23 MAGGIO 2008 – Metà della somma è stata pagata ad una società delle Ferrovie dello Stato che aveva l’appalto per il trasporto, l’altra metà ad una ditta tedesca che si occupava di smaltire i rifiuti negli inceneritori della Sassonia, producendo energia che veniva a sua volta rivenduta.

Un nuovo fenomeno di emigrazione: la spazzatura ha sostituito i contadini che dalle campagne andavano a lavorare nelle miniere e nelle aziende automobilistiche e metallurgiche dei Lander tedeschi. Un affare colossale sul quale è in corso, da qualche settimana, una nuova inchiesta della Procura di Napoli. L’indagine dimostra ancora una volta (se ce ne fosse bisogno) come l’emergenza rifiuti sia la gallina dalle uova d’oro per tutti e per questo da vent’anni le amministrazioni locali e i super commissari nazionali si limitano a gestirla, senza programmare nulla di significativo per risolverla.

Mentre il Consiglio dei ministri che il premier Silvio Berlusconi ha voluto “esportare” a Napoli nomina il medico e direttore del Dipartimento della Protezione civile Guido Bertolaso “sottosegretario alla spazzatura” (che già in passato ha ricoperto la carica di commissario straordinario per i rifiuti in Campania), i pubblici ministeri sono al lavoro per capire quali sono gli interessi che ruotano attorno al grande business dei rifiuti trasportati in Germania.

La nomina di Bertolaso, precisa il Governo, non sostituisce quella del prefetto Gianni De Gennaro, che resta commissario straordinario. Il capo della protezione civile e neo-sottosegretario (la sua nomina ha fatto salire a 61 i componenti del Governo in violazione dell’ultima Finanziaria che prevede un tetto massimo di 60), ha il compito di “dimostrare lo straordinario interesse del Governo” per una situazione straordinaria e di facilitare la soluzione di problemi logistici e operativi consentendo un canale diretto con l’amministrazione centrale.

E sono proprio i problemi logistici e operativi all’origine della nuova indagine degli inquirenti napoletani. L’obiettivo dei magistrati è capire cosa è cambiato, e perché, nei rapporti tra il commissariato straordinario per i rifiuti, la Regione Campania e la società delle Ferrovie dello Stato, la Ecolog, che per ben otto anni ha gestito il trasporto dei rifiuti da Napoli alla Germania.

Un affare nel quale la Ecolog è stata affiancata dalla società tedesca Remondis, proprietaria e amministratrice degli inceneritori (gli atti ufficiali li chiamano termovalorizzatori: l’unica differenza con i vecchi inceneritori anni Settanta è che questi producono anche energia dalla combustione mentre quelli si limitavano a bruciare i materiali) dove viene smaltita la spazzatura che in Campania (e in Italia) non si sa dove mettere.

Ma dopo otto anni di onorato servizio (e di buoni guadagni, come vedremo), la Ecolog è stata fatta fuori: quali responsabilità ci sono (se ci sono: l’indagine è appena all’inizio) nel ruolo svolto in questa storia da parte della pubblica amministrazione?

Andiamo con ordine: per otto anni la Campania ha esportato un “prodotto artigianale” anomalo: rifiuti made in Naples, spazzatura doc, “munnezza” è il nome originale.

Gli uffici del Commissariato straordinario stipulano otto anni fa un contratto con la Ecolog: ogni giorno la spazzatura viene caricata sui vagoni della società italiana (la Ecolog è in pratica una divisione delle Ferrovie), e spedita al di là del Brennero per essere smaltita negli inceneritori tedeschi della Remondis, che in questa operazione è partner delle Fs. Ne viene esportata soltanto una parte: circa mille tonnellate al giorno rispetto alle settemila e 500 prodotte dalla Campania. Ma negli ultimi tempi, quando “l’ordinaria emergenza” è diventata “emergenza straordinaria”, le esportazioni sono aumentate raggiungendo in alcuni periodi anche le duemila tonnellate giornaliere.

