– Rafe’ nun ce riesco… – Ma comme… tu scrivi tante cose… – Mi manca il necessario distacco. Mi guarda come se volesse dirmi… “è una scusa”. E forse ha ragione.


“Rafe’” è il mio amico Raffaele Napolitano, con il quale faccio due passi, insieme alle nostre rispettive mogli Linda e Maria Rosaria, alla fine di una splendida, emozionante e, per certi versi, drammatica giornata a Nola.
Raffiche di vento insistente e freddo ci hanno accompagnato per tutta la giornata e ancora si fanno sentire anche se, entrando nella serata, dove il sole che pure ci ha accompagnato lungo il giorno via via si spegne e fioche luci che si fanno sempre più intense e dominanti vanno prendendo il suo posto, sembrano un po’ acquietarsi.
Procediamo con ordine:
Bisogna fare un salto indietro nel tempo di molti anni:
11 settembre 1943.
Nola – Quartiere dell’Esercito Italiano, affiancato fino a pochi giorni prima dall’Esercito Tedesco.
Situazione incerta, tesa, i Tedeschi considerano ormai nemici gli Italiani.
Ci sono forse primi spunti di Resistenza; viene ucciso un soldato tedesco.
Tafferugli, baraonda, ordini contraddittori, probabilmente, ed ordini diversi, ben precisi, per i Tedeschi.
Con uno stratagemma questi ultimi disarmano il contingente italiano.
L’ordine è 10 italiani da fucilare per 1 tedesco.
Scelgono gli ufficiali, partendo dal grado più alto.
Un soldato italiano viene ucciso per aver tentato di opporsi.
C’è un ufficiale che si sacrifica al posto di un altro, straziato dal dolore di quest’ultimo.
Alla fine vengono giustiziati 10 ufficiali, tra cui mio padre, il tenente Alberto Pesce.
Il resto della truppa viene disperso.
Pochi giorni dopo, la notizia giunge in modo improvviso e dirompente a mia madre, incinta.
Grande, insopportabile dolore di morte solo da rinviare.
Dopo qualche mese nasco, in condizioni estreme, mia madre muore da lì a poco non senza avermi prima dato lo stesso nome di mio padre.
Vengo nutrito da una brava donna di S.Marco dei Cavoti, il piccolo paese dove sono nato, contemporaneamente, più o meno, alla mia “sorellina di latte”.
Allevato per i primi 3 anni da una generosa famiglia.
Successivamente via da lì, a Maddaloni, adottato dai genitori più affettuosi di questo Mondo, ormai anch’essi morti.
Forse, caro direttore, ti avevo già parlato di questa storia, una storia dai connotati, oltre che molto drammatici, come vedi, anche molto nebulosi: quella fu la prima rappresaglia dei tedeschi contro gli italiani, come mai non se ne è parlato per lunghissimo tempo? Perché proprio lì? Ordini da Napoli? Perché non ci fu la minima resistenza? Oggi, grazie anche a interessamenti da più parti, cominciano ad aprirsi spiragli di luce: anche se l’episodio è ormai vecchio, è utile perché per battere il MALE bisogna conoscerlo BENE.

Caro Raffaele, parliamoci chiaro, il “famoso” eccidio di Nola è rimasto lettera morta per oltre 50 anni; è stato messo a tacere, come si suol dire. Solo recentemente c’è stato qualche riconoscimento, quantomeno dalla Regione Campania, grazie, in modo specifico, alla lettera aperta del presidente dell’associazione Amici del Marciapiede, Luigi Napolitano, e al Presidente della Giunta Regionale, Stefano Caldoro.
Prima di oggi, era stato riesumato, per la prima volta, dalla stratificazione della memoria nel 1997, per l’iniziativa di un militare testimone dell’epoca, Ugo Tebaldini e della stessa associazione all’epoca rappresentata, ai miei occhi, da te e dal presidente Luigi Conventi.
Ma i familiari (quelli ancora viventi) non hanno mai preso alcuna iniziativa. Me compreso.
Ci fu quella prima volta, alla quale parteciparono in molti, ma in seguito… niente di significativo, come mai? Come te lo spieghi?
E’ come se ci fosse stato un blocco. Tutti sono rimasti prigionieri di un solo giorno, forse un’ora, o un solo quarto d’ora che non è mai terminato, e ancora oggi è fermo.
Perché? E’ un mistero anche questo, ma forse meno di quanto si possa credere:

C’è una rimozione, certamente, di quell’episodio che ha cambiato le nostre vite; ma tanto più ha cambiato le nostre vite quanto più è abnorme e inspiegabile.
UN EPISODIO OSCURO e tuttora CIRCONDATO DI MISTERO, come se qualcosa o qualcuno si frapponesse alla ricerca e alla affermazione della VERITA’ DEI FATTI.

