Come accadeva un tempo, e come non accade più da anni (da quando l’informazione informa se stessa soltanto attraverso internet, i social network e quell’aberrazione che si chiama social report) la storia che pubblichiamo è stata scoperta e verificata dal collega Bruno Rossi che non si è procurato le notizie attraverso wikipedia o i forum in rete, ma indagando di persona come un giornalista dovrebbe sempre fare (e come fanno i collaboratori di Goleminformazione.it). Questa premessa è necessaria a beneficio del vicequestore dirigente del commissariato di polizia Santa Viola, nella cui giurisdizione rientra il posto di PS del Malpighi, e del questore di Bologna: è inutile che tentino di smentire o precisare. Le cose stanno così e basta. In particolare è falso che in casi come questi la polizia non possa intervenire in assenza di denuncia. Ciò che accade al Malpighi è qualificabile, quantomeno, come molestie: un reato contravvenzionale procedibile d’ufficio per il quale il codice penale prevede, fin dal 1930, l’arresto fino a 6 mesi. Per giunta, dal momento che in alcuni casi il personale dell’ospedale è costretto a interrompere il lavoro per tentare di cacciare i molestatori, si potrebbe configurare anche l’interruzione di pubblico servizio. E pure in questo caso non c’è bisogno di alcuna denuncia. Ad ogni buon conto, più in generale, la polizia non esiste solo per caricare gli studenti in corteo, ma anche – e soprattutto – per prevenire situazioni del genere. Basterebbe, caro signor vicequestore e caro signor questore, disporre che per una settimana, non di più, un agente di polizia si faccia un giro, nelle ore “canoniche”, nella sala d’attesa dell’ambulatorio di urologia dell’ospedale Malpighi. Inoltre, dal momento che l’ospedale rientra nel Policlinico, e il Policlinico rientra nell’Università, la prestigiosa Università di Bologna, basterebbe che il Rettore (Magnifico, si dice) invii una banale comunicazione alla questura di Bologna. Evidentemente anche il Rettore però pensa che sia necessaria una denuncia… Un’ultima cosa: visto che la storia va avanti da quattro anni ci sarebbe anche un’omissione di atti d’ufficio (sempre perché le molestie sono perseguibili, appunto, d’ufficio) (robor)

Questa, una volta tanto, non è una storia di malasanità, anche se si verifica in un ospedale, ma è comunque una brutta storia lo stesso accaduta in uno dei policlinici d’Italia d’eccellenza: il “S.Orsola-Malpighi” di Bologna. Quello che segue è il fatto al quale abbiamo assistito.

Marco F. è seduto in attesa che il display del computer scatti sul suo numero di prenotazione. Inganna la noiosa attesa sfogliando un quotidiano . Si avvicina un ragazzo di colore che, con un sorriso accattivante, gli porge, silenzioso, una busta. Marco distratto, lì per lì non capisce, poi pensa che sarà uno dei tanti modi per chiedere un’offerta, a volte si incontrano sui treni o nelle piazze affollate e prende la busta senza badarci molto. La leggerà dopo. Il ragazzo però insiste. Riprende la busta dalle mani di Marco che stava per infilarla nella tasca e gliela apre facendogli capire che vuole un po’ di soldi. Marco si scuote di dosso l’aria annoiata e, anche per liberarsi dalla seccatura, prende qualche spicciolo e glielo dà. Però il ragazzo insiste ancora invitandolo, a gesti, a leggere con attenzione la scritta stampata sulla busta: “Noi studenti africani dell’associazione XY abbiamo lanciato una raccolta di fondi per trovare un appartamento…”. Devono raggiungere 5mila euro. Marco pentitosi dell’iniziale indifferenza, comincia a preparare alcuni euro da infilare nella busta: “Per caso non trovate gli appartamenti perché siete neri? Cosa volete fare se arrivate a cinquemila euro?”

Ma il ragazzo scuote la testa. Non capisce. E non parla italiano. Allora, sempre più coinvolto, Marco passa al linguaggio dei segni e indica sulla busta l’associazione degli studenti: “Cos’è questa associazione? Non c’è un indirizzo. Ha la sede in Italia? A Bologna? Dove?”