Il prezzo concordato per trasporto e smaltimento va dai 150 euro alla tonnellata per i primi anni ai 215 euro delle ultime settimane. Il costo, apparentemente alto, è giustificato dal fatto che si tratta di rifiuti totalmente indifferenziati: come i napoletani li creano, i tedeschi li distruggono (e ci producono pure energia). A conti fatti, l’ufficio speciale del Commissariato, che lavora comunque d’intesa con i funzionari della Regione Campania, negli ultimi mesi ha pagato circa 400mila euro al giorno. Poco più di 200mila euro ogni 24 ore vanno alla Ecolog, il resto alla Remondis tedesca. Ma i guadagni per gli inceneritori della Germania non si fermano qui, perché la “materia prima” (i tecnici la chiamano per la precisione “materia seconda”) napoletana viene trasformata, per circa il 35 per cento, in energia venduta a città e aziende tedesche. Il reso va nelle teutoniche discariche, che non hanno bisogno di Supercommissari e Superpoteri di Superpippo per essere gestite nel migliore dei modi.

Registri alla mano, in otto anni la Germania ha ricevuto qualcosa come tre milioni di tonnellate di rifiuti campani (la spazzatura conquista così il record nelle esportazioni del Made in Italy) e l’amministrazione più o meno super della Regione Campania ha pagato un totale di circa 700 milioni di euro.

Naturalmente a questi costi va aggiunta la spesa per la raccolta e la consegna “a domicilio” nei vagoni della Ecolog, che è a carico, come è giusto, del Commissariato straordinario della Campania.

Le prime verifiche degli investigatori hanno accertato che, in realtà, il costo sostenuto per esportare spazzatura in Germania, nonostante sia superiore a quello che qualunque amministrazione locale è obbligata a pagare per accedere alle discariche italiane, è però più basso rispetto a quanto spende il Commissariato straordinario per smaltire in Campania i rifiuti.

Ecco il secondo capitolo dell’inchiesta: i magistrati, che per ora non accusano nessuno (ci mancherebbe) vogliono però ricostruire un mosaico che vale, anche in questo caso, centinaia di milioni di euro.

Se un viaggio in Germania costa 215 euro la tonnellata, per restare a casa se ne pagano quasi 300. La “nota della spesa” è stata messa a punto dai magistrati: una volta raccolti i rifiuti (la raccolta è a carico dell’amministrazione anche nel caso dell’esportazione) bisogna pagare gli impianti che li trasformano in “eco balle” (grandi pacchi, o paccotti a seconda dei punti di vista, di spazzatura sostanzialmente indifferenziata, proprio come quella che emigra). Per far diventare eco balle i sacchetti non basta la bacchetta magica che trasforma i topini di Cenerentola in cavalli bianchi: servono 120 euro ogni tonnellata. Si passa poi ai costi dei camion che trasportano le balle (poco “eco”) ai cosiddetti siti di stoccaggio: 20 euro per ogni tonnellata trasportata. Infine, c’è il prezzo del “parcheggio” nei siti di stoccaggio. Questa è una simpatica invenzione del commissariato ai tempi di Antonio Bassolino da Afragola: lo stoccaggio è definito, nei documenti ufficiali e nelle ordinanze, “provvisorio”. In attesa, cioè, di spostare le balle nei forni dei termovalorizzatori. Peccato però che di termovalorizzatori non ce ne sia nemmeno uno. Morale: lo stoccaggio diventa “provvisoriamente permanente” e costa 150 euro al giorno per ogni tonnellata.

E chi riscuote, si sono chiesti i magistrati, questa tariffa di parcheggio che rappresenta una miniera d’oro? Ad incassare sono società, privati, consorzi, aziende agricole più o meno abbandonate e perfino amministrazioni locali o aziende municipalizzate. Nel corso degli ultimi otto anni tutti hanno messo a disposizione qualche ettaro di terra (prima improduttiva) per stoccare “provvisoriamente” (si fa per dire) i rifiuti.

Attualmente 250 ettari di terra della Campania sono occupati da una costellazione di mini-discariche, anche se tecnicamente si chiamano “stoccaggi provvisori di eco balle”. Due milioni e mezzo di metri quadrati coperti di spazzatura, provvisoriamente però, a 150 euro la tonnellata al giorno per otto anni: c’è chi vanta crediti per alcune centinaia di milioni di euro. Già, perché il Commissariato straordinario paga per i primi mesi e poi chiude i cordoni della borsa. Ma i proprietari terrieri che ormai pascolano i rifiuti al posto delle pecore, non si preoccupano più di tanto: loro hanno in mano una bella ordinanza che fissa il prezzo. Prima o poi qualcuno pagherà. Chissà se il governo Berlusconi questo l’ha capito: è come aver consegnato cambiali in bianco, debiti che in un modo o nell’altro dovranno essere pagati da chi eredita le cambiali.

