Una serie di racconti, di sfoghi, di persone che volenti o nolenti si trovano a dover far ricorso al sistema sanitario nazionale, che è uno dei più belli perché prevede l’assistenza per tutti, ricchi e poveri, con assicurazioni e senza.

Funziona male, a volte funziona bene. Spesso basterebbe un po’ più di cortesia da parte di tutti, pazienti, medici e impiegati. Di sicuro servirebbe qualche ritocco a disposizioni e regolamenti che non fanno distinzioni tra malati cronici e temporanei (incidenti, riabilitazioni e altro). Gli Uffici Complicazioni Affari semplici sono sempre in agguato.

In principio furono i codici
“Ogni articolo ha un codice, questo lo sapevo, quello che ho scoperto dopo è che sacche e tubicini dei cateteri hanno due codici diversi perché mentre le sacche sono tutte uguali, i tubicini hanno dimensioni diverse”. Scusate se l’incipit è dei meno eleganti ma quando si tratta di assistenza agli anziani purtroppo di questo si parla.
“Quando ho iniziato il pellegrinaggio negli uffici della Asl del nostro territorio ero a digiuno di qualsiasi informazione riguardante l’assistenza sanitaria” dice A., raccontando le sue vicissitudini.
Perché di questo si tratta, di un vero e proprio pellegrinaggio, ci manca solo che prima di presentare le domande ti facciano ripetere la filastrocca che canticchiavamo da piccoli quando giocavamo in cortile: regina, reginella, quanti passi devo fare per arrivare al tuo castello? La filastrocca continuava: senza fede e senza anello ma con la punta del coltello? Ecco, a sentire tanti racconti, a volte si vorrebbe avere tra le mani proprio una punta di coltello.
“E’ stata una scoperta continua. La prima: quasi tutti gli uffici facevano orario dalle 8.30 di mattina alle 12.30, due sole volte a settimana le aperture pomeridiane e solo fino alle 17. Risultato: per me che lavoro a 50 chilometri da casa e a dieci dagli uffici della Asl, ogni volta è servito un giorno di ferie.
Seconda sorpresa: gli orari degli sportelli per fare le varie pratiche non coincidevano così come non coincidevano le sedi!
Risultato: sono stati necessari diversi giorni di ferie, ma poi però, dopo aver perso le pratiche solo due volte, mio padre è stato regolarmente iscritto al Cad (centro assistenza domiciliare)!
Quindi sono iniziati i pellegrinaggi per ottenere cateteri, traversine, pannoloni.
Ogni prodotto ha un suo codice, concetto importante. Per avere traversine e cateteri occorre fare domanda per una visita domiciliare (dimostrando attraverso certificati che il paziente si sposta difficilmente) quindi il medico comunica agli uffici il materiale necessario.
Il problema è che il medico che fa la visita non è quello che comunica l’elenco del materiale ritenuto necessario.
Dopo circa tre mesi (stavolta le pratiche non se le sono perse) sono arrivate le traversine e i tubicini…
E le sacche ci siamo domandati a casa?
Dove li colleghiamo adesso i tubicini? Ad una busta di plastica? Ad un unico sacchetto che dovremo comprare da soli e ogni volta sciacquare e riutilizzare?
O magari le sacche arriveranno semplicemente più in là?
Altro pellegrinaggio all’ufficio (al telefono rispondono raramente) e così si scopre che probabilmente il medico (quale non si sa) ha inserito un solo codice anziché due, perché sacche e tubicini che compongono i cateteri nel suo insieme, hanno due codici diversi.
Ma perché – si chiede A. – all’ufficio non mi hanno specificato che si trattava di due codici diversi? Magari avrei ricontrollato anche io.
Pensavano forse che i tubicini li avrei usati per fare le bollicine di sapone a papà?
Comunque sia mi sarebbe servita una sacca dove prendere acqua e sapone!!”
Adesso gli orari sono cambiati, a volte coincidono ma sempre di mattina, qualche volta di pomeriggio ma solo fino alle 17.
“Domande, questionari e quant’altro andavano poi rinnovati ogni anno e ogni volta bisognava ri-specificare la malattia, il paziente, le necessità. E ogni volta avrebbe dovuto firmare mio padre, infermo a letto. Così eravamo arrivati al paradosso che io prendevo i moduli, uscivo dalla stanza, firmavo a nome di mio padre e rientravo con il modulo compilato e firmato. Anzi no, le ultime volte firmavo direttamente nella stessa stanza, semplicemente girandomi di spalle, certe funzioni hanno bisogno del loro cerimoniale”.
Domanda: ma perché non prevedere una pratica per i malati cronici, senza dover ogni volta ricominciare tutto da capo e chiudere così gli Uffici Complicazioni Affari Semplici (Ucas).

