Dal presidenzialismo virtuale al presidenzialismo reale. Questo il tema, di grande attualità, di cui si è discusso nel convegno organizzato martedì a Roma, presso la Sala capitolare del Senato, dalla Fondazione Italia Protagonista.
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Sul tema del convegno “Prossima fermata: Presidenzialismo. La riforme necessarie per andare avanti” si sono confrontati Maurizio Gasparri, Renato Schifani, Raffaele Fitto, Luciano Violante, Francesco Paolo Sisto, Giovanni Guzzetta, Anna Finocchiaro, Gaetano Quagliariello. Ha moderato il dibattito il vicedirettore del TG1 Gennaro Sangiuliano. I lavori sono stati aperti dal Vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri che ha posto l’attenzione sul fatto che l’unica grande democrazia occidentale che non ha attuato riforme significative, a parte il titolo V sul rapporto Stato –Regioni, è l’Italia. “La Francia, ha ricordato Gasparri,  è passata dalla IV alla V Repubblica con un sistema semipresidenziale che funziona, la Germania ha apportato modifiche significative all’assetto costituzionale dopo la tragica esperienza della seconda guerra mondiale. In Gran Bretagna è in atto una devolution per  l’autonomia della Scozia e del Galles. In Spagna la Costituzione risale agli anni ‘70, quindi molto recente. In Italia, invece, si discute di riformismo solo a parole, mai seguite dai fatti. Ci auguriamo, in questa legislatura, di portare a compimento quelle riforme che il nostro Paese esige. C’è bisogno di una riforma organica della Costituzione e la scelta presidenzialista cara alla destra non è più soltanto monopolio di questa area politica, anzi non lo è mai stata, perché già i nostri Padri Costituenti, come Piero Calamandrei e Leo Valiani, parlavano di presidenzialismo”.

Per il Vicepresidente del Senato, il presidenzialismo non deve essere visto come un attentato alla democrazia ed alla partecipazione. “La Francia e gli Stati Uniti, ha concluso infatti Gasparri, ne sono un esempio: sono due sistemi presidenziali diversi ma con una compiuta democrazia. La Costituzione italiana risente dei pericoli del regime totalitario, ma oggi c’è bisogno una evoluzione del sistema costituzionale. La stessa rielezione di Napolitano, nel momento della crisi, è stata uno spot del presidenzialismo. La scelta del presidenzialismo comporta, di conseguenza, il bipolarismo e ci auguriamo che il parlamento e la politica si assumano la responsabilità di attuare una democrazia diretta non virtuale ma sostanziale”.

presidenzialismo 1Sul mito dell’inviolabilità della Costituzione italiana si è soffermato anche il capogruppo dei senatori del Pdl Renato Schifani. “La nostra Costituzione è modificabile, ha affermato Schifani, non è un totem intoccabile e lo dimostra il fatto che in passato il presidenzialismo era demonizzato mentre nella fase attuale, nella crisi del modello di governo attuale, i poteri presidenziali si sono sostanzialmente rafforzati. Il nostro sistema necessita di una nuova forma di governo per dare stabilità al Paese. Ho apprezzato le aperture del Partito Democratico nel dibattito sulle riforme costituzionali, ma bisogna interrogarsi su quale forma di presidenzialismo adottare. Quello americano lo ritengo troppo spinto, il sistema moderato francese con doppio turno non so se sia adatto alla situazione italiana vista la disaffezione al voto degli elettori, dimostrata di recente”. Per Schifani, infatti il rischio che si corre è quello di avere una rappresentanza bassissima, come è accaduto recentemente a livello locale. E per riportare gli italiani al voto, dopo la grande crisi della politica, per il capogruppo del Pdl in Senato, il presidenzialismo può essere la vera svolta per la stabilità del Paese. “Ma, ha ribadito Schifani, c’è necessariamente bisogno anche della riforma del parlamento e la bicameralina, che sarà votata in aula la settimana prossima, è un’occasione storica importante in una legislatura che appare spesso precaria, per un governo anomalo, che, dopo l’estate e l’autunno, in cui saremo impegnati sui temi cruciali dell’economia, dovrà necessariamente avviare le riforme costituzionali”.  