E ora i magistrati vogliono capire anche in base a quali criteri sono stati individuati i siti di stoccaggio provvisorio. Un’indagine non semplice per risalire da una sigla di una società o di un consorzio ai soci e ai rapporti personali, amichevoli o familiari.

Tornando all’affare del trasporto oltre confine, negli ultimi otto anni se da un lato una consistente parte dei rifiuti veniva abbandonata, a caro prezzo, nelle campagne, un’altra parte – a costi più ridotti ma certo non irrisori – veniva affidata alla Ecolog. Ma negli ultimi mesi qualcosa è cambiato e ora le Ecolog non si occupa più del trasporto. E’ stata estromessa. E nemmeno la Remondis, in Germania, si occupa più dello smaltimento. Intorno al tavolo si sono seduti nuovi giocatori. Altro giro, altra corsa.

Negli anni scorsi i rapporti con le imprese tedesche di smaltimento erano tenuti dal commissario delegato Maurizio Bruschi. Ma già il 2 gennaio 2008, mentre il Governo Prodi tenta di arginare l’emergenza con il prefetto Gianni De Gennaro, un funzionario dell’ufficio Ambiente della Regione Campania scrive alla Ecolog. Queste le conclusioni della lettera, ora in mano ai magistrati: “… si comunica pertanto che i treni diretti in Germania, con partenza prevista per i giorni 2, 3, 4 e 6 gennaio prossimi venturi, non potranno aver luogo”.

La firma è del funzionario Francesco Santonastasi che ha lavorato, fino a poco tempo primo, all’assessorato regionale alla Sanità, ufficio distaccato di Benevento. Ma quando l’ufficio è stato di fatto azzerato dall’inchiesta della Procura di Santa Maria Capua Vetere che aveva coinvolto anche l’allora ministro della Giustizia Clemente Mastella, è stato riportato a Napoli, all’assessorato all’Ambiente.

La ragione del blocco la spiega, apparentemente, lo stesso funzionario, sempre nella lettera: “le autorizzazioni al trasporto sono infatti scadute a far data dal 31 dicembre 2007”.

Una motivazione che sorprende la Ecolog, che il 7 gennaio risponde a quella comunicazione spiegando che non è scaduta nessuna autorizzazione ma che, più semplicemente, il 31 dicembre 2007 è scaduto l’incarico di Commissario straordinario che era stato conferito al prefetto Alessandro Pansa. Una circostanza che, naturalmente, non annulla le decisioni prese in precedenza, che restano valide finché non vengono meno le circostanze che le hanno determinate. E infatti, specifica la società delle ferrovie nella sua replica, lo stato di emergenza è stato prorogato fino al novembre 2008, tanto che il Governo proprio in quei giorni sta discutendo la nomina di De Gennaro. Altrimenti sarebbe come dire che ogni volta che cambia un sindaco tutte le ordinanze firmate da quello precedente decadono.

La singolare impasse sembra superata e i treni colmi di rifiuti ripartono per i ridenti inceneritori d’oltralpe. Ma il 23 gennaio Santonastasi torna all’attacco: scrive alla Ecolog chiedendo “con urgenza chiarimenti/precisazioni sulle circostanze imprevedibili che hanno indotto questa società a chiedere l’autorizzazione a una modifica dei luoghi di destinazione e smistamento dei rifiuti in Germania nella previsione di un aumento dei treni giornalieri diretti oltre frontiera”. La Ecolog stavolta risponde con ironia: “Le circostanze imprevedibili, come Ella ben sa, sono legate all’emergenza rifiuti che investe il territorio della Regione Campania”.

Gli inquirenti, ora che la Ecolog non si occupa più del trasporto, vogliono capire se queste “scaramucce” burocratiche dei mesi scorsi sono da mettere in relazione con un incontro avvenuto un anno prima all’inizio del 2007, tra l’amministratore delegato della Ecolog, Roberto Cetera, il direttore tecnico Lorenzo Miracle e un consulente del Dipartimento della Protezione civile, Michele Greco.

