In Italia, in Europa, nel mondo, esiste un’emergenza di cui nessuno (o quasi) parla: è la zooerastia, cioè la pratica di avere rapporti sessuali con animali. Come evidenzia Lucia Penna, psicologa specializzata in Pet Therapy, nel 2010 l’Aidaa (Associazione Italiana Difesa Animali e Ambiente) ha individuato su Internet “circa 7mila annunci di persone in cerca di sesso con animali, delle quali 1200 provenienti da donne”: il fenomeno, dunque, appare più diffuso di quanto si possa pensare, in Italia e nel resto del mondo.

Non solo in Paesi come la Turchia (dove esistono numerose fosse comuni in cui gli animali – soprattutto cani – vengono gettati dopo essere stati violentati e uccisi), ma anche negli Stati Uniti (dove, sottolinea Penna, “nel 2011 il Senato ha legalizzato la zoofilia nell’esercito”) o in Germania, dove “esiste una legge che vieta la diffusione di materiale pornografico relativo agli animali, ma la violenza in sé resta legale: su diversi siti tedeschi viene illustrato come ‘approcciare’ un animale e quali specie sono più ‘adatte’ per le pratiche sessuali, anche se non si manca di sottolineare – assurdamente – l’importanza di ‘rispettare il volere dell’animale per non essere crudeli’”.
Nel Borneo Indonesiano, addirittura, è desiderio di molti uomini dominare sessualmente esemplari di Orangutan, che quindi vengono legati lungo il ciglio della strada come vere e proprie prostitute, in attesa di ‘clienti’. Tristemente nota è diventata, un anno fa, la storia di Pony, una femmina di Orangutan che veniva violentata tutti i giorni e che è stata trovata truccata, vestita e imparruccata con piaghe e ferite sul corpo dovute alle rasature cui veniva sottoposta quasi quotidianamente.

E in Italia? Attualmente nel nostro Paese, sottolinea Penna, “non esiste una legge precisa che vieti e punisca la zoofilia, benché si senta parlare spesso di abusi su animali”. In questo vuoto normativo, “gli zoofili ne approfittano per chiedere che la loro pratica venga legalizzata: vogliono, insomma, poter disporre dell’animale-oggetto in totale libertà”.

Michael Kiok, esponente degli Zeta (Zoophile Engagement for Tolerance and Information), è impegnato nel mantenere legale (attenzione: non legalizzare, ma mantenere legale) il sesso con gli animali nel suo Paese, la Germania. Secondo gli Zeta, questa battaglia di liberalizzazione è paragonabile a quella sostenuta dagli omosessuali per i propri diritti, visto che la zoofilia, secondo loro, “non è un feticcio, ma un orientamento, uno stile di vita”.

Ma la zooerastia può definirsi una patologia? “A meno che non sia caratterizzata da compulsività e vada a danneggiare in maniera evidente altre aree di funzionamento del soggetto – spiega Lucia Penna – non si tratta di una psicopatologia. Il disturbo viene diagnosticato, secondo il DSM-IV-TR (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali – IV Edition  -Text Revision), solo se si riscontrano per almeno sei mesi nell’individuo impulsi sessuali (indirizzati agli animali) frequenti e particolarmente eccitanti, che determinino comportamenti sessuali in grado di provocare un evidente disagio clinico o danneggino la socialità della persona. Come accade per le altre parafilie, il trattamento della zoofilia purtroppo si rivela molto difficile, soprattutto dopo che nella persona si sono già innescati processi difensivi che portano a negare il carattere patologico della condotta comportamentale: di conseguenza, risulta complicato instaurare un’alleanza terapeutica. L’intervento curativo, insomma, nella maggior parte dei casi è piuttosto lungo e tortuoso, essendo psicofarmacologico, psicoterapico e sociale”.

Ma come si può impegnare attivamente per contrastare il fenomeno? Secondo Penna, “più che puntare sulla cura, quando ormai il danno è stato compiuto e l’abuso nei riguardi degli animali è stato perpetrato, io prendere in considerazione la prevenzione. Si potrebbero progettare dei programmi di prevenzione dei comportamenti devianti attraverso la promozione della cultura animalista in ambito scolastico. Naturalmente, è fondamentale segnalare i casi di abuso alle forze dell’ordine ed eventualmente ad associazioni animaliste: non va dimenticato il fatto che chi fa del male agli animali potrebbe farlo anche (o lo ha già fatto) a soggetti vulnerabili come bambini, donne, anziani e/o disabili, cioè persone che non hanno la capacità di difendersi”.

Per favorire la protezione degli animali abusati, inoltre, l’Aidaa ha istituito il Telefono Arancione, un servizio che permette di denunciare, anche in forma anonima, eventuali situazioni di zooerastia riscontrate, chiamando al numero 392 6552051 o spedendo una mail a segnalazionereati@libero.it.
In Italia esiste anche un gruppo chiamato Le guerriere saranno l’urlo animale, nato per far conoscere e contrastare la zooerastia e, con il sostegno dell’associazione Feder F.I.D.A. ONLUS (Federazione Italiana Diritti Animali), si batte per ottenere leggi più severe sulla tutela degli animali attraverso la petizione ‘Stop bestiality’ finalizzata a far sì che questa pratica barbara venga contemplata e punita dall’articolo 544-ter del codice penale.

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