Alcuni anni fa (ahimé, molti anni fa, all’inizio degli anni ’80), allorché lavoravo a Napoli, come magistrato alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni (incredibile osservatorio dello stato di degrado del sottoproletariato e della piccola borghesia partenopea), in uno dei momenti di pausa tra le udienze, conversando con alcuni avvocati nel giardino dei Colli Aminei, dove aveva sede il Tribunale per i Minorenni, dopo il tristemente famoso terremoto dell’Irpinia, che cagionò non pochi danni anche a Napoli, commentavo l’arretratezza, l’inefficienza, la strafottenza riscontrabili in tutti i settori con i quali avevo a che fare, per il mio lavoro.

L’apparato giudiziario, i servizi sociali, le strutture carcerarie e di assistenza, la polizia giudiziaria, i collegamenti territoriali, con la Provincia e la Regione (la Magistratura minorile ha competenza territoriale pari a quella della Corte d’Appello), ma soprattutto con il Comune di Napoli e, in definitiva, il corpo sociale, la borghesia chiusa, arroccata, sui propri privilegi e sui rigidi percorsi tracciati dalla Chiesa, per cui anche il consultorio familiare era “strumento del Demonio”, per non parlare dell’assoluto monopolio del controllo delle famiglie e delle adozioni. Ma dovetti mettere tanta foga ed enfasi nelle mie parole che ne derivava un che di odio e di disprezzo proprio per la città, anche se non erano queste le mie intenzioni.
La situazione fu ben colta da uno degli avvocati presenti (Giovanni Cappuccio, se non ricordo male), il quale disse “Dottore, lei non odia questa città. Lei ama Napoli; il suo è l’odio e il corrivo, il dispetto dell’amante tradito. Lei si sente tradito dalla sua città. Ma resta sempre la sua città!”

Ma quello che qui volevo fare non è tanto il discorso su Napoli; sono poi andato via da Napoli, sono passati tanti anni, ci sono stati tanti cambiamenti, molte cose sono peggiorate a Napoli (v. ad es., tutto il discorso sulla “monnezza”, il rafforzamento della camorra, ecc.), qualcosa è migliorato, se non altro come modernizzazione, mentalità più al passo con i tempi, e (quello che è più grave, dopo oltre 30 anni) tante cose sono rimaste immutate (i quartieri degradati, la disoccupazione ecc.).
Molti dei mali di Napoli, non dipendono da Napoli, ma da un sistema sbagliato, anni di incuria come scelta di politica nazionale ecc., ma come ripeto,non è di Napoli che intendo parlare, qui.
Il richiamo a Napoli ha solo il senso di dire che, oggi come oggi, dopo tutti gli stravolgimenti politici e sociali che ci sono stati, non pare proprio sia più il caso di attardarsi su questioni campanilistiche.

Sentiamo spesso, oggi, provenienti da ogni orientamento politico, culturale ed economico, invettive e doglianze contro il Paese, il “sistema Italia”, la “casta” ecc., da cui sembrerebbe venir fuori, quasi, un odio, un disprezzo per il nostro Paese. C’è chi ha detto (e spesso si sente dire) “questo Paese di m…”.
Ecco che allora, qualcuno potrebbe osservare: “Signore, lei non odia questo Paese. Lei ama l’Italia; il suo è l’odio dell’amante tradito. Lei si sente tradito dal suo Paese. Ma resta sempre il suo Paese”.

E’ appunto di questo che voglio parlare, del mio Paese nel modo che sento, sarà poi il lettore a giudicare: è troppo? E’ poco? Sembra o è odio e disprezzo o no? Si può dire che è l’odio dell’amante tradito? Potrà poi, chi legge, commentare, aderendo o dissentendo, e, a sua volta, esprimendosi con odio, disprezzo, amore tradito o amore corrisposto.
Va bene tutto purché sia con onestà intellettuale, e non già con (l’inutile) riserva mentale dell’occhio al proprio “particulare”.

