioni sulla vita. Informazioni personali (e non di rado nel corso dei sondaggi vengono richiesti anche dati sensibili come l’orientamento sessuale o la religione di appartenenza), che – viene garantito – sono trattati in maniera del tutto anonima: ma intanto sono a disposizione delle società.

La seconda conseguenza è, in realtà, potenzialmente molto più grave, in quanto compromette la veridicità dei sondaggi: e cioè, una persona potrebbe fornire informazioni deliberatamente non veritiere per partecipare a più sondaggi, e, quindi, guadagnare di più. E’ vero, il panel chiede ai propri utenti risposte sincere e serie: ma poi chi controlla che sia veramente così? Non è possibile avere riscontri concreti sulla veridicità delle risposte fornite: e se uno studente di diciotto anni – solo per guadagnare i 75 centesimi concessi al completamento del sondaggio – si finge un manager di una compagnia internazionale che negli ultimi dodici mesi ha acquistato gioielli, profumi e vestiti di lusso, nessuno verrà mai a saperlo.
L’incrocio di due esigenze (da una parte le società e le aziende che attraverso sondaggi remunerati provano a conoscere l’opinione delle persone, dall’altra le persone stesse, che attraverso tali sondaggi vedono l’opportunità di ricevere qualche soldino), dunque, è in apparenza positivo, ma in realtà spesso finisce per dare origine a risultati fasulli.

D’altra parte, come si può davvero pensare che una persona che negli ultimi dodici mesi ha alloggiato all’Hilton Hotel (giusto per fare un esempio) perda mezz’ora del proprio tempo per guadagnare settanta centesimi rispondendo a un sondaggio relativo a quell’alloggio? E’ evidente che il mondo dei sondaggi on line è popolato soprattutto da casalinghe, pensionati, studenti, persone momentaneamente disoccupate che si dedicano a questa attività, pur sapendo che i guadagni ottenuti sono risicatissimi. Allora, sarebbe il caso di intervenire sui sondaggi stessi: intervistando le persone dal vivo, per esempio, o aumentando i pagamenti di chi risponde. O, più semplicemente, riflettendo sulla loro reale affidabilità.
Perché in tempi di crisi per racimolare qualche euro ci si adatta a far tutto. Anche a fingersi un’altra persona, e a compromettere l’attendibilità delle ricerche di mercato.

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