Da alcune settimane il dibattito politico in corso in diversi paesi arabi, soprattutto in Africa, è incentrato sulla richiesta di alcuni governi di aumentare il prezzo dei carburanti per ripianare il deficit di bilancio, come chiesto dal Fondo monetario internazionale.

Il paese dove questo dibattito è più acceso è il Marocco, dove sono venute critiche da parte di economisti alla decisione del governo di riformare il fondo di compensazione dei prezzi dei beni primari; le critiche maggiori arrivano da Othman Kair, docente di Economia all’università di Mahmoudia, secondo il quale la decisione del governo di sottoporre il prezzo dei carburanti al sistema di indicizzazione di mercato dimostra un approccio frammentario alla riforma del fondo di compensazione e la mancanza di una visione d’insieme di come debba essere riformato il regime degli aiuti di Stato per i beni primari, ed in particolare del carburante che ha la parte del leone nel bilancio statale per la compensazione. L’economista accusa il governo di avere, “con questo provvedimento, scaricato sul consumatore tutti gli effetti delle oscillazioni di prezzo del carburante”; e ritiene che questo provvedimento sia stato preso nell’ambito “della promessa fatta al Fondo monetario internazionale (Fmi) di assumere provvedimenti entro il 2013 per mettere al sicuro il bilancio dello Stato e ridurre il debito pubblico”.

Anche secondo l’economista marocchino Abdel Rahman al Sadiq “la decisione del governo di Rabat di usare il sistema dell’indicizzazione del prezzo della benzina aumenterà i costi di produzione e quindi di tutti i prodotti presenti nel mercato marocchino”. Ha spiegato al Sadiq, vicepreside della facoltà di Economia di Tangeri, in un editoriale apparso sul sito web marocchino “Hespress” che “l’aumento dei prezzi dei combustibili in Marocco in una fase come questa inciderà sui costi di produzione e quindi sul prezzo finale dei prodotti, colpendo innanzitutto la concorrenza dei prodotti nazionali con quelli stranieri e va considerato che il Marocco soffre ancora la concorrenza con le produzioni estere”. In un’analisi scritta per “Hespress”, l’economista spiega che “il timore vero è che il regime dell’indicizzazione dei prezzi alla quale si vorrebbero assoggettare i prezzi dei carburanti del paese rispetto a quelli del mercato mondiale, è solo una scusa per giustificare un improvviso e non annunciato aumento dei prezzi dei prodotti al consumo”. Su temi di carattere economico è sceso in campo per la prima volta anche il gruppo islamico di Giustizia e carità, fuorilegge in Marocco, che ha lanciato un appello ai movimenti di sinistra affinché entrino in un nuovo fronte di protesta finalizzato ad ottenere dalle autorità il ripristino degli aiuti di Stato al settore dei carburanti, visto che il governo si prepara ad eliminare ogni aiuto provocando un conseguente aumento dei prezzi. Gli islamici denunciano come, a partire dal 16 settembre, il governo intende portare il prezzo della benzina in Marocco al livello di mercato, su richiesta del Fondo monetario internazionale (Fmi). Il Fmi appunto ha chiesto al Marocco di eliminare gli aiuti di Stato al settore, che costano 6,3 miliardi di dollari all’anno.
 
Dove invece il tema dell’aumento dei carburanti si unisce a quello del carovita è in Egitto. Nel paese, alle prese con lo scontro tra i militari e i Fratelli musulmani, il carovita sta colpendo sempre di più il mercato provocando un aumento della povertà. Secondo quanto denuncia il giornale “al Ahram”, un aumento del 12 per cento del prezzo della carne e del 14 per cento di quello del latte è stato registrato nei giorni scorsi nel paese. Con l’aumento del dollaro rispetto alla sterlina egiziana registrato nell’ultimo anno sono saliti anche i prezzi dei beni al consumo in particolare nel settore alimentare dove sono tanti i prodotti importati. Il carovita ha colpito in particolare il mercato delle verdure e della frutta, manche il latte e la carne. Non è escluso il settore dell’abbigliamento così come quello di altri beni e servizi. L’ente statistico nazionale ha rilevato che in Egitto nel mese di agosto i prezzi hanno subito un’impennata rispetto allo stesso periodo dello scorso anno con aumenti che vanno dal 6 al 21 per cento.

