Non un manifesto ma una presa di coscienza di cosa vuol dire avere voglia «di imparare le favole» appena fuori quella che chiamiamo con buona approssimazione civiltà occidentale. Un monito per non dimenticare quanto certi diritti non siano da considerare scontati, mai.

Da questa prospettiva, la scelta di intitolare “Tutte a scuola” l’evento speciale sostenuto dalla Commissione delle elette del Comune di Roma e organizzato da SENZA FRONTIERE/withoutborders, film festival umanitario internazionale, alla casa del cinema di Roma diventa anche un modo per riflettere sul ruolo dell’educazione scolastica obbligatoria e della cultura nelle sue sfaccettature all’interno di una nazione.

«La battaglia per l’istruzione – ha affermato la giornalista del Tg3 Lucia Goracci, intervenuta nel dibattito seguito alla proiezione del film iraniano Buddha collapsed out of Shame di Hana Makhmalbaf – è quella che influenzerà anche l’esito delle primavere» nel medio Oriente. Proprio perché un «popolo ignorante e affamato» è facile preda dei Mullah e delle potenze straniere, la più grande condanna che in modo innocente subiscono le bambine afghane è quella alla subalternità prima ai padri e poi ai mariti per ignoranza.

Il documento visivo –
Le femmine non vanno a scuola. Un dato di fatto nella Valle di Bamian, località montuosa ad est di Kabul nel quale è ambientato il film iraniano vincitore dell’Orso d’argento al Festival cinematografico di Berlino del 2007. La proiezione spazza via qualsiasi vena polemica. È un film e insieme un racconto come quello dei cantastorie: Bakthay ha sei anni e voglia di andare a scuola. Lo sceglie da sola, ascoltando il bambino che vive nella grotta accanto alla sua, Abbas; persegue il suo obiettivo con determinazione, sfidando le difficoltà materiali (acquistare quaderno e matita), il mondo dei grandi e quello dei suoi coetanei che giocano alla guerra e alla lapidazione. Non ci sta ad essere definita «piccolo insetto». Gli adulti sono quasi completamente assenti. Sono gli occhi e i comportamenti dei bambini che raccontano i sentimenti: la curiosità, l’amicizia, la collera, la paura, la rabbia. Non basta la determinazione: «Bisogna morire per essere liberi» è la frase che chiude il film, mentre sullo schermo scorrono le immagini di una Bakthay che si lascia cadere su un letto di fieno sotto i colpi di mitra di legno imbracciati dai suoi coetanei.

Il Film festival –
Parte dall’assunto che la pace nasca dalla conoscenza, il 2013 del film festival umanitario internazionale dedicato a film capaci di mettere in evidenza quanto abbiano in comune gli esseri umani e di raccontare storie di vita eccezionali. Giunto alla sua sesta edizione, che si svolgerà a Spoleto il 5, 6, 7 luglio 2013, nell’ambito del Festival dei Due Mondi, Senza Frontiere continua a vivere durante l’anno con la realizzazione di eventi e manifestazioni in  diversi paesi del mondo per affrontare col pubblico temi cruciali alla convivenza civile nel nostro tempo.

Malala-Yousafzai-008Il riconoscimento – Il primo evento dell’anno è stato proprio quello di Roma, occasione per consegnare a Malala Yousufzai, la ragazza pachistana colpita dai Talebani lo scorso mese di ottobre perché promuoveva l’istruzione nel suo paese, una borsa di studio che le permetterà di completare la sua formazione. A sottoscrivere l’impegno Monica Cirinnà, presidente della Commissione delle Elette del Comune di Roma, che ha recentemente fatto conferire a Malala la cittadinanza onoraria della città.

La proposta di collaborazione – Nei racconti e nelle testimonianze su presente e passato trova spazio una proposta per il futuro in via di concretizzazione. A presentare il progetto Parisa Nazari, iraniana, fondatrice dell’Associazione “Donne per la dignità” dedicata alla tutela dei diritti delle donne all’istruzione e al lavoro. L’operazione “Dialogo tra le culture” cerca i mezzi per finanziare borse di studio da conferire alle ragazze che desiderano venire in Italia per frequentare quei corsi di Laurea che in Iran sono diventati inaccessibili in seguito alle “autonome” decisioni degli atenei locali, concretizzando in questo modo la denuncia contro questa limitazione del diritto allo studio. Da questo anno accademico, ha raccontato la Nazari, 36 facoltà hanno proibito l’accesso a 77 corsi di laurea, in materie tradizionalmente aperte alla frequenza femminile, dalla pedagogia all’architettura. Allo sbarramento in accesso si è aggiunto il peso del cambio tra moneta locale e dollaro in seguito alle sanzioni comminate all’Iran: studiare all’estero è diventato troppo oneroso per il ceto medio. Il progetto di vita, «il sogno» come l’ha definito la Nazari dell’ammissione all’università diventa per tante famiglie semplicemente irrealizzabile.

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