La Mostra di Venezia compie settant’anni senza aver paura di misurarsi con la realtà. Nessuna rincorsa ai festeggiamenti tout-court in un periodo in cui c’è effettivamente poco da festeggiare e grande attenzione ai film più che ai cast di attori americani da far sfilare sul red carpet. Archiviate le bulimiche compilation del lungo regno di Marco Muller, la seconda edizione firmata dal direttore artistico Alberto Barbera resta all’insegna della sobrietà, del rigore e della ricerca attraverso un’essenziale selezione di opere di maestri e di esordienti, di film di genere e non, che vede approdare per la prima volta in concorso il documentario (è stato Il Festival di Cannes nel 2004 a osare inserendo in competizione Fahrenheit 9/11 di Michael More che si aggiudicò anche la Palma d’oro) e i cartoni animati.

Sacro gra 2Si tratta di  Sacro GRA (nella foto) del talentuoso Gianfranco Rosi, ambientato sul Grande Raccordo Anulare di Roma, di The Unknown Known: the Life and Times of Donald Rumsfeld di Errol Morris che intervista e ripercorre con l’ex segretario alla Difesa la l’oltranzista politica statunitense dell’era George W. Bush e di Kaze tachinu (The Wind Rises, l’unico titolo della gara non in anteprima mondiale) il film d’animazione del cineasta giapponese Hayao Miyazaki. Degli oltre 3.500 film visionati, 21 sono quelli selezionati per il concorso, 17 quelli della sezione Orizzonti dedicata alla ricerca di forme espressive più originali e 20 i titoli Fuori Concorso che saranno presentati al Lido dal 28 agosto al 7 settembre.

scarlettIl ritorno di Terry Gilliam
L’ex Monthy Python Terry Gilliam è in competizione con The Zero Theorem, un film fantastico con Christoph Waltz, Matt Damon e Tilda Swinton; Philippe Garrel presenta La jalousie, un’opera che si preannuncia intensa e straziante, con una magnifica Anna Mouglalis. Tra gli altri film in concorso ci sono anche Under the Skin di Jonathan Glazer con Scarlett Johansson in versione aliena (nella foto); Miss Violence del greco Alexanndros Avranas; Philomena di Stephen Frears con Judi Dench; The Police officer’s wife del tedesco Philip Groning, L’intrepido una commedia di Gianni Amelio (l’ultimo italiano ad aver vinto il Leone d’Oro nel 1998 con Così ridevano) interpretata da Antonio Albanese, Alfonso Santagata, Sandra Ceccarelli; Via Castellana Bandiera dell’esordiente Emma Dante, Tracks di John Curran con Mia Wasikowska; Parkland di Peter Landesman, ambientato nell’ospedale dove fu portato John Fitzgerald Kennedy dopo l’attentato avvenuto a Dallas cinquant’anni fa (nel cast Tom Hanks, Paul Giamatti, Marcia Gay Harden e il giovane Zac Efron); Joe di David Gordon Green con Nicholas Cage alla ricerca di una redenzione universale. Torna Kelly Reichardt con Night Moves e ritorna anche James Franco (nella scorsa edizione protagonista di Spring Breakers), questa volta come regista di Child of God, riadattamento dell’omonimo romanzo di Corman McCarthy, l’autore di Non è un paese per vecchi, ritratto violento dell’America di provincia anni Sessanta.

Heimat, la Germania ottocentesca
Un documentario è anche Amazonia di Thierry Ragobert, in 3D, con gli animali come protagonisti, film di chiusura fuori concorso. La sezione non competitiva presenta numerose altre opere particolarmente interessanti come The Armstrong Lie di Alex Gibney, l’autore di Mea Maxima Culpa; Ukraina ne Bordel di Kitty Green, regista australiana che ha girato in Ucraina questo lungometraggio sul movimento delle Femen; Feng Ai (Til Madness Do Us Apart) di Wang Bing, lo scorso anno vincitore con Three Sisters come miglior doc in Orizzonti; Moebius di Kim Ki-duk (Leone d’Oro 2012 con Pieta); Yurusarezaru mono di Lee Sang-il, il remake giapponese de Gli spietati (Unforgiven) di Clint Eastwood, e, ancora in 3D, l’animazione di Space Pirate Captain Harlock di Aramaki Shinji. Ritorna al Lido anche Edgar Reitz con Die Andere Heimat – Chronik einer Sehnsucht (Home from Home – Chronicle of a Vision) una sorta di prequel del meraviglioso Heimat ambientato nell’800, della durata di 225 minuti.