La cosa strana è che anche con il repentino calo del prezzo del dollaro avvenuto nei giorni scorsi, il livello dei prezzi è continuato a crescere. I commercianti ammettono che gli aumenti sono dovuti anche all’instabilità e alle difficoltà di produzione nel corso degli ultimi mesi. Intanto, per risolvere la crisi economica che sta investendo il paese, il premier egiziano Hazem el Beblawi ha incontrato il 10 settembre una delegazione degli Emirati per decidere i piani di investimenti da effettuare nel paese. Il primo ministro egiziano ha tenuto ieri al Cairo un vertice con una delegazione di investitori provenienti dagli Emirati Arabi Uniti alla presenza di altri membri del suo governo, per discutere del piano di azione da mettere in campo riguardo agli investimenti che il paese del Golfo intende effettuare in Egitto. Il capo della delegazione emiratina, Sultan al Jabari, ha spiegato che “l’obiettivo è quello di concretizzare le discussioni avviate tre settimane fa per decidere in quali settori possiamo intervenire per sostenere l’economia egiziana”. Abu Dhabi ha quindi ribadito il suo sostegno al piano economico stilato dal nuovo governo egiziano e sono previsti nelle prossime settimane nuovi vertici operativi per stabilire un calendario delle attività da compiere nei diversi settori dell’economia nazionale. Intanto il ministro dell’Approvvigionamento egiziano, Mohammed Abu Shadi, ha promesso che il governo prenderà nuove misure contro il carovita nel paese. In un’intervista al quotidiano egiziano “al Ahram”, il ministro spiega che “si tratta di misure rapide volte a fermare l’ascesa dei prezzi dei beni di prima necessità e in particolare di carne e verdure. In collaborazione con l’Azienda di stato di produzione alimentare e con il ministro degli Investimenti, aumenterà il volume della carne che verrà distribuita dai grossisti e che verrà venduta a 6 dollari al chilo, mentre sono in corso trattative per far abbassare il costo dei prodotti ai grossisti del 15 per cento”. Inoltre il governo annuncia l’apertura di cento supermarket che venderanno il cibo a prezzi convenienti “in modo che anche le aziende private potranno dare il loro contributo all’abbassamento dei prezzi dei prodotti di largo consumo”.

Infine l’aumento del prezzo della benzina tiene banco anche nel vicino Sudan. Un alto dirigente del Partito del Congresso nazionale, al governo a Khartoum, ha rivelato all’emittente televisiva “al Arabiya” che il governo intende eliminare i sussidi statali al settore petrolifero. Questa misura potrebbe provocare un’impennata dei prezzi e un conseguente ritorno di manifestazioni e proteste della popolazione locale. Secondo quanto ha spiegato Rabiya Abdelati, dirigente del partito di governo, “è certo” che il governo “toglierà i sussidi statali” al settore. I sussidi garantiscono, tuttora, un forte abbattimento dei prezzi della benzina nel paese. Non si sono fatte attendere le proteste dei gruppi di opposizione. Il Movimento popolare per la Liberazione del Sudan, gruppo di opposizione al governo di Khartoum, ha invitato i cittadini sudanesi alla protesta contro il presidente Omar al Bashir per il paventato aumento dei prezzi del carburante. Il gruppo di opposizione ha chiesto anche agli altri partiti di organizzare un’ampia mobilitazione contro le politiche economiche del governo e l’avvio di una battaglia contro quello che definisce “lo stato della corruzione”. Il segretario del movimento, Yaser Arman, ha spiegato al quotidiano “Asharq al Awsat” che “la decisione di aumentare il prezzo della benzina per risolvere la crisi economica vuol dire far pagare la crisi alle fasce più povere della popolazione”. A suo giudizio “l’unica soluzione è la caduta dell’attuale regime sudanese”.

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