Ottantaquattromila campioni di semi appartenenti a migliaia di specie vegetali provenienti da tutto il mondo e pari a oltre 400 milioni di semi, ospitati nella banca del germoplasma di Bari rischiano di sparire nel nulla vanificando l’attività dei tanti ricercatori che hanno contribuito a raccoglierli in più di quarant’anni di attività. Oggi gli impianti di conservazione dell’istituto barese sono mal funzionanti se non addirittura fermi e non sono stati mai riparati, in alcuni casi i semi sono stati bruciati o addirittura gettati nella spazzatura nell’indifferenza dell’istituto.

La denuncia arriva da chi in quella banca ci ha lavorato per anni. Un ex dipendente, Italo Scarascia, tecnico specialista e il professore Pietro Perrino, anziano ricercatore ormai in pensione che è stato tra i principali artefici della creazione della mega banca genetica che ha pure diretto dal 1983 per più di un decennio. In particolare Perrino ha speso tutta la sua vita alla ricerca dei semi andandoli a scovare negli angoli più sperduti del pianeta con un solo obiettivo: preservare la biodiversità, ossia le diverse tipologie di piante che esistono per ogni specie vegetale e impedirne l’estinzione.

 


La banca del germoplasma e a difesa della biodiversità
Ma i pericoli che lui ed i suoi collaboratori hanno voluto scongiurare, ossia l’estinzione e l’erosione della biodiversità, oggi sembrano divenuti realtà e questo accade – per uno strano scherzo del destino – proprio all’interno della stessa banca del germoplasma che invece dovrebbe conservarli.
«L’ultimo episodio – spiega il tecnico Scarascia – di danneggiamento della banca si è verificato poco prima di Natale. Alcuni individui hanno dato fuoco ad un migliaio di campioni di orzo. Si tratta di oltre 5 milioni di semi. Sono entrati nei laboratori e hanno prelevato un migliaio di campioni senza che nessuno si opponesse. Li hanno portati in un campo di fronte all’istituto e li hanno bruciati senza che nessun intervenisse. Fra i campioni bruciati c’era anche – ricorda Scarascia – il lavoro di un ricercatore egiziano che alcuni anni fa raccolse delle varietà molto rare di orzo coltivate nei paesi mediterranei e in particolare nella valle del Nilo. In un’altra occasione, il professor Perrino ha dovuto recuperare dei semi dalla spazzatura».
L’incendio di tre settimane fa è soltanto l’ultimo episodio di una lunga sequenza di fatti torbidi che è stata segnata anche da un lungo iter giudiziario avviato dalle innumerevoli denunce di Perrino e Scarascia contro Luigi Monti, l’allora direttore della banca del germoplasma. La vicenda – tutt’altro che chiara – ha portato ad un lungo periodo di sequestro giudiziario della banca disposto dalla magistratura dal 2004 al 2009 e ad una relazione tecnica di fuoco che in più punti sottolineava la gravità della situazione e l’inadeguatezza a fronteggiarla dei vertici preposti dal Cnr.
«L’esame che ho condotto su 2.500 campioni relativi a tre specie di frumento, orzo e ceci – spiega Andrea Filippetti, il perito nominato dal giudice – hanno rivelato l’esistenza di un danno elevatissimo ai semi che per l’80% del campione erano morti ossia non erano più in grado di germinare. Durante la consulenza tecnica, che è durata 5 anni, abbiamo provveduto a ringiovanire i semi, ripiantandoli e moltiplicandoli. Un’attività che è costata molti soldi allo Stato che però sono stati spesi inutilmente perché i semi del campione che avevamo ripristinato e che avrebbero dovuto essere conservati nei frigoriferi sono stati abbandonati a se stessi».