Orizzonti
È la sezione dedicata alle nuove correnti del cinema mondiale. Dal Kazakhistan arriva Bauyr (Little brother) di Serik Aprymov; dall’India Kush di Shubhashish Bhutiani; dagli Usa Palo Alto di Gia Coppola con un cast di star (Emma Roberts, Jack Kilmer, James Franco, Val Kilmer), dalla Francia Je m’appelle Hmmm di Agnés B.con un cast altrettanto formidabile composto tra gli altri da Jacques Bonnaffé, Marie-Christine Barrault e Jean-Pierre Kalfon. Tre i titoli italiani: Il terzo tempo di Enrico Maria Artale con Stefania Rocca; i cortometraggi Death for a unicorn di Riccardo Bernasconi e Francesca Reverdito con Tilda Swinton e Un pensiero Kalasnikov di Giorgio Bosisio.

battistonLa Settimana della Critica
È una delle sezioni indipendenti più autorevoli, basti pensare che nelle ultime due edizioni tra i film qui selezionati sono stati premiati due Leoni del futuro, Là-bas di Guido Lombardi nel 2011 e Küf del turco Ali Aydin nel 2012. Le opere prime scelte quest’anno da Francesco Di Pace, Nicola Falcinella, Giuseppe Gariazzo, Anna Maria Pasetti e Luca Pellegrini confermano lo stato di buona salute di alcuni Paesi come la Svezia, la Slovenia e il Cile presente con Las niñas Quispe di Sebastián Sepúlveda (una coproduzione con Francia e Argentina) e Las analfabetas di Moisés Sepúlveda (film di chiusura fuori concorso). Razredni sovražnik dello sloveno Rok Biček è un serrato quanto drammatico confronto tra un docente e i suoi allievi che mette in discussione il modo di concepire la scuola non solo come modello di istruzione, ma come istituzione di una società sempre più incapace di comprendere i giovani e di comunicare con loro. Återträffen della svedese Anna Odell vede coinvolti invece l’autrice e i suoi compagni di classe vent’anni dopo il diploma con due distinti binari narrativi, alla ricostruzione in chiave fiction di quella stagione segue un raffronto in stile documentaristico a partire proprio dalla visione della prima parte. Il risultato è un continuo ribaltamento di punti di vista nel continuo riemergere di ricordi, sensazioni e rivendicazioni.
Dal Marocco arriva L’Armée du salut, una coproduzione francese che segna l’esordio cinematografico dello scrittore Abdellah Taïa impegnato nella trasposizione del suo omonimo romanzo sulla vita di un giovane omosessuale costretto a lasciare presto il Paese d’origine fino a trovare rifugio in una casa dell’Esercito della Salvezza. Altra opera africana è White Shadow di Noaz Deshe (coproduzione italo-tedesca-tanzaniana) sulla feroce discriminazione di cui da anni sono vittime i neri albini in Tanzania ritenuti creature malvagie e per questo oggetto di ogni sorta di efferata violenza. Completano il programma due film italiani: Zoran, il mio nipote scemo di Matteo Oleotto con Giuseppe Battiston (nella foto), quarantenne inaffidabile con un matrimonio alle spalle e lunghe frequentazioni nelle osterie a decantare e degustare vino friulano, il quale si trova improvvisamente a doversi occupare di Zoran, bizzarro nipote adolescente cresciuto in Slovenia e asso del tiro delle freccette. L’incontro finirà col rivoluzionare la vita di entrambi. Più dolente, in una quotidianità dai mille volti come appare spesso quella napoletana, è invece L’arte della felicità di Alessandro Rak, il film che apre fuori concorso la Settimana della critica.

