Ricordate “Canto di Natale” di Dickens? L’avaro Scrooge la notte della vigilia incontra tre fantasmi: quello del Natale passato, che gli fa rivivere le sofferenze e le gioie della fanciullezza e gli errori e i rimpianti della vita da giovane adulto; quello del Natale presente, che gli mostra la situazione attuale sua e dei suoi familiari, e il fantasma del Natale futuro, in cui la morte tira le somme.

Scrooge riuscì a cambiare il futuro del proprio Natale trasformando la sua avarizia in generosità, fu in grado di fare questo perché ebbe la fortuna di confrontarsi con gli insegnamenti di questi spiriti, ebbe così la possibilità di rivivere i suoi ricordi, di comprendere gli effetti attuali dei suoi comportamenti e di sapere in anticipo cosa gli sarebbe potuto accadere continuando il suo cammino nell’arida strada che si era scelto.
Fuori dalla fiaba questa “epifania natalizia” può essere cercata solo nella propria mente, non ci saranno fantasmi pronti a soccorrere gli avari e i loro cari. Ma se qualcuno volesse comprendere meglio le origini di tale tormento e i dolori presenti e futuri che rischia di affrontare, ecco un viaggio alternativo al “Canto di Natale”, dove non saranno fantasmi ad accompagnarci, ma la dura analisi psicologica e sociale della realtà dell’avaro, dai suoi natali passati arrivando a quelli futuri.
 
L’avaro del natale passato
Cominciamo dai natali passati dell’avaro: tra i primi della sua infanzia e della sua fanciullezza vi saranno stati natali privi della tipica atmosfera natalizia, saranno stati magri in affetto e forse anche in regali: natali trascorsi in famiglie poco coese e poco festose, probabilmente poco interessate alle tradizioni natalizie; in seguito vi saranno stati natali privi dei tipici divertimenti e svaghi tra gli amici durante il periodo festivo.
Successivamente, è probabile che abbia riportato questa stessa aridità nei suoi primi natali da adulto, vivendone poco l’atmosfera e privandone anche i suoi familiari.
E’ facile immaginare tali caratterizzazioni dei passati Natali dell’avaro, infatti il passato dell’avaro nasconde paure e insicurezze, causate proprio dall’aver subito mancanze. Talvolta si trattava della mancanza dell’affetto di un genitore (Scrooge era stato abbandonato dal padre in un collegio) e/o la mancanza di amicizie sincere o del rispetto dei propri pari. Altre volte si tratta di mancanze più materiali, come l’aver sofferto il paragone con coetanei più agiati (o più viziati), perdendone magari anche una futile amicizia o un falso rispetto; oppure aver sofferto la vera povertà economica con tutto quello che ne consegue: fame, freddo, malattie, morte dei cari (come Scrooge che in giovane età perse la madre).
Si sviluppa quindi la paura di subire ancora tutto quanto sofferto nell’infanzia, l’apice di questa paura viene raggiunto dal terrore per la morte e per l’abbandono; l’unico modo per esorcizzare queste paure sarà accumulare denaro: così da poter conquistare il rispetto e l’ammirazione degli altri; così da poter allontanare da sé le malattie e la morte. Soluzione amaramente ironica se si riflette sul fatto che l’avaro comincia a morire pian piano, nel momento in cui decide di “non vivere” per non spendere; in un tentativo di conquistare la serenità, ritrova davanti a sé solo dolore, perde di vista il significato della vita, perdendo interessi e perdendo i suoi affetti.
Avendo intrapreso questo cammino il cuore dell’avaro si è sempre più prosciugato, ogni sua decisione ha fatto i conti con la spesa che ne poteva conseguire, esattamente come Scrooge che decise di abbandonare l’amore della sua vita perché era una ragazza povera e senza dote. In realtà poco male per la fidanzata abbandonata, in quanto le persone che hanno la sfortuna di sposarsi con individui avari sentiranno ben presto la loro anima risucchiata da costoro, afflizione che si perpetuerà finché non decideranno di lasciarli al loro desolato destino.
Nel passato dell’avaro ci sono infatti spesso abbandoni causati dal dolore protratto dei suoi congiunti, oppressi e martoriati dall’avarizia del familiare spesso redarguiti e colpevolizzati. E’ tipico dell’avaro giustificarsi sostenendo che il suo accumulare è per il bene della famiglia, ma in realtà la famiglia si sfalda perché non le è permesso vivere con calore e gioia la vita: avari spesso producono altri avari, proprio per la mancanza di affetto e di beni materiali a cui costringono i figli, oltretutto gravati delle parole del genitore che giustifica la propria avarizia con la promessa di una cospicua eredità, la quale sembra essere trasmessa come cosa più importante di una presunta felicità condivisa.
Ma proprio come Scrooge, che non riuscì a nascondere la contentezza quando la sua fidanzata gli manifestò i suoi dubbi sulla continuità del loro rapporto, gli avari agli abbandoni subiti, almeno inizialmente, avranno reagito valutandone la convenienza economica, invece di impedire che avvenissero.
Oltretutto l’abbandono non sempre è stato subito, capita anche che sia stato perpetrato dall’avaro stesso, che in tal modo ha potuto mettere al sicuro il proprio patrimonio: fidanzate, amici, vecchi genitori, parenti e figli sono un fardello, sanguisughe pronte a succhiare il suo tesoro.
E’ come se l’avaro avesse perso di vista contro cosa stava lottando in favore della soluzione trovata: il denaro accumulato che doveva compensare l’affetto mancante o che doveva servire per rendere la propria vita più agiata e piacevole, diviene lo scopo finale. L’avaro ha cominciato ad accumulare per avere qualcosa che gli è mancato, ma arriva ad accumulare per accumulare.
Non basterà uno spegnicandela per uccidere la fiamma del passato, conviene continuare il nostro viaggio guardando cosa sta accadendo all’avaro nel Natale presente.

