La settimana scorsa si dichiarava che non ci sarebbero stati per il momento provvedimenti riguardanti le liberalizzazioni. Poi è arrivato il decreto Monti che è andato molto più in là della legge di stabilità e all’articolo 33 prevede la soppressione degli Ordini che entro il 13 agosto 2012 non uniformeranno le proprie regole alle novità introdotte dalla manovra di ferragosto. Gli avvocati hanno alzato la voce.

Maurizio De Tilla ha ripreso a parlare di aggressione nei confronti degli avvocati, Il presidente del Cnf, Guido Alpa di comportamenti schizofrenici, Dario Greco dei giovani avvocati di riforma illogica. Ma lo scoglio più grosso viene dal Servizio studi del Parlamento.

Mentre la Camera si appresta a discutere il decreto Monti o Salva-Italia, mentre si cerca di capire che ne sarà delle Province, del prelievo sui fondi scudati, l’attenzione dei professionisti è rivolta all’articolo 33 del provvedimento che annuncia: se entro il 13 agosto 2012 (i famosi 12 mesi stabiliti dalla manovra di ferragosto) non saranno stati scritti i singoli ordinamenti professionali adeguandoli appunto alla manovra estiva, le norme vigenti dovranno essere considerate immediatamente decadute.
Una frase che è caduta come un macigno sulla testa dei professionisti che, pur sperando nel dialogo con il nuovo esecutivo, sono sempre rimasti cauti rispetto ad un presidente del Consiglio da sempre molto aperto alle liberalizzazioni e ad un sottosegretario alla presidenza come Antonio Catricalà altrettanto aperto alle riforme in questo senso.
Per il presidente del Coordinamento unitario delle professioni, Marina Calderone «gli ordini il loro lavoro l’hanno fatto: le proposte rispetto alle aree d’intervento previste dalla legge delega sono state già presentate. Ora tocca al governo scrivere la riforma». Resta il fatto che chiudere entro agosto potrebbe essere molto difficile, per questo il Cup ha chiesto un incontro urgentissimo con l’esecutivo affinché sia stilata una tabella di marcia e venga avviato immediatamente il confronto perché l’estate potrebbe arrivare prima di quanto si creda.
«Siamo molto preoccupati – ha detto il presidente dell’Associazione italiana giovani avvocati Dario Greco – la riforma degli ordinamenti professionali e di quello Forense sono una precisa responsabilità del Governo e del Parlamento e non si può sanzionare l’inerzia del legislatore con l’abrogazione di tutte le norme oggi esistenti». Per Greco poi non si tratterebbe di «liberalizzazioni ma di scelleratezza legislativa».
Il presidente del Consiglio nazionale forense, Guido Alpa ha invitato l’esecutivo a riprendere la riforma dell’ordinamento forense in discussione in Parlamento ricordando anche che «le riforme si fanno con regole chiare e in ossequio dei principi costituzionali». Per questo Alpa ha invitato il legislatore a mettere da parte le norme irragionevoli messe in campo da questa estate ad oggi rinnovando anche la disponibilità e l’apertura al dialogo del mondo forense.
Chi è invece un po’ meno propenso al dialogo è il presidente dell’Organismo unitario dell’Avvocatura, Maurizio De Tilla, che ha “promesso” un ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo. «Non c’è solo la concorrenza – ha detto De Tilla – ma anche il rispetto della Costituzione e il decreto salva Italia attacca senza ragione le professioni».
L’Unione delle Camere penali parla di norma ghigliottina e accusa il Governo di “mettere con le spalle al muro l’avvocatura” non sensa sottolineare le dichiarazioni opposte fatte dal Guardasigilli e dal premier poche ore prima della manovra contenente l’articolo fatidico. «Se il Governo vuole veramente riformare la professione forense – riporta il comunicato delle Camere penali – parta dalla riforma che è all’esame del parlamento».

Ma adesso la parola appunto passa al Parlamento e tanto per iniziare bene, sull’articolo 33 del decreto è caduta la tegola del dossier del servizio studi della Camera che, per quanto riguarda gli aspetti costituzionali del provvedimento rileva che qualche problemino ci sarebbe.
La legge di stabilità aveva previsto l’abrogazione dei vecchi ordinamenti al momento dell’entrata in vigore dei decreti di riforma imponendo per questi il termine di dodici mesi. Ora il decreto Monti ha addirittura pensato all’abrogazione tout court in caso di mancanza dei regolamenti, scelta che secondo il servizio studi andrebbe rivista prevedendo una «disciplina di transizione relativa alle funzioni attualmente svolte dagli ordini professionali, le quali hanno anche in diversi casi un rilievo pubblicistico». Questo incide sulla materia delle professioni che il terzo comma dell’articolo 117 della Costituzione attribuisce alla competenza concorrente di Stato e Regioni: «si interviene – dice il dossier, leggibile in allegato – sulla delegificazione degli ordinamenti professionali prevista dalla legge di stabilità per stabilire che, a prescindere dall’effettiva emanazione del regolamento di delegificazione, alla data del 13 agosto 2012 saranno abrogate tutte le disposizioni vigenti sugli ordinamenti professionali. Inoltre la disposizione richiede che la riforma degli ordinamenti professionali limiti a 18 mesi la durata massima del tirocinio, intervenendo su uno dei principi di delegificazione». Il testo continua poi che la materia delle professioni deve essere valutata alla luce del riparto costituzionale di competenze tra Stato e Regioni.
Il documento poi, per quanto riguarda la giurisprudenza, specifica anche che «sulla inidoneità della fonte regolamentare a dettare i principi fondamentali nelle materie di competenza concorrente si possono confrontare le sentenze della Corte costituzionale 92/2011 e 200/2009».
Le conclusioni sono quindi chiare: «occorre valutare se non si renda in tale ipotesi necessaria una disciplina di transizione relativa alle funzioni attualmente svolte dagli ordini professionali» altrimenti, aggiungiamo noi, potrebbe regnare sovrano il caos.

Dossier servizio studi Camera

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