Gli Ucas non smettono mai di lavorare
“La volete sapere l’ultima?” conclude A. “Dopo la morte di mio padre traversine, cateteri, pannoloni eccetera ci sono continuati ad arrivare per mesi, nonostante noi avessimo inviato i certificati di morte a tutti gli uffici, mancava solo il volantinaggio tramite elicottero.
Fortunatamente c’è sempre qualcuno che ha bisogno, sapete com’è, le pratiche sono lunghe e a volte si perdono…”.
L’Ufficio complicazioni affari semplici, una volta avviato, non smette di mangiare e risputare pratiche e certificati.

A proposito di rinnovi
A proposito di Ucas, una volta riportai via mia madre dagli uffici della nostra Asl di riferimento con la bava alla bocca e con il rischio di beccarsi una denuncia per aggressione.
“Signora la sua autorizzazione al parcheggio per portatori di handicap andrà rinnovata nel 2013”. Replica: “Ma io sono una cardiopatica cronica, mica guarisco da qui al 2013!”.
Risposta: “Ma i pass per i portatori di handicap li facciamo anche per chi si rompe una gamba, quindi sono temporanei e vanno rinnovati”.
Replica: “Non esistono quelli per portatori di handicap cronici, per quelli insomma che non guariranno mai come me?”
Se in questi uffici esistesse un minimo di sense of humor la risposta sarebbe “crediamo nei miracoli”. Purtroppo di umorismo non se ne vede neanche l’ombra, il risultato è stato che il dottore ha fatto una smorfia, ha alzato di occhi al cielo quindi ha elargito la solita frase che si dice quando non si hanno risposte: “le leggi non le facciamo noi”.

La gentilezza innanzitutto
Denunce per aggressione, punte di coltello, le cose a volte degenerano nel drammatico se non si mantengono i nervi saldi.
Se è vero infatti che le leggi non le fa chi lavora a stretto contatto con le persone, è anche vero però che nessuna legge può imporre gentilezza e cortesia.
“Mamma non si muove praticamente più, quindi ho fatto richiesta per avere una fisioterapia a domicilio” racconta B. figlia di una signora malata di Alzheimer.
“Una mattina verso le otto e mezza ricevo una telefonata da parte del Cad che mi informa che nella stessa mattinata sarebbe passato l’ortopedico per la visita. Mi viene detto esplicitamente che se rifiutavo se ne sarebbe parlato la prossima settimana (forse), prendere o lasciare.
Chiedo di essere inserita tra le ultime visite in modo da avere il tempo di lasciare il posto di lavoro e farmi trovare a casa. Mollo tutto non senza difficoltà e vado a casa dove, verso le 13.30, mi arriva la telefonata della signora del Cad.
E’ furiosa con me, mi accusa di aver lasciato il telefono spento, di aver impedito al medico di effettuare la visita e che lo stesso, arrivato dalle parti di casa nostra, non riuscendo a trovare la porta, impossibilitato a raggiungermi telefonicamente, se ne era dovuto andare!
Ho fatto presente di non essere così stupida da lasciare il lavoro per poi spegnere il cellulare, ma soprattutto, aggiungo: perché avrei dovuto negarmi al medico se ora ho risposto a lei?” tu tu tu… telefono riagganciato in faccia.
“Non è finita lì perché la signora dopo mezz’ora ha richiamato e mi ha trattata come fossi una bambina di tre anni per dirmi che aveva davanti a sé il medico e che il registro delle chiamate del suo telefono aveva tra i numeri quello mio e che quindi io non avevo risposto.
Inutile la replica per far presente che anche io avevo il registro delle chiamate e che quella del medico io non l’avevo.
Molto seccata (per usare un’eufemismo), la signora mi ha quindi comunicato che il medico sarebbe passato la settimana successiva.
Il giorno della visita ho richiamato l’ufficio chiedendo conferma (sapete com’è, si era trattato dell’ennesimo giorno di ferie)”.
Risposta: e signora, che ne sappiamo se il medico passa, del resto l’elenco delle visite lo prende lui.
Replica: perché voi non avete una copia, non esiste un programma delle visite, non ha davanti a sé un computer per controllare l’elenco delle visite della giornata?
Silenzio…
Morale: Vuoi vedere che le visite vengono stabilite giorno per giorno, scritte su un foglietto a penna poi consegnato al medico di turno?