L’avaro del natale presene
Eccoci nel presente, il nostro avaro trascorre il Natale da solo, lontano da tutti, dai parenti e dagli amici. Egli detesta il periodo natalizio provando addirittura ribrezzo, un periodo dedicato al consumo e agli affetti: il primo ripudiato da lui, i secondi che hanno lui ripudiato.
Non solo a Natale, ma nella vita di tutti i giorni l’avaro è allontanato da tutti: non riesce ad avere reali legami d’amicizia non sapendo neanche più cosa questa significhi, e la sua stessa famiglia accampa scuse per non andarlo a trovare. L’avaro cerca consolazione in tale situazione convincendosi che sia meglio così: il mondo è fatto di scrocconi, meglio perderli che trovarli.
L’avaro si convince di essere stato allontanato proprio perché i suo amici e parenti sono interessati solo ai suoi soldi, e poiché lui i suoi amati denari li sta difendendo con le unghie e con i denti, i suoi affini non hanno potuto fare altro che allontanarsi da lui.
Ma in realtà l’isolamento non è causato dalla mancanza di beni materiali a cui l’avaro ha costretto e costringe la sua famiglia, l’isolamento è causato dall’egocentrismo di tale individuo che vive anche i sentimenti con la stessa avarizia: egli risparmia anche nel concedere affetto ai propri cari, in quanto troppo occupato a pensare a se stesso, perché nella sua mente nessun altro potrebbe farlo. E’ convinto di essere fondamentalmente solo, che potrà contare solo sulle proprie forze per difendersi dalle difficoltà della vita, e questa profezia ben presto andrà ad avverarsi.
In pratica l’avaro nel presente avvera tutto ciò che temeva nel passato: dalla mancanza dell’affetto a quella materiale: si riduce nuovamente a soffrire il freddo, per non sprecare i soldi del riscaldamento; riscopre la paura delle malattie e della morte, poiché perso nel turbine dell’accumulare soldi si dimentica di curarsi; infine si priva anche di quei beni e di quei piaceri agognati in gioventù. Infatti  essendo l’avaro mosso dalla volontà di accumulare forza e “potere” per compensare le sue mancanze del passato, nella paura di perderne la potenzialità  continuerà a subirle e a farle subire ai suoi cari.
Individuo quindi difficile da sopportare: non stupiscono la sua solitudine e l’aridità dei suoi sentimenti: il poco appagamento provato nella sua vita, fatta di astensioni e rinunce lo rende sempre più aspro e insopportabile, e la sua vita di privazioni indotte e autoindotte di certo non aiuta a mitigare il gelo che negli anni si è creato in lui. Neanche i lieti eventi riescono a potargli calore, anzi essi assumono il peso della spesa che potrebbero costargli: l’avaro non sopporta la perdita di un solo centesimo del suo gruzzolo, ogni spesa ordinaria lo strugge, quelle extra sono inconcepibili; giustifica tali atteggiamenti sostenendo che gli si dovrebbe essere grati in quanto la sua avarizia (che lui chiama parsimonia) dovrebbe essere intesa come un’opera di bene verso gli eredi. Questi però forse avrebbero potuto desiderare maggiore calore piuttosto che una proficua eredità, ma come dice un crudo proverbio “l’avaro è come il porco, serve dopo morto
E così nella gelida solitudine anche questo Natale è passato, ma eccoci arrivati all’avaro del Natale futuro.

