La crisi economica senza precedenti che attanaglia l’Europa da alcuni anni, sta mettendo a dura prova il Vecchio Continente sotto tutti i punti di vista: politico, economico, sociale e culturale. E così succede che, mentre lo stile di vita e le prospettive dei cittadini cambiano con una rapidità mai vista prima, si cercano le risposte a una crisi, per la maggior parte delle persone ancora oggi incomprensibile. È quasi automatico, allora, rivolgersi a chi, quasi 200 anni fa, sembrava aver compreso e denunciato con estrema lucidità tutte le contraddizioni e i limiti del Capitalismo: Karl Marx.

Considerato per anni un pensatore sconfitto dalla storia, una sorta di ideologo dello Stalinismo, complice di tutti i mali prodotti dal regime totalitario dell’U.R.S.S, oggi sembra essere tornato improvvisamente in voga. Convegni, pubblicazioni, e festival in suo onore si moltiplicano quotidianamente, autori cinematografici come Kronenberg lo citano a man bassa nelle loro pellicole e i suoi libri fanno capolino nelle classifiche dei più venduti. Fino a qualche anno fa nessuno ci avrebbe scommesso un soldo, ora invece le vendite delle opere principali del pensatore tedesco sono quasi quadruplicate negli ultimi anni in Germania come in Cina. L’ultimo successo editoriale postumo Marx lo ha registrato a giugno, durante la fiera del libro di Madrid: “Il Manifesto del Partito Comunista” scritto da Marx ed Engels è risultato il libro maggiormente venduto. A più di vent’anni di distanza dalla caduta del Muro di Berlino ci si è resi conto che la Storia non è affatto finita, come qualcuno aveva prematuramente annunciato, e si riscopre tutta l’attualità del pensiero di Marx.

La riscoperta
Se la retorica della Guerra Fredda ha contribuito, per anni, a dipingere Karl Marx come uno dei fautori del Socialismo reale, quasi un ideologo rivoluzionario dello stato totalitario comunista storicamente esistito, e miseramente fallito, in Russia, oggi si riscopre la figura autentica del Marx pensatore, economista e storico. Nato a Treviri, in Germania nel 1818. Filosofo, economista e storico fu caporedattore de La Gazzetta Renana fino alla chiusura del giornale. Nel 1847, Marx accettò l’incarico, da parte della Lega dei comunisti, di scrivere il Manifesto del Partito Comunista assieme all’amico Engels. L’opera venne alla luce nel 1848 e Marx fu espulso dalla Germania e confinato in una zona paludosa della Bretagna dal governo francese. Infine si trasferì in Gran Bretagna, dove nel 1867 scrisse il suo capolavoro il Capitale. Morì, povero come era vissuto, nel 1883. Ciò che risulta chiaro dall’opera di Marx è che egli non auspicò mai la realizzazione di uno stato comunista, a seguito di una rivoluzione proletaria in Russia, considerata dal filosofo troppo arretrata, ma era anzi convinto che una società di stampo socialista sarebbe sorta al termine di un lungo processo storico in cui le contraddizioni del sistema capitalistico, sfuggito al controllo della borghesia che gli ha dato i natali, avrebbero portato alla fine degli stati liberali e della stessa classe borghese.

