C’era molta attesa per la nuova opera di Silvia Colasanti, Faust, andata in scena al Teatro dei Rinnovati di Siena, nell’ambito della 68° Settimana Musicale Senese. Ma è stata una delusione. Lasciava ben sperare il quartetto per archi Di tumulti e d’ombre, eseguito a gennaio a Roma, e concepito come uno studio per questo lavoro teatrale.
La compositrice romana (www.silviacolasanti.it) ha tratto il testo dal Faust di Fernando Pessoa, concentrando in un lungo e pessimistico monologo (in 18 scene) le riflessioni di un personaggio vittima della sua incapacità di amare, della superbia dell’intelligenza, votato all’autodistruzione: «Faust – scrive la compositrice – è il personaggio che, con l’avvento della società industriale, simboleggia le enormi potenzialità e le contraddizioni proprie dell’intelligenza umana: essa è capace in sommo grado di determinare l’agire ma non riesce a spiegare l’essere, la vita. Tale divario, che trova un compromesso solo nell’aspirazione alla conoscenza e all’infinito, non fa però che alimentare il disagio della civiltà, perché l’Uomo trova un limite invalicabile proprio lì dove più gli interessa sapere. Il dubbio rimane per lui, finalmente, la sola conoscenza possibile».

Una tragedia soggettiva in musicaMattietti__faust_2
Ne è risultato però un monologo dalle scarse virtù teatrali, verboso, ridondante, oltretutto non cantato, ma affidato a un attore, Ferdinando Bruni, che lo ha declamato in uno stile enfatico, pieno di prosopopea, quasi insopportabile. A fronte poi di una parte musicale (per otto strumentisti) che appariva assai blanda, poco più che un sottofondo alla recitazione, anche se accuratamente eseguita dall’’Icarus Ensemble guidato da Gabriele Bonolis. Una partitura con squarci più interessanti (zone movimentate, piene di guizzi leggeri, o di successioni armoniche dal sapore tardo romantico), ma all’interno di una scrittura poco originale, ripetitiva, dominata lunghe nenie arcaizzanti e noiose. Insomma, questa «Tragedia soggettiva con musica» di Silvia Colasanti era più un melologo che un’opera, e anche il peso specifico dell’unica cantante (Laura Catrani, peraltro molto brava) era quasi nullo, si riduceva a pochi interventi, brevi interventi dal carattere modale, resi anche fastidiosi da una amplificazione assolutamente inutile.

Lo sguardo di Oscar Bianchi ad Aix-en-Provence
Inevitabile il confronto con la nuova opera del suo collega Oscar Bianchi – compositore milanese suo coetaneo (entrambi sono nati nel 1975): Thanks to my eyes, che aveva debuttato pochi giorni prima al Festival di Aix-en-Provence, funzionava infatti molto bene proprio perché riusciva a coniugare la dimensione semplice, leggibile, molto teatrale della vicenda narrata con una scrittura musicale ricca e complessa, che diventava come un tessuto connettore della inquietudini e delle tensioni presenti nel testo (www.oscarbianchi.com). Niente di rilevante anche nella regia di Francesco Frongia, che concentrava tutto l’interesse in un video: immagini speculari come incubi in bianco e nero, volti deformati, mani insanguinate, grandi occhi che si trasformano in strane concrezioni biomorfe, e poi planetari, giochi di acqua e di fuoco, antichi codici e forme geometriche. Ma la Settimana Musicale della Chigiana di Siena offre ogni anno diverse primizie.