L’avaro del Natale futuro
Ad ogni Natale futuro il nostro avaro sarà sempre più roso dai rimorsi e dai rimpianti, il Natale sarà un momento triste, non più ripudiato ma profondamente sofferto.
Nel futuro dell’avaro ecco quindi che la forza delle sue convinzioni comincia a perdersi, a sostituirla sono i rimpianti, tutto quello che avrebbe potuto fare, ma che si è sempre negato lo tormenterà: i sogni mai realizzati, i progetti mai terminati, la vita mai vissuta; vi sarà con lui solo la temuta morte che, scoprirà, lo ha accompagnato per tutta la vita, e tanto più grande sarà il capitale risparmiato, tanto più grande sarà il tormento di non averlo goduto.
Avendo passato la sua vita a cercare di dominare gli altri col peso del suo denaro (mai speso per non perderne il potenziale potere) l’avaro si troverà completamente isolato: l’affetto probabilmente mancatogli durante l’infanzia, comincerà sempre più a sgretolarsi in giovinezza, e quello che costruirà nell’età adulta ben presto gelerà, lasciandolo sempre più solo, fino a mancargli totalmente nei suoi ultimi natali.
L’antidoto che userà con se stesso per reggere a tale dolore sarà il raccontarsi di aver fatto tutto questo per gli eredi, pensando che venga in questo modo ricoperto post-mortem di gratitudine e dell’affetto negatogli in vita; si consolerà pensando che i suoi eredi proveranno riconoscenza per quanto da lui risparmiato, provando risentimento con loro stessi per non aver compreso la sua opera. Forse nella sua morte si espleterà il potere sugli altri tanto bramato. Ma quello che in realtà accadrà è che verrà divisa l’eredità materiale, ma non sarà rimasto niente di quella “spirituale”, l’avaro sarà semplicemente compatito da coloro che l’hanno abbandonato e gli eredi forse gioiranno di poter ereditare almeno i suoi soldi dopo una vita di sentimenti negati. Ricordate Fred, il nipote di Scrooge, il quale cercò di trovare per lungo tempo il lato buono dello zio, dedicandogli parole di affetto durante il Natale del presente ormai passato; egli fu l’unico a prendere parte al suo funerale, ma anch’egli infine gioì per aver ereditato per lo meno il patrimonio dell’arcigno zio, morto in solitudine e da nessuno rimpianto.
E il nostro avaro della vita reale rischia di passare così il suo ultimo Natale: chiudendo gli occhi in una casa fredda e silenziosa.

A questo avaro spero sia arrivato il mio messaggio, spero che si alzi proprio come il protagonista del Canto di Natale, che abbandoni la sua prigione, che spezzi le sue catene, che corra e scenda in strada, che ricominci ad apprezzare la vita per quello che è, trovando finalmente la bellezza di dare agli altri e a se stesso (anche senza ricevere nulla in cambio), e che infine si fermi a guardare la bellezza del tramonto, che possa essere un nuovo inizio, che possa essere l’alba della sua nuova vita, degna di essere tale.

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