In tanti modi si può parlare e si parla dell’Italia, nel bene e nel male. Io non vorrei ripetere cose già dette, vorrei parlarne in modo originale e più propriamente “mio”.
Ecco allora il riferimento ad Ischia come emblema d’Italia.
E’ un’isola che conosco molto bene avendola frequentata da quando ero ragazzo, avendo partecipato a tutti i suoi cambiamenti e ancora adesso continuando a frequentarla con molta assiduità anche durante l’anno; un’isola nella quale io e mia moglie contiamo di stabilirci definitivamente, a breve.
Mi sento quindi di dire, con molta schiettezza che, data la sua particolarità (non molto piccola ma neanche troppo grande, frequentata da tempo immemorabile da persone e personalità provenienti da ogni parte del Mondo) essa è in piccolo, il riflesso dell’Italia, un campione, l’osservatorio privilegiato, come si dice, un “laboratorio a cielo aperto”, con i suoi lutti e le sue gioie, le sue disgrazie e le sue fortune.

Il tema in trattazione, come ben si comprende, è particolarmente caro a tutte le persone di buona volontà che, nel bene e nel male, appunto, si riconoscono nell’Italia, in questo nostro tormentato e meraviglioso Paese per il quale molto sangue è stato versato, solo perché si potesse continuare a vederne… le mura e gli archi e le colonne e i simulacri e l’erme… solo perché ne fosse salvato il nome; il Paese, dove… a Sassomarconi c’era una ragazza che viveva sdraiata sull’orlo di una piazza; a Roncobilaccio, un vecchio, lo sguardo profondo e un fazzoletto al collo, a Firenze un intellettuale, a Orvieto il sindaco, la banda e le bandiere in mano, e a Roma gente che cantava; e a Surriento… dove il mare luccica e tira forte il vento, su una vecchia terrazza, davanti al golfo, un uomo abbraccia una ragazza dopo che aveva pianto, poi si schiarisce la voce e ricomincia il canto.

Tutto questo mi riporta a Lucio Dalla, e dal connubio tra il grande genio della musica italiana e il nostro “laboratorio a cielo aperto”, viene fuori l’Italia, come dicevo, Ischia come emblema d’Italia.

Concludo allora, questa prima parte così:

Caro amico ti scrivo così mi distraggo un po’
e siccome sei molto lontano più forte ti scriverò.

Rispondo ad un tuo scritto su Ischia ed un invito a fare qualcosa per uscire dal torpore, dalla palude, dal grigiore.

Si esce poco la sera compreso quando è festa
e ‘c’è chi ha messo dei sacchi di sabbia vicino alla finestra,
e si sta senza parlare per intere settimane,
e a quelli che hanno niente da dire
del tempo ne rimane.

Scusami tanto se mi dilungo, ma tu hai messo il dito su una piaga profonda e terribile della situazione; infatti noi continuiamo a batterci per tenere alto il tono della cultura ad Ischia, per recuperare momenti di grande intensità, ma, stringi stringi, attorno? Il vuoto.

Ischia sembra aver perso la sua vocazione che viene sublimata nei nomi che tu hai fatto e in altri, William Walton, appunto, Luchino Visconti, Vittorio De Sica, i Costantino di Grecia e Gianni Agnelli di quando eravamo ragazzi, tanto per dirne alcuni, il grande lancio e il grande fermento dovuto ad Angelo Rizzoli, la marea di star che ogni anno si riversava sull’isola, le performance del via vai del Corso di Ischia, del Castello Aragonese, il lancio dei Peppino di Capri, Peppino Gagliardi, Raffaella Carrà, cantanti quanti ne vuoi, artisti e così via.
Ora sembra aspirare ad essere la Rimini del versante tirrenico, discoteche caotiche, spazi limitati, con l’acquiescenza di tutti.
Gli abitanti, ormai pensano a fa’ sulo ‘e sord’, rinunziando, paradossalmente, a quegli stessi soldi che avrebbero fatto, moltiplicati, con grandi benefici e grande orgoglio, se avessero operato per valorizzare, ma sul serio, con impegno e sacrificio, le caratteristiche dell’isola: il clima, l’agricoltura, il vino, la storia, la tradizione, il mare (pulito?), le passeggiate tra i boschi in montagna, nelle pinete, o sui vari lungomari che attorniano l’isola, il verde, le specie vegetali presenti solo qui, la cucina di mare e di campagna, i panorami e le notti, quelle che una volta erano le famose notti ischitane, le terme, alcune privatizzate e attrezzate, altri soffioni liberi che la gente si divertiva a cercare, facendo escursioni, immergendosi nella natura (oggi tutte, o quasi, circoscritte, molte abusivamente, come le stradine e i sentieri sbarrati, incamerati nelle proprietà, come gli alberghi abusivi, o cresciuti a dismisura, che deturpano i paesaggi, invadono le spiagge, e aumentano, in modo abnorme, il numero di presenze, con tutti i disagi di viabilità, approvvigionamenti, qualità dei servizi, monnezza, mediante sottomani e favori a quegli stessi amministratori e operatori che dovrebbero difendere l’isola, alcuni dei quali sono anche transitati, fuggevolmente, per altri “bagni” dove si prende il sole a strisce).