 

Il sequestro e il dissequestro della banca barese
E sì perché, nonostante i 5 anni di sequestro, la perizia di fuoco del consulente Filippetti, il nuovo pubblico ministero, Pasquale Drago, successore di Marco Dinapoli repentinamente trasferito nel mezzo della bagarre giudiziaria, ha disposto il dissequestro della banca e la sua riconsegna al legittimo proprietario ossia il Cnr e questo nonostante abbia riconosciuto la gravità della situazione e l’inadeguatezza del programma predisposto dai vertici dell’istituto per farvi fronte. «Sono certo – continua Filippetti – che a distanza di tre anni dal termine della perizia i semi si trovano nelle stesse condizioni in cui li abbiamo lasciati se non addirittura peggio».
Per la rigenerazione di quei 2.500 campioni sono stati spesi 600mila euro, in parte pagati dal ministero dell’Ambiente, in parte dalla procura di Bari e in parte dal Cnr. Ma il danno economico derivato dalla dispersione di questo patrimonio genetico, è di molto superiore se si considera tutti i soldi spesi in questo quarantennio per l’attività di ricerca e quella di conservazione dei semi svolte durante tutto il periodo. «Parlando in cifre attuali – continua Scarascia – si stanno buttando in fumo, in pratica, circa 400 milioni di euro. Tanto vale economicamente la banca del germoplasma di Bari».
Incommensurabile è invece il danno per l’umanità se questo patrimonio genetico dovesse andare perduto.


Una banca senza dati
L’attuale direttore dell’Istituto di genetica vegetale, Domenico Pignone, che ogni anno riceve dal ministero delle politiche agricole circa 180mila euro per la conservazione di questi semi, ci ha spiegato il suo punto di vista. «Da quando sono stato nominato, nel 2008, ho dovuto fare un inventario dei semi di tutte le specie conservate che ho appena terminato. Perché ho scoperto che non esiste una banca dati dei semi. L’inventario che ho appena terminato è solo sommario serve per capire sommariamente cosa c’è e dove si trova. Al momento non sono in grado di affermare quanti siano i semi perduti definitivamente né posso affermare quali siano state le cause che li hanno danneggiati né, men che meno, in periodo in cui sono stati danneggiati. In pratica dal 1970, anno della fondazione della banca del germoplasma, ad oggi abbiamo un gigantesco buco documentale».
Un’accusa, questa, che viene con forza respinta al mittente direttamente dal professore Perrino.
«Se il direttore Pignone non avesse questo inventario io sarei già in prigione ma in tutti questi anni io non ho subito nessuna denuncia. Anzi sono stato io a farle a mia volta. E più d’una. È impensabile avere una banca dati come è quella del germoplasma e affermare di non avere un inventario. Si rende conto che è una contraddizione in termini? Sospetto, piuttosto, che l’archivio computerizzato esistente sia stato cancellato con la stessa facilità con cui oggi degli estranei entrano nei laboratori e distruggono i semi».
Lo scempio dei semi, a detta del professore, viene perpetrato per fare il gioco delle multinazionali della ricerca genetica.
«In quell’istituto – continua Perrino – non c’è interesse alla conservazione dei semi perché l’obiettivo primario è fare sequenziamento che è l’attività di ingegneria biogenetica che fa da anticamera agli esperimenti sugli organismi geneticamente modificati».
Secondo Scarascia, la mancanza assoluta di attività di conservazione avrebbe portato alla perdita di quasi la metà dei campioni conservati.
«Degli 84mila campioni originari – continua Scarascia – ne saranno rimasti circa 50mila. Gli altri sono morti perché nell’istituto di genetica vegetale non si fanno attività di conservazione. Ne ho le prove. Fino al 2010 ero io il tecnico preposto a farla e le assicuro che non se ne faceva già dal 2003, anno in cui sono iniziati i problemi ai frigoriferi. Né nessuno mi ha mai chiesto di formare i nuovi arrivati su questo particolare processo che peraltro è anche molto complicato. Sicché oggi non c’è nessuno, in quell’istituto, in grado di fare conservazione e ciò nonostante l’istituto riceva un finanziamento appositamente destinato dal ministero delle politiche agricola. L’unico modo per fare chiarezza su questa storia è un’indagine della corte dei conti che vogliamo attivare al più presto».

 

In allegato: i decreti di sequestro e dissequestro della banca del germoplasma di Bari

Decreto di sequestro germoplasma 1.10.2004
Decreto di dissequestro germoplasma 26.10.2009.pdf

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