Da settimane le truppe di Bashar Assad avanzano verso le regioni controllate dai ribelli spingendo il regime a pensare di aver ormai vinto la guerra. Assad infatti ha accettato di partecipare alla Conferenza internazionale, voluta da Russia e Stati Uniti, denominata Ginevra 2, volta a trovare una soluzione politica della crisi, perché convinto di andarci da una posizione di forza.

Per questo l’opposizione non ha ancora trovato una posizione comune con la quale andare alla Conferenza, spingendo la Comunità internazionale a decidere lo slittamento dei lavori. Ma cos’è che sta dando forza alle truppe del regime di Assad e alle milizie sciite libanesi Hezbollah che combattono sul campo? Da tempo i miliziani ribelli sono costretti a ritirarsi dalle loro postazioni in quanto i loro capi sono impegnati a combattere altri nemici che sono i loro stessi ex alleati. E’ guerra di tutti contro tutti infatti nei territori in mano ai ribelli, soprattutto quelli del nord del paese,  con milizie islamiche che si fanno concorrenza tra loro, sfiorando più volte lo scontro, e con ribelli curdi e siriani laici che fanno a gara per il controllo delle aree petrolifere, mentre i curdi combattono con i jihadisti lungo il confine con la Turchia per impedire che arrivino loro i soldi e le armi dei ricchi paesi del Golfo.
 
La divisione che ha fatto più clamore è quella sorta in settimana tra le fila dei miliziani jihadisti. Fonti dell’opposizione siriana ritengono che a breve inizieranno scontri armati tra i vari gruppi affiliati ad al Qaeda in Siria.  A causare questo possibile conflitto è il proclama diffuso la scorsa settimana dal leader di al Qaeda, Ayman al Zawahiri, il quale in una registrazione ha tacciato come “sbagliata” la decisione di Abu Bakr al Baghdadi di creare il cosiddetto “Stato islamico di Iraq e Siria”, dichiarando come legittima l’esistenza solo del gruppo concorrente sorto in precedenza in Siria, il Fronte di Salvezza, guidato da Abu Muhammad al Golani. Secondo queste fonti, citate dal quotidiano arabo “al Hayat”, i combattenti dei due gruppi armati che controllano importanti villaggi nella parte nord-est della Siria, potrebbero iniziare a combattersi tra loro rompendo l’alleanza che li ha caratterizzati negli ultimi mesi. Questo perché, in seguito alla fatwa emanata da al Zawahiri, “è atteso un esodo di miliziani che dallo Stato islamico dovrebbero spostarsi verso il Fronte di Salvezza, spingendo quest’ultimo gruppo ad attaccare i miliziani rimasti fedeli ad Abu Bakr al Baghdadi, in modo da permettere ad al Golani di fare fuori definitivamente il suo rivale in Siria”.
 
Il proclama del medico egiziano è stato diffuso dopo mesi di tensioni e scontri intestini tra i combattenti di entrambe i gruppi islamici, in particolare dopo che i combattenti dello Stato islamico di Iraq e Siria hanno di recente assaltato alcuni depositi di munizioni e armi nei dintorni di al Hasaka per permettere agli uomini di al Baghdadi di armarsi per poi attaccare le truppe di Assad e contro le milizie curde nell’est del paese. Al momento si stima che i combattenti dello Stato islamico siano circa 8 mila, il 60 per cento dei quali si origine siriana e che a guidarli operativamente in Siria sia Abu Mohammed al Adnani. La loro sede centrale si trova nel villaggio di Al Dana, nella provincia di Idlib, mentre un’altra sede importante si trova nel palazzo del governatorato di al Raqqa. Lo Stato islamico ha anche requisito l’ospedale usato dal Fronte di Salvezza di al Ayoun ad Aleppo per farne una sede amministrativa.
 
Dall’altra parte invece abbiamo il trentenne al Golani, il cui soprannome è anche Abu Mohammed al Fatih, il quale proviene dalla provincia di Damasco. Ha fondato il Fronte nel maggio del 2011, dopo lo scoppio della primavera araba, anche se ha già una lunga esperienza jihadista. Ha iniziato la sua attività di terrorista nel 2003, essendo il responsabile della via usata dai volontari jihadisti che dalla Siria si spostavano in Iraq per unirsi ad al Qaeda, su incarico proprio di al Baghdadi. Ritornando allo scontro tra gruppi jihadisti in Siria, non promette bene la reazione di al Baghdadi che, in una registrazione audio diffusa in internet, ha chiesto ai suoi uomini di non ascoltare le parole di al Zawahiri. Dallo scorso aprile, quando è nato lo stato islamico, si calcola che solo ad Idlib il 70 per cento dei combattenti del Fronte di Salvezza abbiano lasciato al Golani per unirsi agli uomini di al Baghdadi, ma ora dopo il proclama di al Zawahiri si attende quali saranno le loro mosse.
 
