È giusto applicare una prevenzione patrimoniale al pubblico ufficiale sospettato di corruzione che ha un tenore di vita ben al di sopra delle sue possibilità? Se ne discuterà nei prossimi giorni in aula al Senato durante l’esame delle norme anticorruzione perché all’articolo 10, Udc e Pd hanno presentato una proposta di modifica che inserisce una misura cautelare per comportamenti ad alto sospetto di fonte corruttiva.
 

Debacle della maggioranza a parte, la discussione sulle misure anticorruzione offre qualche spunto di riflessione interessante sul merito di qualche proposta di modifica presentata e non ancora discussa.

Gli “intoppi” politici del dibattito
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La discussione del provvedimento si è arenato tra mercoledì 8 e giovedì 9 giugno sul primo articolo, riguardante il Piano nazionale anticorruzione, con la maggioranza di centrodestra prima battuta su un emendamento soppressivo dell’articolo 1, poi costretta al ritiro di un emendamento ripropositivo delle misure vista l’indisponibilità delle opposizioni, quindi fino ad arrivare al richiamo del presidente del Senato Schifani ad un senso di responsabilità di tutte le forze politiche affinché nei prossimi giorni si giunga ad un accordo unanime. Un altro motivo di discussione è stata poi la bocciatura dell’emendamento in materia di tutela del dipendente pubblico che segnale illeciti e la norma volta a distinguere gli interventi di protezione civile finalizzati a fronteggiare le conseguenze di calamità naturali dalla gestione dei grandi eventi. tutte questioni che ovviamente hanno richiamato le inchieste in corso sul G8 alla Maddalena.

Pubblici ufficiali con i “beni al sole”

Se dovesse essere approvato l’emendamento presentato da Udc e Pd, il 10.3, potrebbe scattare una misura cautelare per il pubblico ufficiale sospettato di corruzione che possiede beni sproporzionati e ingiustificati rispetto al reddito percepito e alla capacità economica dichiarata con la dichiarazione dei redditi. Un argomento delicato perchè invade “le vite degli altri” ma qui non si tratterebbe di tornare alla Stasi. L’emendamento dice, sostanzialmente, che chi ha un tenore di vita che non è proporzionato alla sua dichiarazione dei redditi, un pubblico ufficiale con uno stipendio medio non può permettersi ville di lusso o barche milionarie, quindi accertamento fiscale a parte, se dovesse dimostrare “un possesso ingiustificato” di beni, potrebbe incappare nella misura cautelare della sospensione temporanea dall’amministrazione dei beni nel caso in cui sia indagato per corruzione. Non solo. Nel caso in cui le proprietà e le sue disponibilità risultino non proporzionate al reddito o alla sua capacità economica, le verifiche e le indagini dovranno prendere come base di riferimento proprio gli emolumenti annuali resi pubblici. La sua pericolosità sociale dovrà quindi essere valutata anche in rapporto al corretto andamento della pubblica amministrazione.
Al momento, la misura di prevenzione della sospensione temporanea dall’amministrazione dei beni esiste solo per i privati titolari di imprese in odore di rapporti con la mafia e della norma non è mai stata contestata la costituzionalità.
Resta allora da vedere se politicamente sarà possibile far passare una misura che impedisce ad un pubblico ufficiale in odore di corruzione di amministrare dei beni.
Ddl 2156, Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione; Emendamento 10.3, 10 giugno 2011

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