La compagnia teatrale Artetéka è uno di quei valori aggiunti che ogni comunità cittadina potrebbe essere orgogliosa di mostrare nei cataloghi delle offerte culturali presenti sul territorio.

Il saporito amalgama di entusiasmi e di professionalità, di fantasie e di studi rigorosi, di sana follia artistica e di saggio rispetto verso le attese del pubblico invitato alle manifestazioni, è soltanto il più evidente merito del gruppo di giovani, per lo più trentenni, guidato da Salvatore Ronga.
Omaggio a Saramago, ha segnato una tappa importante per le ambizioni teatrali dell’affiatata compagnia composta da Nadia Buono, Viviana Mancini Agnese Santo, Roberto Scotto Pagliara, Massimiliano Sollino, accompagnata musicalmente da Agostino Iacono e da Enrico Iacono.

Successo e carenze strutturali
In altre pagine si è scritto dei lusinghieri aspetti artistici e delle valide iniziative connesse al ponte gettato con le istituzioni del Portogallo grazie al risalto dato all’opera dell’unico premio Nobel per la letteratura di quel Paese. Qui, mi preme porre in evidenza l’aspetto mediatico del settore spettacoli e cultura, proponendo una riflessione sulla distorsione con cui si sminuisce la potenzialità dei nostri patrimoni artistici, sacrificandola sull’altare di carenze strutturali e di inefficienze promozionali. Qualche esempio? I servizi igienici erano chiusi!; il sindaco, come prevede il protocollo, ha consegnato un omaggio al Console Onorario del Portogallo ma si trattava di un oggetto che gli era stato regalato dal gioielliere Bottiglieri; sempre il sindaco, leggendo il testo di saluto ha confuso l’origine degli artisti ischitani che hanno allestito le sale della torre, chiamandoli “artisti lusitani”…

Le perle ai porci
Nel foyer all’aria aperta in cui ci siamo intrattenuti subito dopo lo spettacolo (il cortile esterno della antica residenza dei Guevara affacciata sulla baia di Cartaromana, prospiciente il Castello Aragonese e con l’isola di Capri illuminata dalla luna), si ascoltavano spettatori entusiasti della rappresentazione interloquire con frasi tipo “Molto bravi…”, “Una bellissima serata d’arte scenica”, “Ottima la recitazione e molto interessante la regia”.
Tra i tanti elogi, una asserzione mi ha colpito particolarmente “Sono davvero bravi, sono sprecati, dovrebbero fare il salto di qualità e proporre i loro spettacoli a Napoli”.
Ero in compagnia di amici e così, per evitare di apparire inopportunamente polemico, mi sono trovato a voler tacere di fronte a quella che mi è subito apparsa come una ingiusta insolenza nei confronti della nostra società, ma forse giustificata dalle ottuse gestioni pubbliche del patrimonio culturale di cui possiamo vantarci.
Ma come – avrei voluto ribattere – qualcuno può indurci a credere che uno spettacolo da tutto esaurito, che ha tenuto fermi in piedi per oltre un’ora più di un terzo del pubblico presente, proposto in un luogo di memoria storica cinquecentesca in una delle più prestigiose mete turistiche del mondo, uno spettacolo messo in scena con fondi insufficienti ad elargire finanche un minimo gettone di presenza agli attori, ebbene qualcuno può indurci a credere che questo spettacolo se avesse voluto o se vorrà ricevere la giusta valorizzazione, avrebbe dovuto essere messo in scena in uno dei mausolei napoletani che a volte (vedi lo storico Trianon) sono passati attraverso le decennali “prostituzioni” della programmazione di film a luci rosse?

L’arte come un salame?
E allora, ancora una volta ho capito, con malcelato disgusto, che non basta l’essenza di un’Arte pura per bucare gl’involucri di plastiche opache che formano barriere lungo la strada delle opere artistiche e verso un consenso generale, ma le opere occorre dotarle di etichette, affidarle ad un gestore-padrone, snaturarne picchi di emozionalità per poi proporle in contesti omologati e tranquillizzanti -né più, né meno di come avviene per i salumi e le automobili!

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