Questioni di coerenza
“Mio padre e mia madre, ultraottantenni, con storie di carcinomi alle spalle, hanno fatto domanda per avere le agevolazioni previste dalla legge 104” dice F.
“Il primo ad essere convocato è stato mio padre; ha fornito generalità, patologie etc. quindi gli è stato chiesto quale dei tre figli fosse il referente per inserirlo nella richiesta. Mio padre ha guardato mia madre ed è rimasto perplesso perché pensava che questa comunicazione dovesse essere fatta successivamente”.
Ma come – è stata la domanda scandalizzata, risentita e alquanto nervosa, per non dire aggressiva – presenta la domanda per la 104 e non sa ancora quale figlio sarà il referente?!?
A completare il quadro sarebbe mancato solo: si vergogni, perché per il resto c’era tutto, compreso il dito indice che roteava in aria.
“Mia madre – ha continuato F. – è stata chiamata pochi giorni dopo. Stavolta ad accompagnarla sono andata anche io e siamo arrivate sul posto preparate, con tanto di nome e cognome del figlio referente. Forniti nome, cognome, indirizzo e patologie, siamo rimaste sedute aspettando la fatidica domanda.
Niente.
Siamo rimaste sedute in attesa, così dopo un primo momento di esitazione la signora ci ha detto: è tutto potete andare.
E noi: ma come non dobbiamo comunicare il nome del figlio referente?
Risposta: Nooooo! Quello si fa successivamente!
Piccolo particolare: gli impiegati erano gli stessi.
Secondo piccolo particolare: mia madre non ha l’Alzheimer, è lucidissima e si ricorda le persone, persino a distanza di qualche giorno”.

Troppi figli
M. e A. hanno iniziato le pratiche per avere l’assistenza sanitaria all’estero perché A. per lavoro starà tre anni in Belgio. Si informa, gira su internet e legge che i moduli da compilare sono più d’uno.
Insieme si recano alla Asl di riferimento, dove, udite udite, non sanno che tipo di pratiche fare per casi del genere. Così M e A si recano all’ufficio centralizzato che li informa chiedendogli anche in quale Asl andranno poi presentare tutte le pratiche. Appreso il nome l’impiegato sconsolato gli rivolge un: buona fortuna.
M. torna da sola all’ufficio in questione, carica dell’incoraggiamento del centrale e informa l’impiegato circa le pratiche da sbrigare. In un’atmosfera che descrivere kafkiana sarebbe poco, M. pena non poco per avere i moduli (che non si trovavano), quindi invita caldamente l’impiegato a caricare la pratica sul computer, nonostante i ripetuti inviti a tornare in un altro momento (ferie in vista?).
Alla domanda quanti figli ha, M. ha detto purtroppo la verità: tre.
Treee? ha risposto l’impiegato sconsolato, mi tocca fare due moduli per ognuno, ma perché avete fatto tre figli?
E’ successo, purtroppo. Peccato che non sia stato registrato.

Non tutti sono uguali
“Mio figlio ha un disturbo del comportamento, è un’Asperger, quindi abbiamo sempre chiesto il sostegno a scuola per aiutarlo a concentrarsi, a seguire le lezioni” dice E.
Tralasciando tutti i racconti riguardanti la scuola, il sostegno, i docenti e i presidi incontrati (Meriterebbero un discorso a parte, si potrebbe pensare ad un racconto a puntate, con molte puntate) E. ha sempre faticato non poco per organizzare il Glh (gruppo lavoro handicap): alle medie se ne occupava l’insegnante di sostegno, mentre alle superiori era lei a dover correre dietro a dottori della Asl e insegnanti. “Il problema era che essendo la nostra Asl molto grande, la psicologa doveva correre in lungo e in largo, quindi era un’impresa trovare un giorno libero”.
Da quando si sono spostati, E. non pena più per avere il suo Glh, perché Asl e scuola si sentono, concordano una data e lei viene convocata.

Fatti e personaggi raccontati sono purtroppo realmente accaduti.
Non è divertente scrivere sempre di disservizi e disorganizzazioni. La realtà è che se hai un malato in casa, dottori Asl e impiegati partono sempre dal presupposto che in casa ci sia una persona a lui dedicata. Perché non si può lavorare e contemporaneamente avere un figlio, un marito, un padre o una madre bisognosi di assistenza. Sarebbe bello ma non sempre è possibile. La cifra del cosiddetto “accompagno” prevista per i malati non autosufficienti è di appena 400 euro mensili: non si può rinunciare ad uno stipendio per una cifra simile che basta a malapena a comprare i pannoloni quando le pratiche della Asl non vanno a buon fine (vedi alla voce perdersi le carte nei meandri dei vari uffici).
Vorremmo anche raccontare di Asl che funzionano che offrono servizi. Le stiamo cercando, speriamo di non far passare troppo tempo prima di scriverne.

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