Da giovanissimo writer ribelle a quotato esponente della Street Art. Daniele Nicolosi, in arte Bros, 30 anni, ha appena inaugurato alle Officine dell’Immagine di Milano Squarus Colore dal corpo con un happening.

Bros, come hai iniziato?
A 15 anni, assieme a un mio compagno di classe, al liceo artistico, scegliemmo un muro scalcagnato vicino casa. Era un luogo dove noi ragazzi spesso ci ritrovavamo. Così abbiano iniziato a disegnare per strada. I primi tempi, quando eravamo dinanzi a un muro ci sembrava di stare di fronte a una tavola sbagliata, anche se le imperfezioni finivano per offrire una certa vivacità.

Avete avuto difficoltà?
Sì, sul piano delle prospettive: una cosa è un foglio A3 e un’altra è un muro di 5 metri per 3.

Cosa ti dicevano i tuoi genitori?
Erano preoccupati per le mie scorribande notturne, per le persone che potevo incontrare nelle stazioni ferroviarie, per i treni in transito.

La tua era una ricerca di libertà, un modo per sentirti padrone della città?
In realtà non proprio. La cosa bella era che non avevi alle spalle la professoressa pronta a segnarti gli errori con la penna rossa. Era il clima di spontaneità ad esaltarmi.

Le strade, le piazze, le stazioni ferroviarie sono state una palestra. Hai mai avuto paura?
La paura serve: scatta un’adrenalina tale che ti fa rimanere sempre sveglio, mai troppo rilassato. Uno sguardo in più e capisci e tante cose. Negli anni ho imparato a distinguere persino il rumore dell’auto della polizia… e questo ha la sua utilità.

È successo che un tuo disegno sia stato imbiancato da una squadra di pulizia del Comune di Milano?
Sì, è capitato. Una volta su un’enorme facciata in via Olona avevo realizzato Blood diamond, un gran bel disegno su cui l’amministrazione comunale aveva provveduto a passare effettivamente una mano di pittura bianca. Così, assieme a due amiche restauratrici diplomate a Brera, qualche giorno dopo siamo tornati sul luogo per ripristinare il disegno. E la cosa più gratificante è stata un’anziana signora che si è avvicinata per riempirci di improperi: “Ma che cosa stai facendo stai imbiancando il mio disegno preferito”.  Ci aveva scambiati per gli imbianchini comunali.

Che materiali si usano per strada?
Devi essere veloce e, non avendo grandi budget, devi poter utilizzare pitture che non costino molto; quindi colori acrilici che si essiccano subito usati con spray, grossi pennelli e rulli.

Come prepari i tuoi interventi?
Dipende. Ci sono degli interventi che fatti di notte sono molto più pericolosi. Per esempio, qualche mese fa sono andato ad appendere un enorme telone dipinto su una impalcatura e l’ho fatto in pieno giorno, vestito da operaio con tanto di casco giallo. Si è perfino avvicinato il proprietario della ditta che stava effettuando i restauri e ha pensato che fossi un addetto di una ditta pubblicitaria attesa per la settimana successiva. Io l’ho rassicurato e gli ho detto che si trattava di un pannello di prova. Tutto è filato liscio. Se fossi andato di notte mi avrebbero arrestato.
Poi, un piccolo segreto: porto con me sempre le fanciulle. In caso di problemi funziona sempre: con loro sono sempre tutti più buoni e indulgenti.

E la gente come reagisce?
C’è chi si complimenta, chi ti tratta come un vandalo. L’importante è non scappare mai, significherebbe avere torto. Invece mi fermo a discutere, a confrontarsi.

Quanto ti è servito, per affermarti tra i writers, il tuo studio accademico?
Molto. Le linee a mano libera senza anni di esercitazione in classe non sarei riuscito a farle così facilmente. Eppoi per l’accostamento dei colori anche gli studi cromatici sono stati determinanti: alla fine anche le Tavole di Hitten, che a scuola per noi studenti erano una sorta di incubo, sono servite, eccome.