Al Baghdadi prende tempo però, prima di iniziare uno scontro aperto con i suoi ex alleati del Fronte di Salvezza, perché è appena uscito sconfitto da una serie di combattimenti con le milizie curde che hanno sventato il suo tentativo di impossessarsi dei valichi di frontiera con la Turchia, necessari per ricevere gli approvvigionamenti dall’estero. Dopo aver finito con i jihadisti, i curdi a loro volta ora rischiano di doversela vedere con l’Esercito siriano libero, che fa capo all’opposizione laica. E’ infatti scontro aperto tra la Coalizione nazionale dell’opposizione siriana e l’Unione democratica curda, anche loro fino a ieri alleati nella lotta contro il regime di Assad, per il controllo dei villaggi nel nord della Siria. Il gruppo di opposizione ha accusato i suoi ex alleati curdi di essere diventati nemici della rivoluzione, in particolare dopo l’annuncio della creazione di un’amministrazione autonoma dei villaggi curdi nel nord della Siria che minaccia di fatto l’esistenza del governo dell’opposizione siriana, i cui ministri sono stati scelti proprio pochi giorni fa a Istanbul. La Coalizione accusa il partito curdo, che rappresenta la sezione siriana del Pkk turco, di “sostenere di fatto il regime siriano attraverso le sue milizie note come le Forze di difesa del popolo curdo che va contro gli interessi del popolo siriano”.
 
Intanto la nuova amministrazione autonoma delle regioni curde in Siria, proclamata l’altro ieri dall’Unione democratica curda, è a sua volta minata dalle divisioni interne esistenti tra i gruppi curdi in Siria e nel resto della regione. La nuova amministrazione è guidata dall’Unione democratica (Pyd), che rappresenta il partito di maggioranza dei curdi siriani, e da altri piccoli partiti locali, ma non comprende tutto il Consiglio nazionale curdo che invece ha al suo interno un gran numero di formazioni politiche curde siriane. Ci sono altri partiti curdi che non fanno parte della nuova amministrazione autonoma e nutrono forti dubbi sulla riuscita di questa iniziativa. La nuova amministrazione curda ha diviso la regione da loro controllata del nord della Siria in tre cantoni. Si tratta delle aree dalle quali a metà del 2012 si sono ritirate le truppe di Assad.
 
Il Partito progressista democratico curdo, guidato da al Hamid Darwish, ha deciso di non far parte della nuova amministrazione curda siriana. Secondo il suo vice, Ali Shamdid, “il Pyd si è mosso in modo autonomo e gestisce questa nuova amministrazione da sola, mettendo da parte gli altri partiti. Noi riteniamo invece che sia importante in questo momento restare uniti perché stiamo vivendo una fase decisiva per la nostra storia”. L’attivista curdo ha spiegato: “In linea di principio non siamo contro la costituzione della nuova amministrazione, ma siamo contro il modo con la quale è stata
formata da parte del Pyd e riteniamo che bisogna ritornare allo spirito di cooperazione degli accordi di Erbil”. Il partito di Shamdid fa parte della Coalizione nazionale siriana dell’opposizione, e pur “non volendo scontrarci con il Pyd contestiamo la loro politica”. Intanto lo scontro tra la Coalizione nazionale siriana dell’opposizione e l’Unione democratica curda (Pyd) non riguarda solo la politica ma soprattutto l’economia. Tra le due formazioni è in corso una contesa sul controllo di una ricca zona petrolifera del nord della Siria.
 
All’opposizione siriana non bastano infatti i soldi promessi dai paesi amici, come i 300 milioni di dollari dell’Arabia Saudita e gli 80 del fondo del gruppo di paesi “amici della Siria”. I ribelli necessitano di fondi propri ed è per questo che da alcuni mesi le province del nord e dell’est della Siria sono teatro di uno scontro interno tra gli oppositori con milizie curde che combattono quelle jihadiste di al Qaeda, da un lato, e con milizie dello Stato islamico di Iraq e Siria e Fronte di Salvezza, dall’altro, che combattono contro curdi e Esercito libero dell’opposizione.

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