Cosa è vivo e cosa è morto di Marx
Oggi sulla scorta delle drammatiche condizioni di vita prodotte in Russia dall’URSS, e alla luce del paradosso della Cina, ascesa a superpotenza dopo essersi aperta al capitalismo, possiamo dire che l’interpretazione del marxismo che si è realizzata nel ‘900 era sbagliata. Tuttavia, risulta altrettanto evidente che il pensiero del filosofo tedesco mantiene viva tutta la sua attualità e tutta la sua forza di comprensione nei riguardi della realtà odierna. Oggi lo spettro che si aggira per l’Europa è lo spettro del capitale finanziario che sta mettendo in ginocchio gli Stati e le economia del Vecchio Continente. Gli scritti di Marx sembrano prevedere l’instabilità del capitalismo attuale fatto di “epidemie della sovrapproduzione” e “distruzione forzata di una grande quantità di forze produttive”. Quello che oggi è ancora attuale in Marx è innanzitutto la critica dell’economia politica che permette di svelare molti dei meccanismi sottotraccia attraverso cui l’economia crea le ideologie che dominano la nostra società consegnando la democrazia, svuotata da ogni significato, in mano a dei veri e propri comitati d’affari. Marx aveva previsto la globalizzazione e il conseguente sconvolgimento dei modi di vita tradizionali: un’instabilità endemica del capitalismo che porta con sé sconvolgimenti sempre più forti, fino ad arrivare alla concentrazione della ricchezza in poche mani e all’annullamento della stessa borghesia, almeno di quella medie a e piccola (la classe media).
Lo stadio finale del capitalismo secondo Marx vedrà contrapposta una piccolissima minoranza di persone che controllerà tutte le ricchezze, e una sterminata massa di proletariato urbano. Se questa previsione non fosse stata scritta quasi due secoli fa, sembrerebbe una cronaca in diretta di questi anni di crisi. D’altronde la stessa natura del capitale è, secondo Marx, tendente all’astrazione, ovvero un progressivo passaggio dal valore d’uso delle cose a quello di scambio. Oggi probabilmente viviamo la fase finale di questo processo in cui i grandi capitali sono completamente slegati dall’economia reale, della produzione e dello scambio delle cose, a tutto vantaggio del valore di scambio dell’alta finanza, fatta solo di speculazioni, sensazioni e previsioni più o meno azzardate sul futuro dell’economia mondiale.

I limiti del capitalismo
Marx dunque non è affatto morto. Anzi i sostenitori del filosofo tedesco si moltiplicano a vista d’occhio: lo storico inglese Eric Hobsbawm, autore del famosissimo Il Secolo Breve, nel libro Come cambiare il mondo, che in Gran Bretagna ha avuto un notevole successo, sostiene che Marx è “un pensatore per il XXI secolo” e che “bisogna porre le stesse domande che si pose Marx, rifiutando al contempo le risposte dei suoi vari discepoli”. Già, perché probabilmente il maggior limite del socialismo reale come lo abbiamo conosciuto in Russia nel ventesimo secolo, è quello di essere rimasto all’interno della stessa economia produttivistica del capitalismo: un capitalismo di Stato in cui i mezzi di produzione non erano più dei privati, ma del partito. Per il resto tutto uguale, anzi….peggio. Il merito maggiore di Marx forse è quello di aver individuato il sistema capitalistico come una delle possibili forme di organizzazione della società e dell’economia umana. Non l’unica possibile dunque. Il capitalismo è nato in un determinato momento storico e probabilmente prima o poi morirà, sicuramente si trasformerà. Il limite degli Stati comunisti storicamente esistiti è stato invece quello di rimanere all’interno delle dinamiche capitalistiche senza riuscire a elaborare una vera e propria alternativa.

Marx è morto, evviva Marx
Lo stesso limite è ancora più evidente nell’azione politica delle forse di sinistra in Europa e in Italia: se è vero che in politica bisogna considerare la realtà dei fatti piuttosto che le utopie, è anche vero che nessuna forza di sinistra in Europa, ad oggi, è in grado di immaginare un’ uscita dalla crisi che non sia un ritorno a vecchie forme inscritte sempre nel sistema di produzione capitalistico. Paradossalmente una sinistra poco radicale, che non riesce a immaginare altre forme di convivenza diventa più conservatrice di qualsiasi destra, perché tende a conservare e a difendere uno status quo ormai superato da nuove forme di capitalismo, il quale, si sa, è in continua trasformazione tanto da inglobare anche i suoi oppositori. Così mentre in Italia la Luiss, università della Confindustria, organizza convegni annuali sulla filosofia di Marx, in Germania la sua effige barbuta è finita addirittura su una carta di credito. Forse, come predetto da Marx, il capitalismo prima o poi produrrà da solo gli elementi che lo porteranno alla sua scomparsa, o forse no. Quello che è certo è che coloro i quali avevano dato Marx per morto, oggi sono costretti a ricredersi, se è vero quello che racconta il già citato Eric Hobsbawm, ovvero che il noto finanziere George Soros avrebbe ammesso alla sua presenza : “Marx ha scoperto centocinquant’anni fa qualcosa sul capitalismo di cui dobbiamo tener conto”. Se lo dice lui c’è senz’altro da crederci.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *