Chiamata in causa dalla Corte federale di Cassazione tedesca, i giudici europei hanno affermato che è illegale brevettare procedimenti che possano portare alla distruzione dell’embrione umano così definito

«Il corpo umano, nei vari stadi della sua costituzione e del suo sviluppo, nonché la mera scoperta di uno dei suoi elementi, ivi compresa la sequenza o la sequenza parziale di un gene, non possono costituire invenzioni brevettabili». Lo stabilisce l’articolo 5 della direttiva europea 98/44/CE sulla protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche.
A ricordare il passaggio è stata la Corte di Giustizia delle comunità europee nella sentenza depositata il 18 ottobre scorso nella causa C-34/10 contro un cittadino tedesco che nel 1997 depositò un brevetto relativo a cellule progenitrici neutrali ricavate da cellule staminali embrionali umane utilizzate per curare malattie neurologiche (la sentenza è leggibile tra i documenti correlati).
La Corte ha sottolineato come il suo intervento fosse rivolto solo a chiarire la portata della direttiva e non ad affrontare e risolvere un problema di natura etica, ma la pronuncia, ovviamente, ha scatenato un dibattito etico e opposte reazioni.
L’Europa incoraggia sì gli investimenti nel settore delle biotecnologie, ha precisato la Corte riprendendo la direttiva, ma permette l’utilizzo del materiale biologico di natura umana solo nel rispetto dei diritti fondamentali.

La vicenda
embrione_4celluleA dicembre del 1997 il sig. Brustle ha depositato un brevetto tedesco relativo a cellule progenitrici neurali isolate e depurate prodotte da cellule staminali embrionali per il trattamento di anomalie neurali. Nel fascicolo, Brustle specificava che esistevano già prime applicazioni cliniche circa l’impianto di queste cellule su pazienti affetti dal morbo di Parkinson. Per le anomalie neurali, chiariva, è necessario impiantare cellule in grado ancora di evolvere, che esistono solo durante la fase di sviluppo del cervello, «ma il ricorso ai tessuti celebrali di embrioni umani pone – riportava la relazione allegata al fascicolo – importanti problemi etici e non consente di far fronte al fabbisogno di cellule progenitrici necessarie per rendere accessibile al pubblico la cura mediante terapia cellulare».
Le cellule staminali embrionali, però, secondo Brustle potevano aprire nuove prospettive di produzione di cellule destinate ai trapianti e il brevetto puntava a risolvere il problema tecnico di una produzione in quantità illimitata di cellule progenitrici ricavate dalle staminali embrionali.
IL Tribunale federale dei brevetti, su ricorso di Greenpeace eV ha dichiarato la nullità del brevetto delle progenitrici proprio perchè derivanti dalle staminali embrionali, ma Bustle ha fatto ricorso alla Corte federale di Cassazione tedesca che a sua volta ha interpellato la Corte di Giustizia Ue sulla interpretazione da dare alla nozione di “embrione umano” lasciata in sospeso dalla direttiva. Una interpretazione, quest’ultima, che secondo la Cassazione tedesca «non può che essere europea e unitaria».
I giudici tedeschi hanno chiesto di sapere anche se le cellule staminali embrionali umane che fungono da materiale di partenza per i procedimenti brevettati costituiscano “embrioni” a tutti gli effetti. Se ancora siano compresi tutti gli stadi di sviluppo della vita umana a partire dalla fecondazione dell’ovulo o se debbano essere rispettate ulteriori condizioni come ad esempio il raggiungimento di un determinato stadio di sviluppo, se debbano inoltre essere compresi gli ovuli umani non fecondati e le cellule staminali ricavate da embrioni umani nello stadio di blastocisti.
E ancora quale sia la nozione di “utilizzazione di embrioni umani a fini industriali o commerciali” e se questa comprenda qualsiasi sfruttamento commerciale anche in caso di utilizzazione finalizzata alla ricerca scientifica.

Le risposte della Corte Ue
embrione_clonazione_art_040204Nonostante la definizione di embrione umano costituisca un tema sociale particolarmente delicato in numerosi Stati membri, dice la sentenza, la Corte non è chiamata ad affrontare questioni di natura medica o etica ma deve limitarsi ad un’interpretazione giuridica delle pertinenti disposizioni della direttiva
La direttiva, sottolinea la Corte, stabilisce che «il diritto dei brevetti deve essere esercitato nel rispetto dei principi fondamentali che garantiscono la dignità e l’integrità dell’uomo» e vieta che il corpo umano, nei vari stadi della sua costituzione e del suo sviluppo, possa costituire un’invenzione brevettabile. Così come stabilisce che sono contrari all’ordine pubblico o al buon costume e per tale ragione esclusi dalla brevettabilità, i procedimenti di clonazione di esseri umani, i procedimenti di modificazione dell’identità genetica germinale dell’essere umano e le utilizzazioni di embrioni umani a fini industriali e commerciali. Ma la direttiva specifica anche che l’elenco non è esauriente e anche tutti i procedimenti la cui applicazione reca pregiudizio alla dignità umana devono essere esclusi dalla brevettabilità.
«Da ciò risulta – si legge nella sentenza – che la nozione di embrione umano ai sensi dell’articolo 6, n. 2 lettera c) della direttiva deve essere intesa in senso ampio. In tal senso sin dalla fase della sua fecondazione qualsiasi ovulo umano deve essere considerato embrione umano, dal momento che la fecondazione è tale da dare avvio al processo di sviluppo di un essere umano».
La Corte specifica come la qualifica di embrione umano deve essere riconosciuta anche all’ovulo umano non fecondato in cui sia stato impiantato il nucleo di una cellula umana matura e all’ovulo umano non fecondato indotto a dividersi e a svilupparsi attraverso partenogenesi. Perchè «anche se tali organismi non sono stati oggetto, in senso proprio, di una fecondazione, gli stessi, per effetto della tecnica utilizzata per ottenerli, sono tali da dare avvio al processo di sviluppo di un essere umano come l’embrione creato mediante fecondazione di un ovulo».
Per quanto riguarda invece le cellule staminali ricavate da un embrione umano nello stadio di blastocisti, la Corte rinvia al giudice nazionale stabilire se esse siano tali da dare avvio al processo di sviluppo di un essere umano e di conseguenza se rientrino nella nozione di embrione umano.
Va quindi esclusa, conclude la Corte, la brevettabilità riguardante l’utilizzo di embrioni umani a fini industriali o commerciali, o per la ricerca scientifica, mentre può essere oggetto di un brevetto solo l’utilizzazione per finalità terapeutiche o diagnostiche applicate all’embrione umano e a questo utili.
Infine non si può brevettare un’invenzione se «l’insegnamento tecnico oggetto della domanda di brevetto richieda la previa distruzione di embrioni umani o la loro utilizzazione come materiale di partenza, indipendentemente dallo stadio in cui esse hanno luogo e anche qualora la descrizione dell’insegnamento tecnico oggetto di rivendicazione non menzioni l’utilizzazione di embrioni umani».

Sentenza Corte Ue nella causa C-34/10

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