Cosa non deve mai fare un writer?
Mai seguire le regole. Neanche quelle dei writers. All’inizio, proprio come tutti i writers, disegnavo le lettere dell’alfabeto, poi però ho pensato di realizzare disegni veri e propri sui muri. Il fascino è seguire ciò che ti piace. Se va bene o non va bene lo decide solo chi guarda.

Perché hai scelto Bros come nome d’arte?
Per una questione di anonimato. È breve. Poi non ce n’è stato più bisogno. Oggi perfino mia madre mi chiama Bros.

Perché sei rimasto affascinato dai writers?
Sono segni graffianti, ruggenti.

Quando ti sei detto: sono un artista?
Mai. Lo hanno detto gli altri. Una volta ironicamente ho realizzato 80 lapidi su cui c’era scritto “VIA BROS artista contemporaneo data di nascita e punto interrogativo per quella di morte”. Una di quelle lapide è stata venduta all’asta a 1.600 euro. Incredibile.

Qual è stato il riconoscimento che ti ha dato maggiore soddisfazione?
Le email che mi scrivono le persone. Molti mi incitano:  “Continua così, non mollare”, altri mi sostengono moralmente. Una volta mi ha scritto il padre di un bambino nato con grossi problemi neurologici. Abitano a Quarto Oggiaro, in periferia di Milano, e tutte le volte che lui e la moglie portavano il bambino dal pediatra passavano davanti a muri dove c’erano miei disegni. Ebbene il bambino, che ha difficoltà a parlare, di fronte ai disegni si entusiasmava, impazziva. Mi hanno  invitato a casa loro e io ho disegnato l’alfabeto sul muro nella stanza del piccolo.

Cosa pensa di te Tiziana Moratti, il sindaco di Milano?
Credo che abbia problemi più imminenti da risolvere. Non penso di essere per lei un problema. I disegni che facciamo a volte costituiscono un dispiacere a volte un vanto. Nel volume “101 cose da fare a Milano” c’è un capitolo dedicato ai miei interventi.

E l’ex assessore alla cultura, Vittorio Sgarbi?
A lui piacciono i miei disegni: ha scritto la prefazione al mio catalogo.

Il Comune di Milano ha dichiarato guerra ai writers quattro anni fa; lo scorso anno la giunta municipale di Roma ha varato multe e sanzioni ma ha anche offerto dei muri liberi. Che ne pensi?
La legge che giunge a prevedere l’arresto per i writers dovrebbe essere applicata anche ai politici durante le campagne elettorali: avete presente i manifesti incollati dappertutto? E’ importante invece dire che noi ci siamo conquistati degli spazi senza chiederli a nessuno. Basta concorsi artistici; il concorso è la strada. Ti metti in gioco direttamente dinanzi al pubblico.

Mentre stavi disegnando sui muri della sede di una rivista di annunci pubblicitari a Milano, ti hanno fermato i vigili e un anno fa sei finito in tribunale “per imbrattamento”. Come ti sei difeso?
Avrei chiesto una perizia da affidare a un critico d’arte per appurare se si è trattato di deturpare o di valorizzare un luogo. E poi avrei fatto della mia vicenda un caso collettivo. In realtà, però, non è successo niente perché il Comune ha presentato una documentazione incompleta e sono stato prosciolto.

È vero che ti hanno contattato alcune agenzie pubblicitarie?
Sì, ma ho rifiutato le loro offerte.

Utilizzi sempre le bombolette spray?
Sempre meno. Uso di più pennello e smalto perché la resa è migliore.

Hai mai disegnato per amore?
Certo. Anzi i disegni che ho regalato li ho dati solo a una donna.

Quando non disegni cosa fai?
Leggo, sono appassionato di auto e mezzi d’epoca, viaggio, vado in giro con gli amici. Ho studiato anche disegno industriale e a volte aiuto i miei genitori che hanno un negozio di mobili.

I musei del futuro saranno le strade?
Lo sono già.

 

 

SQUARAUS

Colore dal corpo

di Bros, fotografie di Cosimo Filippini, a cura di Alberto Mattia Martini

Officine dell’Immagine, via Vannucci, 13 – Milano, fino al 30 aprile 2011 www.squaraus.net

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