Cetera e Miracle vengono convocati a Roma, negli uffici della Protezione civile, e lì ci trovano Greco, consulente del Dipartimento ed ex professore di ingegneria idraulica a Potenza. Insieme con lui c’è Tiziano Brembilla, proprietario della “TBR”, una società con sede a Napoli, specializzata nella gestione dei rifiuti. (CON RIFERIMENTO A TALE ULTIMA CIRCOSTANZA, IL 2 GENNAIO 2018, ANDREA BREMBILLA, FIGLIO DI TIZIANO BREMBILLA, PRECISA CHE IL PADRE NON ERA PROPRIETARIO DELLA SOCIETA’ “TBR” – TIBIERRE SRL – MA AMMINISTRATORE, CHE LA SEDE LEGALE DELLA SOCIETA’ NON E’ A NAPOLI MA IN PROVINCIA DI BERGAMO E CHE IL PADRE NON ERA NEGLI UFFICI DELLA PROTEZIONE CIVILE A ROMA “INSIEME” CON IL PROFESSORE GRECO, MA SEMPLICEMENTE “NELLO STESSO MOMENTO” PER DISCUTERE L’ASSEGNAZIONE DI UN ALTRO INCARICO).

Nel corso dell’incontro romano ai vertici della Ecolog viene proposto di limitarsi a trasportare i rifiuti, cedendo ad altri lo smaltimento in Germania. Rompere cioè l’accordo con la società partner tedesca Remondis. Cetera e Miracle prendono tempo, dicono che valuteranno. Ma poi, inaspettatamente, proprio all’inizio del 2008 ricompare il professore Michele Greco: viene nominato dirigente del servizio rifiuti della Regione Campania. Coincidenza vuole che nello stesso periodo il funzionario Santonastasi comincia con le richieste di chiarimenti alla Ecolog. E così, nell’ultimo trimestre, le mille e 500 tonnellate al giorno, circa, che venivano portate via da Napoli e dalla Campania con i treni, restano a terra. Ecco da dove viene l’allarme di questi giorni.

Parallelamente, già da febbraio scorso, i tedeschi contattano De Gennaro: sono preoccupati che questi accordi per il trasporto oltre confine possano essere considerati come un ciclo di smaltimento a tutti gli effetti. Vanno avanti da otto anni ormai e il rischio che l’Unione europea contesti la regolarità di questa procedura (perché non conforme alle direttive ambientali) è alto. Dunque per evitare sanzioni vanno rinegoziati gli accordi e ridotte le quantità esportate.

Viene interessata alla vicenda anche l’ambasciata italiana a Berlino e il 27 marzo il commissario delegato, Maurizio Bruschi, si accorda con un’associazione di imprese del Reno-Westfalia.

A questo punto le autorizzazioni precedenti, quelle sulle quali Santonastasi aveva espresso dubbi fin da gennaio scorso, vengono cancellate nella prima metà di aprile: la Ecolog e la Remondis escono di scena.

I nuovi contratti con i tedeschi prevedono l’utilizzo di piccoli inceneritori: i costi sono aumentati e la quantità di rifiuti accettata oltre confine è diminuita. Per la precisione, ogni tonnellata costerà 270 euro invece di 220 e ogni anno possono essere smaltite 102mila tonnellate contro le circa 500mila precedenti.

L’emigrazione dei rifiuti viene suddivisa in due fasi: trasporto e smaltimento, che devono essere affidate a società diverse. La Trenitalia Cargo, invece della Ecolog, sarà la società che deve trasportarli in Germania. Ma da oltre un mese si è in attesa delle nuove autorizzazioni tedesche allo smaltimenti nei nuovi inceneritori individuati. Il via libera non arriva e, per giunta, le società della Germania chiedono anche una fideiussione della Sace, la Società di commercio con l’estero, perché non si fidano più della puntualità nei pagamenti da parte del Commissariato straordinario. La Sace, per il momento, non ne vuol sapere.

L’epilogo è sotto gli occhi di tutti: la quota di rifiuti che è andata all’estero, a suon di milioni di euro, negli ultimi otto anni, è ferma. Si accumula nelle strade di Napoli e della Campania.

Tommaso Sodano, ex parlamentare ed ex presidente della Commissione Ambiente del Senato, ha una sua interpretazione: “per quanto discutibile, la soluzione dei treni elimina i rifiuti dal territorio. Per sempre. E questo è inaccettabile per chi dall’emergenza trae profitto. La camorra e l’indotto sociale, economico e politico che alimenta hanno un interesse vitale a che i rifiuti restino sul territorio campano, possibilmente passando da un sito di stoccaggio all’altro, allungando così il ciclo provvisorio dello smaltimento e le possibilità di infiltrazione”.

Una considerazione molto simile guida il lavoro dei magistrati in queste ore.

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