Un evento così estremo è qualcosa di più di una guerra.
Guerre, terremoti, sono tragici aspetti della vita, dell’Umanità, certamente da fronteggiare e possibilmente frenare il più possibile, con l’intelligenza, con la scienza, con la fratellanza; ma qui non c’è guerra, non c’è un soldato che va in battaglia e viene ucciso, un bombardamento sotto il quale può rimanere chiunque.
Qui c’è quello che s’è detto, la burocrazia, il disegno della morte e dell’offesa, della mortificazione dell’umana dignità.
Questo comporta che è molto più difficile farsene una ragione; o c’è rimozione, appunto, o c’è l’impossibilità di dimenticare.
La nostra vita è cambiata. Io, avendo perso anche mia madre, Marianna Agnona, morta a 26 anni il 30 aprile del ’44, un mese dopo la mia nascita, a San Marco dei Cavoti, il paese della nascita mia e della morte di mia madre, andai all’adozione speciale, per cui cambiai anche il cognome, assumendo quello dei miei genitori adottivi, ottime persone. Ho sempre considerato i miei genitori adottivi i miei veri genitori, ma si trattava di un’altra vita.

Cambia la vita di chiunque patisca di riflesso un evento traumatico, ma in casi come questo non riesci a pensare ad altro che LA TUA VITA E’ CAMBIATA PROPRIO PER QUEL FATTO.
Anche l’abbattimento delle 2 Torri a New York l’11 settembre 2001 e gli altri eventi connessi non sono “guerra”; anche lì c’è stata una meditata e organizzata ferocia dell’Uomo contro i suoi simili.
Per questo secondo me, dovrebbe esserci un comitato, una pubblica iniziativa, certo, con il contributo decisivo delle Forze Istituzionali per promuovere un gemellaggio Nola – New York (tra l’altro, curiosamente, anche quell’episodio, come è noto, ha un alone di mistero sulla sua genesi e la sua attuazione). I due eventi vedono parallelamente, da una parte la Libertà e la Democrazia e da un’altra parte contrapposta, l’Oscurantismo e il Terrore.

E’ l’11 settembre che, ormai ha assunto la connotazione di DATA FUNESTA.
11 settembre 1800 – Napoli – Viene giustiziata Luisa Sanfelice, a chiusura di un bagno di sangue che fece seguito alla mai realizzata Repubblica Partenopea (per ora; mò ce pensa Bossi), quando ormai non ce n’era più motivo, tant’è vero che non c’erano più in giro neanche i boia, e fu necessario incaricare un macellaio.

Un altro possibile gemellaggio, come è stato preannunziato, è quello con le 4 giornate di Napoli di poche settimane dopo (28 settembre – 1 ottobre 1943).
Anche questo sarebbe sacrosanto perché esse rappresentano la continuazione, il riscatto, la reazione.
La forza di ribellione, la volontà, il sacrifico non vanno dimenticati: LA CAPACITA’ DELL’UOMO DI RISOLLEVARSI, facendo leva su ciò che di buono alberga nel suo animo.

Prima ho parlato di terremoto, ma il recente crollo della palazzina di Barletta, dove sono morte 5 donne, tra cui una ragazzina di 14 anni, non è “terremoto”, o il crollo della scuola di San Giuliano di Puglia del 31 ottobre 2002, dove morirono 27 bambini e la loro maestra Carmela Ciniglio, non è “terremoto” come risultò anche in sede giudiziaria. Lì si sono manifestati altri mali che ugualmente stroncano la vita delle persone e cambiano la vita di chi resta: L’INCURIA, L’AVIDITA’, IL MENEFREGHISMO dell’Uomo.
Anche contro questo bisogna lottare per una Civiltà che abbia un futuro.

Di quante altre “non guerre” potremmo parlare: penso agli stupri ed assassini efferati, penso ai casi di terrorismo e strategia della tensione, alla criminalità organizzata, ai Falcone e Borsellino, tutti fenomeni che abbondano in Italia, alle espugnazioni e saccheggi di città e villaggi, o all’essere uccisi in un aereo o in una funivia, perché un aereo militare ha sparato o ha tranciato i fili, e di quanti altri “non terremoti” potremmo parlare, penso agli 11 fiori del Melarancio (chi conosce la storia sa a che cosa mi riferisco), ad ubriachi e drogati alla guida di veicoli assassini, al treno cisterna che deragliò ed esplose a Viareggio, per disattenzioni e superficialità varie. Non so se chi ne è stato, direttamente o nei propri affetti, colpito, rimanendone superstite, è capace di parlarne.

E qui mi riallaccio alla nostra passeggiata serale per le vie di Nola.
Io non so, caro Raffaele, se sarò mai in grado di scrivere diffusamente dell’11 settembre del ’43 o scrivere qualcosa che si ispiri a quell’evento che non è guerra. Però… se potessi, almeno, rendermi conto specificatamente, di che cosa si tratta…
Ti saluto con affetto.