Le cattive condotte di un monaco diplomatico
Mattietti_fede_ne_tradimenti_2Quest’anno c’è stata una bella riscoperta barocca, La fede ne’ tradimenti, opera seria composta nel 1701 da Attilio Ariosti. Autentico tesoro di invenzioni musicali, magnificamente diretta da Fabio Biondi alla guida dell’ensemble Europa Galante (www.europagalante.com), registrata da Rai Radio Tre, quest’opera in tre atti verrà ripresa a fine mese a Montpellier, e poi a settembre a Jesi, a dicembre a Cracovia, a Ginevra e anche al Parco della Musica di Roma. È stata anche l’occasione per conoscere un compositore (nato a Bologna nel 1666, e attivo in Inghilterra fino alla sua morte nel 1729) che al suo tempo godette di grande fama, autore di opere di successo, invitato dalla Royal Academy of Music di Londra, amico e rivale di Händel. Ma anche personaggio controverso e dalla vita turbolenta, monaco, virtuoso di viola d’amore, diplomatico imperiale, uomo di mondo, grande viaggiatore (fu a Londra, Berlino, Vienna e Parigi), bandito dallo Stato pontificio per “cattiva condotta”. La fede ne’ tradimenti venne eseguita per la prima volta a Berlino l’11 luglio 1701 in occasione del compleanno di Federico I di Prussia presso la corte di Sofia Carlotta elettrice di Brandeburgo. Composta su un libretto del letterato senese Girolamo Gigli, testo colorito e corrosivo, pieno di spirito arguto, è una parodia del dramma cavalleresco che racconta, sullo sfondo della guerra tra il re Fernando di Castiglia e il re Sancio di Navarra, le complicate, assurde vicende amorose tra Fernando e la figlia di Sancio, Anagilda, e tra la sorella di lui (Elvira) e il fratello di lei (Garzia). La partitura dischiudeva tutta la sua bellezza soprattutto nel secondo atto, per la ricchezza armonica, la finezza della scrittura strumentale, l’espressività delle linee melodiche: nelle stupende arie di Fernando imprigionato («Il morir m’è assai più fiero», piena di ritardi e di dissonanze, e «Questi ceppi e questo orrore»), nell’aria di Anagilda «Se il rigor t’imprigionò», sottolineata da magnifici arabeschi strumentali, nel loro duetto, «Un soave ristoro», ricco di colorature, intonato attraverso le sbarre della prigione. Ottimo il cast, dominato dalle tre voci femminili, Roberta Invernizzi (Anagilda), Lucia Cirillo (Elvira), Marianne Beate Kielland (Fernando); un po’ forzata invece l’emissione del basso Johannes Weisser (Garzia).

La modernità di un dramma cavallerescoMattietti__fede_ne_tradimenti_4
L’opera di Ariosti si è ammirata anche per l’allestimento di Denis Krief (che firmava regia, scene, luci e costumi) all’interno del piccolo Teatro dei Rozzi: budget minimo (come spesso accade di questi tempi) ma idee originali e soluzioni di grande effetto, da vero conoscitore del teatro. Pochi oggetti in scena (un manichino, una dormeuse), un fondale nero, un velatino che riproduceva il bosco, una semplice inferriata per la prigione, un grande cubo davanti alle poltrone di prima fila che diventava un prolungamento del palcoscenico. Il resto era giocato su simboli (ad esempio il nastro rosso per il sangue, o il passaggio dal velo nero che avvolgeva Anagilda nella prima sena a quello bianco, simbolo della riconciliazione, agitato festosamente dalle due coppie nella scena finale) e su un sapiente gioco di luci, capace da anche da solo di descrivere momenti idilliaci e momenti drammatici (le arie guerresche erano ad esempio cantate con le luci che illuminavano i personaggi dal basso, creando grandi ombre sullo sfondo). Ed è anche così che un dramma cavalleresco dell’epoca barocca è riuscito ad apparire più moderno di un Faust contemporaneo.

 

68° Settimana Musicale Senese


di Silvia Colasanti


Faust

commissione dell’Accademia Musicale Chigiana di Siena

interpreti: Ferdinando Bruni, Laura Catrani

regia: Francesco Frongia

scene e luci: Fernando Frigerio

allestimento del teatro Elfo Puccini

Icarus Ensemble diretto da Gabriele Bonolis

 

di Attilio Ariosti

La fede ne’ tradimenti

interpreti: Marianne Beate Kielland, Roberta Invernizzi, Lucia Cirillo, Johannes Weisser

regia, scene, costumi e luci: Denis Krief

Europa Galante diretta da Fabio Biondi

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