Il ragazzo a cenni gli fa capire che non può rispondere. Allora Marco pensa ad una questione razziale, a dei bravi ragazzi lontani dalle proprie famiglie in difficoltà e per solidarietà, mette nella busta, cinque monete da un euro pensando così di dimostrare che non tutti gli italiani sono razzisti. Meno che mai i bolognesi. Rimane però di sasso quando lo “studente” gli fa capire con modi decisi che cinque euro non bastano. Ne vuole di più. Gli indica gli euro rosa nel portafoglio che, aperto, Marco ha ancora in mano. Vuole quelli! Vuole 10 euro.

Marco ci rimane malissimo. Quasi uno shock e comincia a domandarsi se per caso non sia una truffa. Chi sono questi veramente? L’associazione africana esiste davvero o è solo un modo per spillare soldi agli ingenui…? Ma non ha molto tempo per riflettere perché il ragazzo, quasi alitandogli in faccia, incalza … -”Dai 10 euro, dai 10 euro !” – Marco lì, per lì, resta senza fiato (anche per l’alitosi…) poi, ripresosi, gli risponde un po’ alterato: “ma come, non mi avevi detto che non parlavi italiano? Adesso lo parli…..?”- E deciso ritira la mano dalla busta riprendendosi i soldi che stava per metterci.

Appare un’infermiera che aveva assistito all’ultima parte della scena e si rivolge al ragazzo: “Ti ho detto tante volte che non devi farti più vedere qui!”- Il ragazzo le lancia uno sguardo di fuoco e farfugliando se ne va. “Non ne possiamo più di questi – confida sconsolata a Marco l’infermiera – più li cacciamo e più quelli ritornano. Cercano di sfilare i soldi alle persone anziane e purtroppo spesso ci riescono”. Ma chi sono? chiede Marco. “Non lo sappiamo. Io so solo che vengono qui, chiedono i soldi e se uno gli da due spiccioli quelli non mollano fino a quando non ottengono i soldi che vogliono loro, anche alzando i toni della voce. Lei ha fatto benissimo a rifiutare, ma non tutti lo fanno”. – Ma non potete impedirgli di entrare? – “Prima lo facevamo sempre, poi hanno cominciato a sputarci addosso, a minacciarci. Una volta sono venuti qui in due e hanno sputato su tutti i vetri dei boxoffice. Le colleghe, quando li vedono arrivare, si chiudono a chiave nei box”. – Sputano addosso? E voi non reagite? – “Noi non possiamo reagire, non possiamo difenderci. Se lo facciamo ci licenziano.”- Però potete chiamare la Polizia – “sì, ma la Polizia viene solo se c’è un’emergenza. Una volta c’era e sono venuti”- E com’è andata? Li hanno arrestati? – “Macché, li hanno allontanati, ma dopo pochi giorni sono tornati. Tornano sempre. Noi abbiamo paura e abbiamo finito col far finta di non vederli. Sono quattro anni che va avanti questa storia”. Quattro anni? E la polizia? –“Gliel’ho detto, viene solo se c’è un’emergenza” – Insomma avete finito per essere quasi ostaggio di questa gente. –“In effetti è così”.

Avevo assistito a tutta la scena e ho voluto vederci chiaro. Chiamo la Polizia. Mi fanno sapere che c’è una postazione fissa addirittura dentro al S. Orsola. Chiamo l’ufficio di polizia del S. Orsola. Racconto la scena che avevo visto al poliziotto di turno e quello per tutta risposta (forse per scaricarsi il problema) mi dice di rivolgermi alla coordinatrice dei vari posti di Polizia bolognesi. Chiamo la coordinatrice la quale , dopo aver ascoltato il mio racconto, mi dice che senza una denuncia non può intervenire. Obbietto che al Malpighi sono quattro anni che va avanti questa storia. Le racconto i particolari, la paura del personale, gli sputi, le minacce, il fatto che il personale non può difendersi, le ragazze che si chiudono dentro i box office…. Ma lei ripete monotona: “ mi dispiace, ma senza una denuncia….”

Dopo un mese ritorno al Malpighi. Chiedo all’infermiera se le cose sono cambiate -“Cambiate? Sì, sono cambiate: hanno cambiato i giorni di visita ….”
E’ mai possibile che nel 2012 si verifichino ancora questi fatti? E’ possibile che, davvero, non ci sia nessuna possibilità di difendere il personale e i cittadini italiani?

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