Sabato 15 ottobre 2011 ore 10
Per volontà DEL ROTARY CLUB DI NOLA – POMIGLIANO D’ARCO e con l’assenso del COMUNE DI NOLA viene inaugurata in Piazza d’Armi a Nola, molto semplicemente, senza nessuna enfasi, interpretando la volontà di tutti, una lapide a memoria degli 11 ufficiali italiani trucidati dai Tedeschi, proprio in quel luogo l’11 settembre 1943, tra cui mio padre, il tenente Alberto Pesce, 29 anni. E’, con me, presente anche Maurizio Forzati, figlio di un’altra vittima: il tenente Enrico Forzati, decorato alla memoria con medaglia d’oro, avendo offerto la sua vita, al posto di un altro giovane ufficiale designato. Tutti gli altri caduti furono ritenuti meritevoli di medaglia di bronzo.

Parto dai ringraziamenti, attraverso i quali, viene fuori un quadro abbastanza indicativo della elevatezza morale e intellettuale della manifestazione e della giornata:

Ringrazio il Rotary di Nola-Pomigliano e la giornalista Carmela Maietta, presidente, per la sensibilità dimostrata nei riguardi di questo tragico evento e per la cortesia di avermi invitato;
ringrazio l’Istituto Campano di Storia della Resistenza, e in particolare il Prof. Guido D’Agostino dell’Università Federico II di Napoli e il Prof. Aniello Montano dell’Università di Salerno per l’attenzione e la delicatezza con cui hanno trattato la memoria storica dell’eccidio e i suoi risvolti, i suoi presupposti e le sue conseguenze;
ringrazio l’Amministrazione Comunale di Nola che ha sempre tenuto presente questa ricorrenza e dato spazio ad essa e, in questa manifestazione, con la diretta partecipazione del Sindaco Geremia Biancardi, ha dato di più; un ringraziamento a parte va a quest’ultimo per la determinazione dimostrata nel voler lasciare un messaggio forte e sicuro alle future generazioni, riservando nel progetto in atto di una risistemazione urbanistica di Piazza d’Armi, uno spazio centrale dedicato ai martiri dell’11 settembre ’43, perché essi non possono che occupare una posizione di centralità anche nelle pietre, nel concreto assetto urbano della città, oltre che nel cuore e nelle menti degli uomini, nel senso di umanità, o diciamo meglio, delle donne e degli uomini liberi e di buona volontà; altrimenti è meglio che resti solo il ricordo, un luogo dello spirito. L’utilizzo di una località periferica, o appartata per ricordare l’eccidio, non ha senso, come può essere generalmente e senza partigianerie, riconosciuto.
Ringrazio la redazione del C@ZZIBLOG ( www.ilcazziblog.splinder.com/ ) ed in particolare Autilia e Annibale Napolitano, grazie ai quali, diverse volte ho avuto modo di pubblicare anche qualche mio scritto sul giornale, e vedere recensiti miei libri, per la costanza con cui hanno sempre seguito questa ricorrenza e, pur non essendo io nolano, mi tengono aggiornato degli avvenimenti in atto;
Ringrazio l’Associazione Nazionale “Amici del Marciapiede” che non fa passare anno senza ricordare, quanto meno con una messa di suffragio, e anche attraverso il bellissimo calendario, e, soprattutto, Raffaele Napolitano che è autore della mia presenza a Nola e, sul quale confido per future rivisitazioni, documenti alla mano, e testimonianze di… qualcuno dei 2000 soldati di cui era composta (come abbiamo sentito dire) la guarnigione, che, sia pure novantenne o ultra, sarà ancora reperibile e potrà, semmai, ricordare.
Il mio ringraziamento va anche al Vescovato, che ci ha ospitato, ma, io so, attivamente operò a suo tempo, per il disseppellimento dei cadaveri dalla fossa comune, l’identificazione e una provvisoria degna sepoltura, così come l’Associazione Partigiani.
Infine, ma solo perché abbia maggior risalto il valore e il significato della loro presenza ringrazio, i cittadini, il mondo della cultura, i giovani.

Sento di dover fare cenno al filmato che, con passione e grande cura è stato preparato dagli studenti dell’Istituto Tecnico Superiore “Masullo – Theti” di Nola e dai loro docenti.
C’è un’intensità e una drammaticità in esso che mi conforta nella sensazione piuttosto diffusa di luogo oscuro della memoria e dell’angoscia.

Ringrazio anche a nome dei familiari, molti dei quali non ci sono più, delle altre vittime che, come ho fatto nella dedica di un mio libro di poesie (l’unico che ho firmato con uno pseudonimo perché fosse spersonalizzato), ricordo per ordine alfabetico, perché, parafrasando Totò, credo fermamente che nell’al di là, non ci sono colonnelli, caporali e capitani, ma solo le anime dei morti:
Consolato BENEDETTO, Roberto BERNINZONI, Odoardo CARELLI, Mario DE EMANUELE, Michele DE PASQUA, Gino IACOVONI, Pietro NIZZI, Amedeo RUBERTO, Luigi SIDOLI.
Nella dedica ho scritto “morti per la Patria”. Avrei dovuto scrivere “morti per la ferocia dei loro simili”.

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