L’onorevole del Pd Luciano Violante, che fa parte dei saggi, ha gettato acqua sul fuoco affermando che non esistono forme di governo perfetto. “ Ci sono molti Paesi, ha detto Violante, come gli Usa, la Francia, la stessa Romania, che hanno subito il fascino dell’elezione diretta del Presidente della Repubblica. Certamente il presidenzialismo evoca stabilità e comando politico, tuttavia la revisione della seconda parte della Costituzione non può prescindere da almeno una decina di leggi di sostegno, come ad esempio quella sui costi delle campagne elettorali o sul conflitto di interesse”. Violante si è anche soffermato sul fatto che il Presidente del Consiglio ha molti poteri, molti più di quelli che aveva in passato, per il peso degli impegni internazionali ai quali partecipa. Inoltre per il deputato del Pd la fase inziale di questa legislatura è stata la dimostrazione che il parlamentarismo non funziona e che bisogna trovare soluzioni più adatte per l’Italia. “Saremo in grado di farlo? Forse, ha concluso Violante, sarebbe meglio un premierato forte, con la Camera che dà la fiducia al solo presidente del Consiglio, che magari dispone del potere di scioglimento, e ha il diritto di ottenere tempi certi per l’approvazione dei provvedimenti”.  

Convinto sostenitore del presidenzialismo l’Onorevole del Pdl Raffaele Fitto che si è soffermato sulla crisi istituzionale, politica ed economica che si sta vivendo in Italia, evidenziando il distacco dei cittadini dalla politica. “Il Paese, ha sottolineato Fitto, ha vissuto una fase di instabilità politica che ha inciso ed incide sulle grandi questioni del nostro Paese. Le parole chiave devono essere modernizzazione, parlare al cittadino il modo diretto e renderlo protagonista reale della vita politica per recuperare la credibilità persa con i cittadini. Tutto questo è possibile farlo attraverso forme di elezione diretta. Ovviamente c’è bisogno di bilanciamento, controlli e garanzie rafforzati al massimo”. Per Fitto la bicameralina è un successo ma, riferendosi al caso dell’Ilva, ha dichiarato con fermezza “non vedo perché si debbano escludere dalla discussione il titolo IV e V della Costituzione, quelli della Magistratura e della Corte costituzionale. È indispensabile affrontare queste questioni con chiarezza perché il problema giustizia in Italia esiste”.

Per Francesco Paolo Sisto, presidente della commissione Affari Costituzionali della Camera, “le riforme costituzionali sono importanti ma penso che in questo momento la priorità siano gli interventi sull’economia. La riforma deve tenere conto della centralità del Parlamento e deve essere coerente con la nostra Costituzione. Ha ragione Fitto per la grande incognita che rappresenta il problema della giustizia. Un vulnus per la riforma, problema difficile nel nostro Paese. I fatti hanno dimostrato lo straordinario presidenzialismo de facto di Napolitano, propter personam, che ha un peso enorme e rende inevitabile il percorso di riforme della legge elettorale successiva all’individuazione del modello di governo migliore per il nostro Paese”.

Anche per il professore Giovanni Guzzetta, Presidente del comitato “Scegliamoci la Repubblica”, sono caduti i tabù che rendevano impossibile il dibattito sul presidenzialismo. “Sarebbe un peccato non fare le riforme in questo preciso momento storico. Se guardiamo alla storia, la Costituzione ha realizzato il suo progetto iniziale, finalizzato alla sopravvivenza del Paese reduce dalla seconda guerra mondiale, ma ora ha il nostro dovere è quello di fare un passo avanti con la riforma della legge elettorale”. Guzzetta ha ricordato che il comitato che presiede si è mobilitato per la presentazione della proposta di legge di iniziativa popolare per l’elezione diretta del capo dello Stato sul modello francese, l’eliminazione del bicameralismo, la riduzione dei parlamentari e la riforma della legge elettorale in senso uninominale a doppio turno. “Questa mobilitazione, ha concluso il giurista, sono la testimonianza della presa di coscienza dei cittadini, che una riforma organica della nostra Costituzione è l’unica possibilità che abbiamo per tirare fuori dalle secche dell’immobilismo istituzionale il nostro Paese. Una riforma che o sarà in senso presidenziale oppure non risponderà alle esigenze e alle aspettative della maggioranza degli italiani”.

La presidente della commissione affari costituzionali del Senato Anna Finocchiaro ha il iniziato il suo intervento annunciando l’approvazione in commissione del disegno di legge costituzionale per l’istituzione del Comitato parlamentare per le riforme costituzionali e del connesso ddl n. 343 che propone l’istituzione di una Commissione parlamentare per le riforme costituzionali. L’inizio dell’esame in Assemblea è previsto per l’8 luglio.  “Il testo, ha affermato con soddisfazione la Finocchiaro, è stato largamente condiviso ma bisogna partire dalla realtà per valutare il modello migliore di governo del Paese. Purtroppo le ondate di antipolitica, i continui attacchi  ai costi della politica, la delegittimazione delle istituzioni sono segnali pericolosi ma che devono far riflettere. Senza classi dirigenti autorevoli non possono esserci assemblee elettive autorevoli. La mancanza di autorevolezza e funzione del parlamento è stata addebitata al porcellum, ma non è solo questo il nodo da sciogliere, perché spesso mancano politici autorevoli, di spessore”. Per la Finocchiaro il tempo delle chiacchiere è finito ed ora serve un salto di qualità. “Non ci sono più prove di appello altrimenti precipiteremo il Paese in una situazione difficile, abbiamo il dovere di fare le riforme ora e questa alleanza inedita di governo politico si è prefissato questo difficile compito”.

Anche il Ministro per le Riforme, Gaetano Quagliariello si mostrato soddisfatto per i lavori della prima commissione. “Il Paese, ha detto, paga un alto prezzo economico e politico per non aver fatto le riforme. L’incapacità delle forze politiche di modificare le istituzioni e la legge elettorale, il rinnovo del presidente della repubblica per Napolitano nella grave situazione di allarme ed emergenza impongono che compito fondamentale della politica siano le riforme costituzionali e la legge elettorale che va scelta insieme alla forma di governo”. Anche per Quagliariello va affrontata la questione della magistratura e della Corte costituzionale. “La Cassazione ha portato la legge elettorale vigente di fronte alla Corte costituzionale, dunque in questo momento oggettivamente non abbiamo una legge che ci consenta di andare a votare, perché tutti converranno sui rischi di andare a votare con una legge sotto giudizio di costituzionalità che avrebbe l’effetto di delegittimare il Parlamento entrante” e “poiché la fisiologia di un sistema politico è avere sempre a disposizione una legge perché in un Paese può accadere qualsiasi cosa, ha spiegato il ministro, il governo dice: se le forze politiche in Parlamento trovano un accordo su una clausola di salvaguardia che risponda ai rilievi di costituzionalità da più parte formulati e ripristini la fisiologia, come peraltro sempre chiesto dal Pdl, bene. In caso contrario, il governo può solo sollecitare una rapida scelta sulla forma di governo in base alla quale definire la legge elettorale definitiva. A me sembrano cose ovvie, così evidenti che uno dovrebbe evitare di dirle. E mi sembrava, ha ribadito il ministro per le Riforme, che la convergenza del governo su una posizione che è sempre stata del Pdl fosse da rivendicare come un successo”. Quagliariello ha anche sottolineato che “è stato raggiunto l’obiettivo di far prevalere nel governo una posizione emersa in approfondite discussioni interne al mio partito, alla presenza anche del presidente Berlusconi e del segretario Alfano. Mi sembra molto importante, ha concluso il Ministro, che il governo, fin dai tempi di Spineto, abbia detto: stavolta la legge elettorale a regime la scegliamo insieme alla forma di governo, e la facciamo con la riforma complessiva delle istituzioni”.

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