Era tutto insieme così allora, perché così è sempre stato; questa era Ischia che affascinava Wystan Hugh Auden, Truman Capote ecc.
I ristoranti non hanno più nessuna vera attrattiva; vanno o per turismo spicciolo, ma proprio quello di massa massificata, o ingiustificata pretenziosità per quello che danno.
Gli albergatori ormai lavorano sui pullman a giornate, sulle settimane, sui pacchetti (sono pieni i foglietti pubblicitari su tutte le riviste dai parrucchieri e dai dentisti, come del resto della costa romagnola, Sardegna, Sicilia ecc.), comprensivi immancabilmente di schifosissime serate musicali, con cantanti da serata di beneficenza (ne sento di lagne d’estate dalla mia terrazza), e squallidi fuochi d’artificio, che non mancano di bruciarti pure tende e cuscini.
Quale turismo attira tutto questo? Quello minimale, che lascia poco, distrugge un bel po’, pubblicizza quasi niente e vive di continuo avvicendamento. Ma chi di questi “graditi ospiti” andrà mai a vedere un museo, a sentire una conferenza, un recital di poesie, semmai sullo sfondo della luna piena?
Una volta venivano persone ricche di testa, di cuore e di tasca da tutte le parti del Mondo, in numero contenuto (ma non drasticamente limitato e oppressivo, questo mai ad Ischia), e chi era povero di tasca, semmai giovane con l’appannaggio familiare risicato, come me, ma ugualmente ricco di testa di cuore e di avventura, veniva lo stesso e si arrangiava in qualche modo.
Io ho avuto modo di vedere la differenza tra i tedeschi che frequentavano l’Adriatico (che faceva una scelta e aveva un’offerta di villeggiatura a costi bassi, ugualmente apprezzabile, ma del tutto diversa) e quelli che venivano ad Ischia, dove si capiva che era il loro viaggio, la loro ricerca. Ora non c’è più alcuna differenza, anzi ad Ischia i tedeschi non vengono più perché, obiettivamente, per viaggiare ci sono tanti altri posti e per fare i bagni, l’Adriatico offre di più a prezzi inferiori.

Il Mondo della Cultura o è assente, o è chiuso in se stesso.
Diciamoci la verità, quali importanti iniziative ci sono state ad Ischia negli ultimi 10/15 anni, oltre ai soliti, obsoleti e riservati sempre agli stessi, premi? (Giornalismo, Cinema). Quest’anno è venuto Luciano de Crescenzo, lo so perché ho incontrato un comune amico, una sera ha presentato un suo libro a piazza S. Restituta a Lacco Ameno e il giorno dopo, insalutato ospite se ne è andato. Ma anche la Fondazione Walton LA MORTELLA, fa i suoi concerti, i soliti habitué ci vanno e basta, contenti loro…contento soprattutto Carlo d’Inghilterra, ma quale futuro?
Prendiamo la Biblioteca Antoniana, per carità, mi stanno simpatici i preposti, sono anche bravi, ma sono chiusi nella propria piccola nicchia, fanno delle cose “da calendario”, ma non escono all’esterno, non invadono le piazze, gli altri paesi dell’isola, non vanno a stuzzicare, a rompere le scatole agli assessori.
Teleischia che cos’è? Dimmelo tu, che cos’è? Boh!
Le Autorità, ci arriviamo alla fine perché tutta la premessa fa capire la fine: sono la chiave di volta, la summa di tutto. In concreto, le Autorità non vogliono essere rotte le scatole. Chi fa falla. Chi non fa viene rieletto, viene confermato e così via e poi, come dicevo… hanno altro a cui pensare (come dimostra, tra l’altro, anche la discarica abusiva “esondata” a Casamicciola, che costò la vita alla giovane Anna De Felice -.ricorre ora il secondo anniversario).