la mia classeLe Giornate degli Autori
Nella selezione ufficiale figurano Alienation, opera prima del bulgaro Milko Lazarov, favola nera con Christos Stergioglou; La Belle Vie di Jean Denizot, ispirato a una storia vera che ha sconvolto la Francia; Koksuz del turco Deniz Akçay Katıksız; Bethlehem di Yuval Adler (Israele); Gerontophilia del canadese Bruce LaBruce; Khawana  di Sean Gullette, una coproduzione Marocco-Stati Uniti; Kill Your Darings dell’ameriano John Krokidas, con Daniel Radcliffe, l’Harry Potter dell’omonima saga della Rowling; May in the Summerdi Cherien Dabis (Stati Uniti/Qatar/Giordania); La reconstrucción dell’argentino Juan Taratuto; Rigor Mortisdi Juno Mak (Hong Kong); Siddharth di Richie Mehta (India/Canada) e La mia classe di Daniele Gaglianone, ambientato nel quartiere multietnico del Pigneto a Roma dove un attore, Valerio Mastandrea (nella foto),  impersona un maestro che dà lezioni di italiano ad una classe di stranieri che mettono in scena se stessi.

Il fronte italiano
La pattuglia italiana alla Mostra è cospicua. Dodici sono i titoli con il marchio di Raicinema disseminate nelle varie sezioni. Un dato questo che da un lato è segno di una vivacità da parte della rete pubblica, ma dall’altro rivela quanto ristretto sia l’ambito dei produttori italiani i quali, a causa anche della crisi ma non solo, si sono sempre più specializzati nelle richieste di sovvenzioni ministeriali. Il crollo del Fus che quest’anno ha tagliato 22 milioni di euro al cinema e il ritardo dell’approvazione da parte del governo del Tax credit che conta un giro di circa 45 milioni ha rischiato di ridurre ulteriormente gli orizzonti di un Paese che invece avrebbe molto da realizzare in questo settore a fatica considerato come industria. Non a caso le associazioni dell’audiovisivo, dall’Anica all’Agis, ai 100 Autori, hanno prontamente stilato un documento in cui denunciano tutti i rischi come il drastico calo delle produzioni interne, quello delle produzioni straniere interessate all’Italia, i gravissimi danni per Cinecittà. Si apre, sostengono, “di nuovo la strada alla delocalizzazione delle produzioni italiane, mettendo a rischio di chiusura il 40% delle sale cinematografiche, in prevalenza piccole e medie strutture, che non potranno digitalizzare gli impianti. Eppure il cinema e l’audiovisivo fatturano il doppio del trasporto aereo! Ma il Ministro dei Beni Culturali indice una assise a Venezia per parlare di cinema. Le associazioni tutte, ancora una volta unite e compatte, non parteciperanno ad alcun convegno veneziano, ritireranno immediatamente i propri rappresentanti dai tavoli preparatori degli “Stati Generali”, riterranno sgradita la presenza di chiunque del Governo voglia presenziare a manifestazioni veneziane, annunciando fin d’ora di uscire dalle sale di proiezione se questo accadesse, metteranno in campo da oggi le iniziative di lotta e mobilitazione più utili, efficaci, eclatanti, per far capire ai cittadini come l’Italia sarà più povera senza il proprio cinema”. Dopo una settimana il consiglio dei ministri ha approvato il decreto che rinnova la Tax credit ovvero la possibilità di investire nella produzione di un film e di ottenere in cambio un credito di imposta, con una cifra garantita di 90 milioni di euro. Un provvedimento che ha fatto subito registrare il plauso generale e l’impegno da parte di tutti di riprendere il confronto al Lido durante la Mostra. Si tratta però soltanto di una boccata d’ossigeno per un settore da troppo tempo in terapia intensiva, in perenne attesa di un profondo rinnovamento legislativo capace di scacciare i mercanti dal tempio e di far emergere quelle molteplici qualità artistiche e imprenditoriali disperse e sovente annullate da un ristretta cerchia dalla mentalità familistico-provinciale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *