Arriva da un piccolo laboratorio di ricerca dell’Università mediterranea di Reggio Calabria, l’ultima delle novità della green economy all’italiana che potrebbe rilanciare l’industria di una delle regioni più disastrate d’Italia producendo sviluppo e posti di lavoro. È l’intonaco al bergamotto, riscoperto grazie alla passione e alla dedizione di una giovane e brillante architetta reggina, Antonella Postorino che, da 10 anni conduce un certosino lavoro di ricerca che l’ha portata in giro per la Calabria con l’obiettivo di recuperare i materiali costruttivi della tradizione edile locale.

L’intonaco, così come tutti gli altri materiali storici locali “riscoperti” dalla Postorino, potrebbe dare il via ad un rilancio green dei borghi storici calabresi riattivando – a costi più contenuti rispetto agli intonaci a base di malta cementizia – l’industria locale perché ottenuto dalla miscela di calci naturali locali con i residui della lavorazione del bergamotto, agrume che cresce solo a Reggio Calabria.

Il recupero di antichi borghi
Non solo. Se applicato al recupero dei circa 45 borghi di pregio della regione che necessitano di interventi di recupero edilizio (come per esempio Palizzi, San Lorenzo o Roghudi, per dirne alcuni dell’area Reggina), e che riguarderebbero circa 1.500 edifici storici calabresi, potrebbe garantire risparmi sui costi a carico degli enti locali superiori al 30% rispetto ai metodi attualmente in uso.
In teoria tutto sarebbe pronto per partire ma in pratica tutto è fermo. L’intonaco non è ancora brevettato né si riesce a trovare imprenditori interessati avviarne la produzione su scala industriale e la commercializzazione in Calabria nonostante il prodotto, premiato da Legambiente nel 2010, abbia già suscitato l’interesse di molti costruttori, tra cui la Mapei di Squinzi, colosso dell’edilizia italiana.
Tutto quello che esiste in commercio sono le rimanenze della ricerca di laboratorio che pure, stanno terminando con il rischio, probabilmente, che questo prodotto, appena riscoperto, possa essere destinato ancora una volta a tornare nel dimenticatoio.
È l’ennesima storia di ordinaria follia del nostro Paese dove fare impresa è difficilissimo e dove purtroppo spesso le buone idee non solo non vengono premiate ma vengono addirittura ostacolate.

apostorino 1Una tesi di dottorato
«Nel 2002 – racconta Antonella Postorino – dalla mia tesi di dottorato è partito il Laboreg, il laboratorio regionale di ricerca scientifica applicata ai centri storici per la sperimentazione di materiali costruttivi locali. È stato possibile grazie al sostegno e alla fiducia del compianto professore Edoardo Mollica, docente di Estimo e valutazione economica dei piani e dei progetti dell’Università mediterranea di Reggio Calabria, che ha creduto subito in me e nel mio progetto; e grazie al sostegno della Regione Calabria che ogni anno finanzia questo laboratorio con circa 100mila euro all’anno. Il mio obiettivo è quello di riscoprire i materiali costruttivi locali utilizzati fino ad un secolo fa e poi dimenticati con l’avvento dei cementi industriali. Ho scoperto, per esempio, che la nostra regione è ricca di cave calcaree dismesse che potrebbero essere ancora utilizzate. Ed è ricca anche di materiali costruttivi tradizionali che potrebbero ancora trovare un posto di tutto rispetto sul mercato favorendo il rilancio economico della mia regione in un’ottica del tutto sostenibile e green».
Tra questi, l’intonaco al bergamotto, è un particolare tipo di intonaco con proprietà traspiranti dal caratteristico odore dell’agrume locale. Una miscela di calce naturale (rigorosamente reggina chiamata la “nuova calce storica di Palizzi” o, per usare il linguaggio degli imprenditori locali, “il petrolio giallo”) con i residui della lavorazione del bergamotto, una specie di mosto che in gergo viene chiamato il “pastazzo”.


Dal “pastazzo” all’intonaco: un meccanismo virtuoso

Nella provincia di Reggio Calabria si producono circa 140mila tonnellate di “pastazzo” ogni anno, pari al 70% del totale della produzione di bergamotto (200mila tonnellate l’anno). Una quantità enorme di scarti che attualmente hanno un valore di mercato bassissimo perché destinati alla discarica oppure, in agricoltura, alla produzione di alimenti per il bestiame ma che – se reimpiegati nell’edilizia – potrebbero innescare un meccanismo virtuoso.
«Con la morte del professore Mollica – continua la Postorino , avvenuta due anni fa, tutto si è fermato. Sono saltati i progetti per il recupero di alcuni borghi storici della Calabria, tra cui quello di Palizzi, chiusi i cantieri sperimentali che avevamo aperto e che comunque avevano già prodotto dei risultati. Mi sono trovata nella situazione imbarazzante in cui, le aziende di tutto il mondo mi chiamavano per sapere dove era possibile trovare questo intonaco e dover rispondere che non era commercializzato. Senza il professore Mollica, inoltre, il laboratorio non aveva più un referente all’università per cui rischiava la chiusura con la conseguenza di dover buttare all’aria 10 anni di ricerca».


BovaUn vicolo cieco

«Non si trovano imprenditori per industrializzare l’intonaco perché – chiarisce la Postorino – sulla Calabria ci sono forti pregiudizi ad investire oltre che l’incapacità di rischiare sull’innovazione. In realtà degli interessamenti ci sono stati ma non si sono concretizzati in nessuna attività specifica. Tutto si arena sempre davanti alla speranza di ottenere finanziamenti per non dovere investire di tasca propria su un prodotto che deve essere ancora conosciuto. A questo proposito l’iter per il brevetto, dopo la scomparsa del professore Mollica, si è arenato ed io, che all’università non sono strutturata, non ho né le risorse né la possibilità fattiva di poterlo portare avanti personalmente. Tutto è fermo».
Tenacemente attaccata al suo progetto, la Postorino, però, non si è lasciata scoraggiare e grazie al sostegno dell’assessorato alle attività produttive della regione Calabria, oggi guidato da Demetrio Arena, ex sindaco di Calabria dimesso, l’anno scorso, dopo appena tre mesi di mandato per il commissariamento del comune da parte del ministero degli interni, ha ripreso la sua ricerca.
«Da qualche mese – spiega Franco Prampolini, dirigente settore politiche energetiche attività estrattive e risorse geotermiche della regione Calabria – abbiamo riattivato i finanziamenti al laboratorio con un obiettivo più grande. Quello di realizzare il primo regionale delle attività estrattive della regione. Si tratta di una novità che metterà uno stop alla mala-pratica invalsa, fino ad oggi, delle cave abusive che permetteva, di fatto, a chiunque volesse estrarre dei materiali, di scavare e prenderseli senza alcuna conseguenza».

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