Ma, in concreto, che cosa potrebbero fare?
Innanzitutto far funzionare la testa, un minimo di onestà intellettuale e l’immaginazione.
Qui ci vorrebbe una osmosi tra operatori sull’isola (e non solo alberghieri), e Autorità per promuovere iniziative culturali di un certo livello, di una certa presa, o di una certa originalità [che so, pure incentivare i pescatori a proporre ai turisti la pesca dei totani con le lampare può essere una novità, proposta in un certo modo (in assoluto non lo è); pure l’happy hour al tramonto sulle spiagge ad Ovest e l’alba sull’Epomeo con bravi musicisti (magari non raccomandati), anche se giovani, ma non pigramente gli ordinari scalzacani (certamente raccomandati perché sennò non si spiega…), è un’idea, e così via]; e soprattutto per FARE INVITI; prima di tutto progettare, non pochi ma molti eventi, con tutto il grappolo di personaggi che ha avuto significativi contatti con l’isola da tempi immemorabili, sai quante mostre, feste ecc. si potrebbero mettere su! Non solo i Santi e le Madonne che vuole il Vescovo, con la pletora di pecorelle, che va benissimo, per carità, sempre che non si impossessi dell’isola, facendola diventare un serbatoio di “poveri buoni”. Poi esplorare le disponibilità, vedere di acchiappare quelli che veramente sono “amici” dell’isola e pubblicizzare la loro presenza. E poi, e poi e poi tante altre cose che non saprei, non sono un operatore turistico, né un amministratore che si può circondare di qualificati consulenti io, ma certamente tante, tante altre cose. Che ne so, tanto per dire, la Colombaia ha avuto sorti alterne, si sono molto sprecati i soldi dell’UE lì, ma poi sembrava decollasse, c’era un premio “Luchino Visconti” riservato a chi? Boh! Io ho provato a chiedere, a partecipare, ma di fonte ai muri di gomma mi sono arreso; l’amministrazione di Forio è stata capace di creare, qualche anno fa, un giardino pubblico (quanto sarà costato e chi ne avrà beneficiato?) in un posto sperduto, a strapiombo sul mare, bellissimo; alla prima mareggiata, Nettuno si è ripigliato tutto (ma quelli che l’hanno progettato, venivano da Bolzano?).
L’altro anno, quando feci un viaggio alle Isole Eolie con amici, a Filicudi, uno scoglio sperduto in mezzo al mare, che vita! Che fermento c’era! In un posto che si chiamava U’ Bagghiu (nemmeno una briciola del “nostro” Negombo – a proposito hai visto che cartellone tipo Fuorigrotta Anni ’50 questa stagione?) recital di poesie tutte le sere, musica, ma quella vera, gioventù, bella gente, spuntini, consumazioni, spaghettate di mezzanotte, danze fino all’alba, di fronte allo spettacolo di un mare incantevole. Noi siamo stati capaci di metterlo in bacheca il nostro mare.
Parliamo dell’Araba Fenice, come vedi.

Oggi come oggi, la situazione è incredibile, impercorribile; un po’ le ho provate sulla mia pelle queste cose, un po’ le vedo in giro.
Che fare?
Proporre… proporre… sì e io sarei anche disposto, magari accompagnato da qualche anima vagante per non stare solo ad ammuffire dentro qualche anticamera.
Ma quello che soprattutto bisogna sperare è che la situazione si schiodi, almeno un po’ da lasciare uno spiraglio dove fare leva; quella del Comune Unico è stata un’occasione persa (anche perché giocata malissimo, senza che ci credessero e avessero idee propositive allettanti, neanche i promotori); qualche cosa potrebbe cambiare ora, con la fine di Berlusconi, alla quale, nel mio piccolo, una spintarella l’ho data anch’io; vediamo che succede, però ci vorrebbero amministratori giovani, motivati, non intrallazzati. Ci dobbiamo (dico dobbiamo perché mia moglie già risiede a Ischia, e presto anch’io, spero) pensare bene alle prossime elezioni, sia amministrative che politiche.
Caro amico,
forse ho esagerato; almeno per ora, mi fermo qui, e se ci saranno novità,
io mi sto preparando a queste novità.

tuo Alberto

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